Le Amministrazioni pubbliche potranno collocare in quiescienza forzosa il dipendente al perfezionamento della massima anzianità contributiva anche prima del 62° anno di età. Ma sino al 2017.
Sino al 2017 le Pa potranno spedire a casa i dipendenti che raggiungono un diritto a pensione anticipata anche prima dei 62 anni. Lo chiarisce il Dipartimento della funzione pubblica, con la nota 16/4/2015 n. 24210, in risposta ad un quesito posto dal comune di Brescia. Il chiarimento si è reso necessario per approfondire l’impatto dell’articolo 1, comma 113, della legge 190/2014sulla normativa che consente alle Pa di risolvere facoltativamente il rapporto di lavoro per esigenze organizzative quando il lavoratore abbia raggiunto un diritto a pensione anticipata.
L’articolo 1, comma 5, del dl 90/2014 (riforma Madia) ha infatti previsto che le amministrazioni pubbliche possono attivare la risoluzione unilaterale del rapporto di lavoro nei confronti del personale soggetto alla nuova disciplina pensionistica, quando detto personale abbia acquisito il requisito contributivo per la pensione anticipata (per il 2015: 42 anni e 6 mesi per gli uomini e 41 anni e 6 mesi per le donne, mentre per il triennio 2016-2018 si passa a 42 anni e 10 mesi per gli uomini e 41 anni e 10 mesi per le donne), a condizione che dipendente non abbia un’età anagrafica che possa farlo incorrere in penalizzazioni sull’importo della pensione.
In sostanza, come chiarito dalla circolare della funzione pubblica 2/2015, la risoluzione unilaterale del rapporto di lavoro, ai sensi della riforma Madia, non può avvenire prima del compimento dei 62 anni d’età.
Il diritto a pensione deve essere raggiunto entro il 2017. Sul tema però è tornato l’articolo 1, comma 113, della legge 190/2014, ai sensi del quale le disposizioni contenute nella «riformaFornero» delle pensioni e, in particolare l’ articolo 24, comma 10, terzo e quarto periodo, del dl 201/2011 «non trovano applicazione limitatamente ai soggetti che maturano il previsto requisito di anzianità contributiva entro il 31 dicembre 2017».
Palazzo Vidoni, dunque, chiarisce che combinando le varie disposizioni tra loro si deve concludere che nel triennio 2015-2017 «non operano più le penalizzazioni previste dall’art 24, comma 10, del dl n. 201 del 2011, convertito in legge n. 214 del 2011, per quei dipendenti che accedono alla pensione anticipata prima del compimento dei 62 anni di età». Questo consente alle p.a., per il triennio 2015-2017, di attivare con maggiore agilità la risoluzione unilaterale del rapporto di lavoro, utile per sbloccare il turnover e favorire il ricambio generazionale.
Gli effetti. La nota spiega che qualora il dipendente abbia maturato il requisito contributivo per la maturazione del diritto alla pensione anticipata in data antecedente al 1° gennaio 2015 e tale dipendente sia in servizio perché di età anagrafica inferiore ai 62 anni, l’amministrazione di appartenenza potrebbe comunque disporre la risoluzione unilaterale del rapporto di lavoro con preavviso di 6 mesi e senza penalizzazioni per l’interessato, purché successivamente al 1° gennaio 2015.
Laddove il dipendente maturi i suddetti requisiti contributivi entro il dicembre 2017, anche con età inferiori a 62 anni, anche in questo caso la risoluzione del rapporto di lavoro non comporterebbe penalizzazioni, nonostante la decorrenza dell’assegno di pensione ricada successivamente al 31/12/2017. Le penalizzazioni torneranno operative a partire dal 1° gennaio 2018, fatto salvo, appunto, il caso della maturazione del requisito della pensione anticipata entro il 31/12/2017.