Emergono crescenti preoccupazioni riguardo alla trasparenza e all’efficacia nell’uso dei fondi PNRR per la digitalizzazione dei Comuni: lo evidenzia un recente report di Fondazione Etica.


Il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR), come ormai sappiamo, destina oltre 6 miliardi di euro alla digitalizzazione delle pubbliche amministrazioni locali italiane.

Tuttavia, sebbene il PNRR preveda investimenti significativi per la digitalizzazione delle pubbliche amministrazioni, la realtà attuale presenta diverse lacune.

La trasparenza che manca nei fondi PNRR per la digitalizzazione dei Comuni

Allo stato attuale sembrerebbe emergere la mancanza di una mappatura dettagliata degli interventi previsti e sottolinea come le informazioni disponibili al pubblico siano insufficienti e difficilmente accessibili. Inoltre spesso si riscontrano numerose falle nei dati pubblici, tra cui:

  • inadeguatezza dei dati: le informazioni fornite non riescono a rappresentare in modo completo la situazione della digitalizzazione nelle amministrazioni locali, inclusi i comuni
  • incoerenze: alcuni dati appaiono poco plausibili, come nel caso di comuni piccoli che riportano spese per digitalizzazione pro capite sorprendentemente alte
  • discrepanze: i dati estratti dal database BDAP mostrano incoerenze rispetto a quelli pubblicati sui siti web dei comuni nella sezione “Amministrazione Trasparente”
  • dati mancanti: un numero significativo di comuni non ha pubblicato i dati relativi alle spese per la digitalizzazione.

Uno degli obiettivi principali del PNRR, in linea con le direttive dell’Unione Europea, è accelerare la digitalizzazione. Per valutare i progressi delle amministrazioni locali in questo ambito, Fondazione Etica nel suo report aggiornato al 2024 (non ancora disponibile,i dati sono stati anticipati sulle colonne del quotidiano Italia Oggi) ha analizzato diversi indicatori:

  • spesa per digitalizzazione: la percentuale del budget dedicato alla digitalizzazione
  • nomina del Responsabile della Transizione Digitale: la designazione di un responsabile specifico per la transizione digitale, come previsto dall’articolo 17 del Codice dell’Amministrazione Digitale (CAD)
  • strutture di gestione dell’Agenda Digitale: la presenza di strutture adeguate per gestire l’agenda digitale all’interno degli organigrammi comunali
  • pubblicazione dell’Agenda Digitale: la trasparenza e l’aggiornamento dell’agenda digitale sui siti istituzionali.

Focus sui dati

La Fondazione Etica, secondo quanto riportato da Italia Oggi, ha cercato di fare ordine in questo mare di dati, evidenziando come la situazione attuale mostri una grande confusione.

Secondo il report, la situazione attuale della digitalizzazione a livello comunale appare disorganizzata e carente di chiarezza. I siti web delle pubbliche amministrazioni, spesso, presentano servizi che non sono realmente digitalizzati; gli utenti trovano solo moduli da scaricare e compilare a mano o istruzioni per accedere a servizi, senza vere e proprie soluzioni digitali.

L’Agenzia per l’Italia Digitale (AgID) riporta che solo 1.759 dei 7.904 comuni italiani inseriscono i propri servizi nel database dell’agenzia. Di questi, 832 si trovano al Nord, 179 al Centro e 748 al Sud. Questo rappresenta solo il 22% del totale, evidenziando un campione ancora troppo esiguo. Ogni comune offre in media 4 servizi digitali, con il Sud che supera il Nord (4,3 contro 3,7 servizi). I comuni più piccoli (fino a 2.000 abitanti) offrono mediamente 2,4 servizi digitali, mentre quelli più grandi (oltre 60.000 abitanti) arrivano a 16 al Nord, 8 al Centro e 13 al Sud.

Inoltre, tra i comuni con meno di 2.000 abitanti, solo poco più di uno su dieci ha inserito almeno 5 servizi digitali nella banca dati AgID. Questa percentuale aumenta a uno su due nei comuni più popolosi (oltre 60.000 abitanti).

Per quanto riguarda le spese in conto capitale, che comprendono l’acquisto di server, postazioni di lavoro, periferiche, hardware e software, solo una minoranza dei comuni riporta tali dati. Soltanto un comune su quattro documenta le spese per hardware e uno su cinque per le postazioni di lavoro. In generale, il 90% degli enti non fornisce informazioni sui propri investimenti in queste aree.

L’ultimo dossier disponibile

Nonostante il nuovo dossier di Fondazione Etica non sia ancora stato pubblicato a titolo esemplificativo vi alleghiamo quello precedente (aggiornato al 2021), per il quale ci si può rendere conto che la situazione non sia particolarmente migliorata a distanza di qualche anno.

Qui il documento completo.


Fonte: redazione lentepubblica.it - Italia Oggi