scolasticaLegambiente aderisce alla tre giorni di mobilitazione promossa da Zero Waste Italy. “I nuovi impianti sono un danno per l’economia circolare e un favore per la lobby degli inceneritori”.

 

In vista della riunione tecnica presso la conferenza Stato Regioni che domani esaminerà la bozza di Dpcm sull’incenerimento dei rifiuti in attuazione dell’articolo 35 del decreto Sblocca Italia, Legambiente scende in piazza insieme a Zero Waste Italy e ad altre associazioni e comitati per chiedere al Governo di fare un passo indietro per evitare un ulteriore danno all’industria del riciclo e all’economia circolare italiana. Se infatti, il decreto, venisse approvato si aprirebbe la strada a 12 nuovi e inutili impianti di incenerimento (3 nel nord Italia, 4 nel centro, 3 nel Sud e 2 in Sicilia che si aggiungerebbero a quelli già attivi), dimensionati sulla base di elaborazioni numeriche grossolane, che graverebbero ulteriormente sulle già salate bollette elettriche pagate nel nostro Paese.

 

“Se il governo volesse lavorare sul serio sulla gestione dei rifiuti basterebbe cancellare questa bozza di Dpcm e scrivere un nuovo testo per promuovere concretamente l’economia circolare. Basterebbe rivedere completamente il principio di penalità e premialità economica nel ciclo dei rifiuti e il cambio di passo sarebbe garantito”.

 

Così il presidente di Legambiente Vittorio Cogliati Dezza ha motivato l’adesione da parte dell’associazione ambientalista alle mobilitazioni in corso in questi giorni in diverse città contro l’ipotesi di realizzare nuovi impianti di incenerimento dei rifiuti contenuta nello Sblocca Italia, in corso di valutazione presso la conferenza Stato Regioni.

 

“Occorre utilizzare al meglio l’ecotassa per far aumentare il costo di smaltimento in discarica e ridurre il flusso di rifiuti smaltiti sotto terra ma anche cancellare gli incentivi alla produzione di elettricità da incenerimento – prosegue Cogliati Dezza -. Il Dpcm in discussione rischia di causare un nuovo stallo del settore che farà felici solo i signori delle discariche che continuano a fare soldi e governare il ciclo dei rifiuti grazie alle inesistenti politiche di settore. Senza contare che così facendo si condannerebbe definitivamente una delle esperienze più avanzate in campo ambientale europeo, la raccolta differenziata, mettendo in crisi uno dei pochi settori industriali che non dipende dall’estero per il reperimento delle materie prime”.

 

Tra i motivi di opposizione, Legambiente ricorda che manca l’oggetto del contendere, e cioè i quantitativi di rifiuti: già oggi gli impianti da poco costruiti, come ad esempio quello di Parma, sono in grande difficoltà perché grazie alle raccolte differenziate domiciliari e la tariffazione puntuale non hanno più i rifiuti dal territorio che li ospita e sono costretti a cercarli da altre regioni. E lo stanno facendo utilizzando proprio l’articolo 35 dello Sblocca Italia che smonta il condivisibile principio di prossimità, moltiplicando i viaggi dei rifiuti urbani da una parte all’altra del paese e permette anche di riautorizzare gli impianti sul carico termico massimo, aumentando i quantitativi di rifiuti da bruciare.
Ancora una volta il governo scrive un decreto sotto dettatura di una lobby, in particolare di alcune multiutilities quotate in borsa, e non nell’interesse del Paese: del resto, vedendo la distribuzione territoriale dei 12 impianti, è abbastanza semplice capire chi sono i promotori dei singoli progetti che il governo ha prontamente fatto propri.

 

Il Paese invece avrebbe bisogno di tanti impianti che non ci sono e che servirebbero molto ai cittadini e alle loro tasche. Serve realizzare, soprattutto nel centro sud, gli impianti per trattare l’organico differenziato (recuperando energia con il biometano), raccolto dai sempre più numerosi Comuni ricicloni, che purtroppo continua a viaggiare quotidianamente su gomma per diverse centinaia di chilometri, spendendo inutilmente soldi in inquinanti trasporti e consumando gasolio. Serve costruire la rete capillare degli impianti per la massimizzazione del riciclaggio (ecodistretti, fabbriche dei materiali, etc) e per la preparazione per il riutilizzo dei rifiuti, alla base della legge di iniziativa popolare “Rifiuti zero”, curiosamente in discussione in Commissione Ambiente della Camera dei deputati proprio mentre il Governo spinge sull’incenerimento. Parallelamente serve individuare gli inceneritori ormai obsoleti e da chiudere definitivamente, rimpiazzandoli con impianti per il riciclo e la preparazione per il riutilizzo.