Le 200 associazioni di Rete Mobilità Nuova lanciano 4 proposte per dimezzare i morti sulle strade e promuovere nuovi stili di mobilità. Ogni anno sulle strade muoiono mille giovani con meno di 30 anni d’età: necessari limite a 30km orari nei centri abitati, ciclopedonalizzazione delle aree intorno alle scuole, un tetto agli spostamenti con l’auto privata e un Codice della Strada a misura di pedone
Quattro proposte per una nuova mobilità urbana capace di soddisfare le esigenze di spostamento dei cittadini in modo razionale, sicuro, efficiente ed ecologico.Rete Mobilità Nuova, coalizione che raccoglie circa 200 associazioni, comitati e organizzazioni di categoria, e alla quale aderiscono tra gli altri Libera, Legambiente, Touring Club Italiano, Coldiretti, Euromobility e #Salvaiciclisti, ha scritto una lettera indirizzata al Premier Matteo Renzi e al sottosegretario Graziano Del Rio per ribadire l’importanza di un deciso cambio di rotta delle politiche dei trasporti e delle abitudini di mobilità degli italiani e lancia al Governo le sue proposte, frutto dell’importante lavoro tecnico realizzato a Reggio Emilia dagli Stati Generali della bicicletta e della Mobilità Nuova. La prima occasione di cambiamento deve essere la riforma del Codice della Strada a partire dalla riduzione a 30 chilometri orari della velocità massima consentita nei centri abitati (ad accezione delle arterie di scorrimento), che salverebbe ogni anno la vita di almeno mille persone ed eviterebbe oltre 20mila nuovi invalidi permanenti. Inoltre ci sarebbe una riduzione della rumorosità, dell’inquinamento atmosferico e dei consumi di carburante e anche un abbattimento delle emissioni climalteranti. Per Rete Mobilità Nuova la modifica normativa del Codice della Strada dovrebbe essere accompagnata da un piano nazionale di interventi di piccola infrastrutturazione urbana che rendano le strade più sicure, trasformandole da luoghi di scontro a luoghi di incontro, dove sia possibile una convivenza tra i vari utenti della rete viaria. Negli ultimi dieci anni si calcola infatti che Italia la congestione delle reti di trasporto abbia causato la perdita di 142 miliardi di euro di Pil negli ultimi dieci anni, il Rapporto OECD del marzo 2013 segnala che nei nostri confini si trova oltre il 50 per cento delle città europee più inquinate e il traffico motorizzato in Italia, da solo, produce un quarto delle emissioni totali di gas climalteranti. L’attuale modello di mobilità, inoltre, causa ogni giorno 10 vittime della strada e 250 invalidi permanenti gravi; ogni anno perdono la vita 1.000 giovani con meno di 30 anni d’età e nell’ultimo decennio l’incidentalità stradale ha ucciso più di 40.000 persone, circa la metà delle quali all’interno delle aree urbane.
“Le azioni che proponiamo – dichiara Valeria Pulieri, portavoce Rete Mobilità Nuova – sono ben note al sottosegretario Del Rio che tra l’altro ha partecipato agli Stati Generali ed ha portato avanti coraggiosamente questi interventi (a partire dalla moderazione della velocità) quando era sindaco di Reggio Emilia. Anche il Premier Renzi, prima sindaco di Firenze, conosce bene l’importanza delle politiche urbane per far funzionare e migliorare una città. Per questo chiediamo oggi al Governo che si continui a lavorare in questa direzione e che le proposte lanciate durante gli Stati Generali di Reggio Emilia si trasformino al più presto in azioni concrete”
Il Premier Renzi e il sottosegretario Del Rio – si legge nella missiva di Rete Mobilità Nuova – non dimentichino la loro esperienza da sindaci e avviino un reale cambiamento per favorire un innovativo e decisivo rinascimento urbano. Entrambi conoscono bene l’importanza e l’urgenza di rivedere a livello nazionale le politiche dei trasporti e delle abitudini di mobilità degli italiani per cambiare strada e favorire una mobilità in grado di soddisfare il più possibile le diverse esigenze di spostamento, quelle dei pedoni, dei ciclisti e del trasporto collettivo.
Anche Vittorio Cogliati Dezza, presidente nazionale di Legambiente, ha sottolineato l’importanza di un modello di trasporti completamente rinnovato e in grado di contrastare tutte le esternalità negative legate all’eccessivo ricorso all’auto privata per gli spostamenti. “Circa un terzo delle emissioni di CO2 è causato dai trasporti e il 70% degli spostamenti si svolge su percorsi inferiori ai 10 chilometri, ossia in ambito urbano o periurbano – ha affermato Cogliati Dezza – Avere il coraggio di rinnovare il modo di muoversi in città aiuterebbe il nostro Paese a uscire dalla congestione, a ridurre le emissioni climalteranti provocando nel contempo la messa in discussione del modello di urbanizzazione dominante, fatto di disordinato e invasivo consumo di suolo, di traffico e consumi energetici, che hanno trasformato le città in fabbriche di inquinamento e di gas serra”.
Oltre ai 30 km orari, Rete Mobilità Nuova chiede: 1) strumenti di maggior tutela per le aree più sensibili, come scuole, parchi gioco, aree verdi. In particolare bisogna puntare alla ciclopedonalizzazione delle aree intorno alle scuole per rendere più sicura l’entrata e l’uscita degli studenti e sviluppare un’abitudine allo spostamento non motorizzato tra le giovani generazioni.
2) la circolazione in doppio senso per le biciclette nei sensi unici deve sempre essere ammessa quando i limiti di velocità sono posti a 30 Km/h, anche in presenza della sosta sul lato sinistro della carreggiata, senza vincoli di larghezza minima, recependo quanto già sperimentato a livello locale e normato in altri paesi europei. Laddove possibile per Rete Mobilità Nuova bisogna consentire la svolta continua a destra per le bici, realizzare case avanzate ai semafori e consentire ai ciclisti urbani la possibilità di utilizzare le corsie del trasporto pubblico. L’uso delle piste ciclabili, inoltre, non deve essere obbligatorio, ma facoltativo.
3) Con decreto del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, sentiti gli altri Ministeri competenti, di fissare a livello nazionale obiettivi vincolanti di ripartizione modale degli spostamenti validi in tutti i Comuni capoluogo di Provincia e nei Comuni con più di 50.000 abitanti.
FONTE: Legambiente