Gazebo e arredi possono essere installati sui terrazzi senza dover chiedere autorizzazioni? Il chiarimento è arrivato dal Consiglio di Stato con la sentenza 177/2015.
Con sentenza del Tribunale amministrativo regionale per il Lazio, Roma, sez. I quater, n. 6842/12 del 24 luglio 2012 (che non risulta notificata) è stato respinto il ricorso proposto dalla Fendi s.r.l. avverso l’ordine di rimozione di opere n. 84061 del 26 ottobre 2007, nonché avverso la precedente nota n. 07-5698/U del 10 agosto 2007, concernenti sette gazebi prefabbricati, oggetto di denuncia di inizio attività (DIA), ritenuta inammissibile per opere da realizzare sul lastrico solare dell’edificio, che non sarebbe stato oggetto di condono quale terrazza.
Avverso la predetta sentenza è stato proposto l’atto di appello in esame (n. 2260/13, notificato in data 8 marzo 2013), in cui si ricostruiva una vicenda, concernente lo storico Palazzo Ludovisi-Boncompagni, situato in Roma, tra via Tomacelli, Largo Goldoni, via della Fontanella Borghese e via del Leoncino.
In sede di appello venivano prospettate censure di eccesso di potere per errore e carenza dei presupposti, difetto di istruttoria, illogicità ed ingiustizia manifeste, difetto di motivazione, in quanto illegittimamente sarebbe stata negata “l’utilizzabilità in senso pieno di un terrazzo […] non come mero lastrico solare, con conseguente possibilità per la proprietà di ospitare eventi ed effettuare ricevimenti”. Nell’impugnativa veniva specificato che “mentre il lastrico solare, al pari del tetto, assolve esclusivamente la funzione di copertura dell’edificio, il terrazzo calpestabile ha, invece, la funzione di un accessorio destinato a fornire ulteriore utilità e godimento a servizio delle porzioni immobiliari di cui è parte”, con attinenza “allo ius utendi e non già allo ius aedificandi”.
Roma Capitale, costituitasi in giudizio, ribadiva la fondatezza del divieto, imposto alla società appellante, di utilizzare come terrazza il lastrico solare dell’edificio di proprietà, con conseguente impossibilità di effettuare in base a DIA alcuni interventi edilizi (rimozione di un manufatto non condonato e collocazione al posto dello stesso di un solaio orizzontale a raso, adeguamento del vano ascensore già esistente, per permettere l’accesso al piano sesto, mediante l’innalzamento della muratura perimetrale di circa m. 1.60 e demolizione del vano di fine corsa ascensore, finalizzata alla ricostruzione con aumento di dimensioni, nonché allungamento di una falda di copertura del vano stesso – al fine di creare un’adeguata protezione dagli agenti atmosferici della scala esterna, anche con posizionamento di pannelli di vetro amovibili – e modifica della scala esterna, mediante la realizzazione di gradini di larghezza pari a cm. 120).
La DIA in questione veniva parzialmente accolta, ma con successiva comunicazione dell’Ufficio Decoro Urbano (poi fatta propria dal Municipio I, con nota n. 84061 del 26 ottobre 2007), secondo cui il lastrico solare non avrebbe potuto essere utilizzato per lo svolgimento di qualsiasi manifestazione, appunto in quanto non qualificabile come terrazza.
Premesso quanto sopra, il Collegio ritiene che l’appello sia fondato e meritevole di accoglimento. Nella sentenza appellata, infatti, le ragioni dell’amministrazione comunale vengono accolte, con motivazione assai sintetica, in base al seguente, duplice ordine di ragioni:
a) la planimetria catastale prodotta non sarebbe risalente al 1939;
b) nella planimetria depositata risulta applicato un talloncino “nell’apposito spazio in alto a destra” sulle pagine raffiguranti i piani I interrato e IV, ma non anche “nella pagina raffigurante il VI piano indicato come terrazza”.
Per quanto sopra si giustificherebbe la considerazione conclusiva, secondo cui nessun titolo legittimante – di natura sia catastale che edilizia – sosterrebbe “la vantata natura di terrazza del sesto piano dell’edificio di via Fontanella Borghese, 48”.
Appare chiaro al Collegio, viceversa, che queste considerazioni non abbiano rilievo per la qualificazione dell’area di cui si discute, quale terrazza o mero lastrico solare.
Lo stesso Comune resistente, in effetti, precisa come detta qualificazione debba desumersi “non solo da elementi architettonici, distinguibili ad occhio nudo […]. ma anche da elementi strutturali e progettuali” (ovvero parapetti e caratteristiche costruttive, tali da rendere la superficie idonea al “sostegno ed alla sosta delle persone”), di fatto escludendo che siano dettate precise disposizioni regolamentari, di carattere urbanistico-edilizio, che consentano di individuare al riguardo ulteriori parametri rilevanti. In tale ottica, appare di tutta evidenza che le planimetrie, allegate a un contratto di compravendita del 1952 – anche se non risalenti al primo accatastamento dell’intero edificio, effettuato nel 1939 – hanno sicuro rilievo nella parte in cui qualificano come “terrazza” la superficie del sesto piano, peraltro individuando sulla stessa la presenza di una serra, oltre alla scala di accesso, nonché ad un locale definito “ascensore e cabina acqua”.
E’ dato di comune esperienza del resto – rilevabile ai sensi dell’art. 115, comma 2, Cod. proc. civ., applicabile anche al processo amministrativo – che le coperture orizzontali degli edifici in città, come usualmente è per Roma, in cui dette coperture non richiedono protezioni con tegole o strutture spioventi, vengono normalmente utilizzate come terrazze – cioè come spazi architettonici aperti e agibili, per quanto accessori ad appartamenti sottostanti – con regole private che ne disciplinano l’eventuale uso comune dei condomini (specie, almeno in passato, come stenditoi condominiali). Ne consegue che non vi è alcun mutamento di destinazione d’uso quando, come nella specie, una di queste coperture venga utilizzata quale terrazza, utilizzabile nei modi e con i titoli abilitativi, previsti per tali porzioni immobiliari.
Per leggere il testo completo della sentenza potete consultare il file in allegato a quest’articolo.