Dopo il TAR del Lazio, anche il Consiglio di Stato boccia la norma sul capitale sociale introdotta nello SPID perché irragionevole, quindi illegittima. Assoprovider accoglie con soddisfazione la sentenza del Consiglio di Stato del 24 marzo 2016, che annullando definitivamente i requisiti di capitale per le attività di identity provider stabiliti dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri, statuisce una volta per tutte, come l’affidabilità di una azienda non possa essere messa in relazione al capitale sociale.
La Presidenza del Consiglio dei Ministri aveva inoltrato ricorso al Consiglio di Stato dopo aver incassato l’alt dal Tar del Lazio, sul tema dell’elevato capitale sociale necessario, quale elemento di qualifica per poter diventare Identity Provider SPID (art. 10, comma 3, lett. a) del D.P.C.M. 24 ottobre 2014) “La Sezione, nel condividere gli argomenti della sentenza impugnata, ritiene che l’appello debba essere rigettato.
Non può condividersi infatti l’argomento invocato dall’appellante Presidenza del Consiglio dei Ministri, secondo cui l’elevato capitale sociale minimo di 5 mln di euro della società di capitali, alla cui costituzione debbono procedere i gestori dell’identità digitale nel sistema SPID, sarebbe indispensabile per dimostrare la loro affidabilità organizzativa, tecnica e finanziaria, e ciò solo perché l’attività di cui trattasi richiede un rilevante apporto di elevata tecnologia, la cui validità non può ritenersi direttamente proporzionale al capitale sociale versato”.