Negli Usa si sono dati regole che valgono per gli insegnanti, su come stare su Facebook e interagire con gli studenti. In Italia ancora ninete. Vediamo quali sono i nodi che si stanno presentando nelle classi italiane.

Sarebbe ora di pensarci. Noi docenti, ma anche Presidi e Ministero. Perché ogni giorno i professori, oltre ad occuparsi delle loro classi, devono anche porsi, oggi come oggi, se stanno sulla rete, altri problemi. Prima, nel mondo prima di internet, intendo, le possibilità di incrociare i propri alunni fuori dalla scuola erano limitate. Ci si vedeva per caso, per strada, o in qualche rara occasione sociale (la sagra del paese, il compleanno di qualche possibile amico comune, etc.).

Ma ora, suo social, le occasioni si moltiplicano. Ogni anno, appena arrivo a scuola, il giorno dopo mi ritrovo con almeno una ventina di richieste da parte di alunni che vogliono diventare miei amici su Facebook. E regolarsi, alle volte, è complicato.Tanto per cominciare, dipende dall’età degli alunni medesimi, Perché, per esempio, per me che insegno alle medie non è semplice.

I miei alunni, tecnicamente, su Facebook non ci dovrebbero stare: hanno meno di 13 anni. Quindi se si sono iscritti hanno mentito sull’età. E io, che sono la loro insegnante e anche pubblico ufficiale, su questo non potrei stare zitta. Non importa se i genitori hanno dato loro il permesso, hanno mentito. Quindi io non posso avallare questa loro bugia. Per gli alunni più grandi il problema può essere meno di coscienza, ma comunque difficile da risolvere. Si può accettare che in una classe tu, che sei un insegnante, e devi essere equidistante da tutti gli alunni, conceda l’amicizia solo a quelli che sono iscritti ad un social? E gli altri? Nella loro testa non possono sentire questa come una ingiustizia?

L’amicizia poi suscita problemi di privacy. Se il docente non imposta liste diversificate, il rischio è che gli alunni (e magari anche i loro genitori) abbiano accesso a tutta una serie di informazioni sulla vita privata del professore. Da chi sono i suoi amici a dove va a prendere il caffè. E anche possano leggere alcuni status assolutamente privati. Con il rischio che poi si facciano una idea di lui sbagliata, perché, diciamocelo francamente, a tutti capitano i cinque minuti di stupidera, e non si è docenti in servizio permanente e continuo. Inoltre ragazzini e ragazzi potrebbero anche fraintendere facilmente alcuni status, o leggerli in maniera distorta.Insomma, i prof su Facebook, ma anche su internet in generale, possono avere una serie di problematiche serie da affrontare, e su cui sarebbe bene anche riflettere tutti assieme e cercare una linea comune. In America le scuole si sono date delle policy per regolamentare la presenza e le interazioni dei docenti su Fb con gli alunni. In Italia, ovviamente, no. Quindi ognuno fa un po’ come gli pare, compresi anche molti docenti che per primi si sono iscritti ai social ma non hanno mai riflettuto sulle implicazioni, e anche sui rischi, che questi possono portare.Quindi se non una vera social media policy sarebbe bene che almeno ogni docente, se usa i social o ha un account, prima si interroghi e si ponga dei limiti, e possibilmente poi spieghi anche ai suoi alunni come lui usa i social e come intende interagire su di essi con loro. Almeno finché non si arriverà a riflettere sul problema in modo globale e a scrivere regole condivise per tutti.

FONTE: Agenda Digitale (www.agendadigitale.eu)

AUTORE: Mariangela Galatea Vaglio, Miur

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