L’Iva verrà sottratta alla disponibilità del fornitore della PA, il quale non verrà più pagato per l’intera somma riportata in fattura (imponibile ed iva), ma per il solo corrispettivo al netto dell’Iva. L’impatto più temuto dai fornitori è a livello finanziario.

Con la pubblicazione della Legge 23 dicembre 2014 n. 190 (Legge di stabilità 2015) viene introdotto con riferimento alle operazioni effettuate nei confronti della Pubblica Amministrazione (PA) lo split payment (scissione, spaccatura del pagamento), e così come riportato all’art.1 comma 629 della suddetta legge, “(…) l’imposta è in ogni caso versata dai medesimi secondo modalità e termini fissati con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze”.

La procedura di incasso dell’Iva in capo al cessionario/committente tramite lo split payment è infatti uno degli strumenti a disposizione dell’Amministrazione finanziaria dei diversi Stati Membri per contrastare l’evasione in ambito Iva, ma che però necessita di una specifica autorizzazione da parte del Consiglio, così come testualmente riportato all’art. 395 primo comma dalla Direttiva 2006/112/CE “Il Consiglio, deliberando all’unanimità su proposta della Commissione, può autorizzare ogni Stato membro ad introdurre misure speciali di deroga alla presente direttiva, allo scopo di semplificare la riscossione dell’imposta o di evitare talune evasioni o elusioni fiscali.”

Obiettivo quindi dell’introduzione dello split payment nell’ambito delle operazioni svolte nei confronti della PA è quello di contrastare l’evasione fiscale Iva perpetrato da quelle imprese che dopo aver riscosso l’Iva non la versavano all’erario oppure fallivano dopo aver svuotato le casse aziendali.

Così come stabilito dalle procedure comunitarie, si attende ora la decisione da parte del Consiglio dell’Unione Europea (che molto probabilmente sarà positiva, diversamente il Ministro Padoan non avrebbe firmato il DMEF 23 gennaio 2015), rilevando che in caso di eventuale bocciatura scatterà la clausola di salvaguardia che prevede sin dal prossimo 30 giugno 2015 un aumento dell’accisa su benzina e gasolio in grado di assicurare entrate per almeno 988 milioni di euro.

Lo split payment prevede quindi che l’Iva verrà sottratta alla disponibilità del fornitore della PA,  il quale non verrà più pagato per l’intera somma riportata in fattura (imponibile ed iva), ma verrà pagato per il solo corrispettivo al netto dell’Iva, dato che quest’ultima verrà versata dalla PA in un apposito conto per essere successivamente acquisito direttamente dall’Erario.

La norma ha effetto con riguardo alle fatture emesse dal 1° gennaio 2015, e quindi il fornitore che emette alla PA una fattura per cessione di beni pari ad € 1.220 (imponibile € 1.000 + Iva € 220), verrà pagato alla scadenza per una somma pari ad € 1.000, mentre l’Iva pari ad € 220 verrà versata all’erario direttamente dalla PA.

Le PA coinvolte nel suddetto obbligo sono quelle elencate all’art.17-ter del DPR 633/72 e quindi le amministrazioni dello Stato, gli organi dello Stato ancorchè dotati di personalità giuridica, gli enti pubblici territoriali, le CCIAA, gli istituti universitari, le aziende sanitarie locali, gli enti ospedalieri, gli enti pubblici di assistenza e beneficenza e di quelli di previdenza.

Le operazioni rientranti nel suddetto obbligo sono sia le cessione di beni che le prestazioni di servizi, ad esclusione dei compensi per prestazioni di servizi professionali assoggettati alla ritenuta alla fonte a titolo di imposta sul reddito, come per esempio le parcelle degli Avvocati o dei Commercialisti.

Il fornitore dovrà quindi continuare ad emettere una regolare fattura elettronica in formato XML con imponibile ed Iva, e così come previsto dalla nuova versione del tracciato XML da utilizzare dal 2 febbraio 2015 (versione 1.1), nel campo <Esigibilità IVA > dovrà inserire “S” a significare appunto  “Scissione dei pagamenti”.

Come chiarito anche dal DMEF 23 gennaio 2015, il fornitore dovrà continuare a registrare le fatture emesse nei registri tenuti ai sensi degli articoli art. 23 e 24 del DPR 633/72, non dovrà computare la suddetta Iva nelle liquidazioni periodiche e quindi non la dovrà versare,  mentre contabilmente dovrà stornare con una apposita registrazione contabile l’Iva a debito dal credito vantato nei confronti del cliente PA.

L’impatto più temuto dai fornitori della PA, almeno nel breve periodo, è certamente quello finanziario, dato che le imprese si troveranno accreditati sui conti bancari i corrispettivi al netto dell’Iva, e questo potrebbe comportare per alcune di loro la richiesta di finanziamenti bancari per far fronte al suddetto gap oppure riversare sui loro fornitori le minori entrate finanziarie allungando ulteriormente la durata media dei pagamenti.

Con riguardo poi alle imprese che operano costantemente con la PA e che si troveranno strutturalmente a credito di Iva (dato che l’iva a credito supererà l’iva a debito ridottasi per lo split payment), per far fronte alla suddetta situazione la stessa legge di stabilità ha esteso alle suddette imprese il rimborso Iva in via prioritario disciplinato dall’art.38-bis comma 10 del DPR 633/72 che prevede che i suddetti rimborsi vengano eseguiti, su richiesta fatta in sede di dichiarazione annuale, entro tre mesi dalla presentazione della dichiarazione e per un ammontare non superiore all’ammontare complessivo dell’imposta applicata alle operazioni, di cui all’art. 17-ter del decreto n. 633/72, effettuate nel periodo in cui si è avuta l’eccedenza d’imposta detraibile oggetto della richiesta di rimborso.

Dopo l’obbligo della fatturazione elettronica alla PA introdotto per ridurre i costi nella gestione delle fatture di acquisto oltre che migliorare il monitoraggio della finanza pubblica, con lo split payment si intende intervenire a contrastare l’evasione fiscale Iva in uno specifico settore economico, ma è necessario ricordare che da un recente studio condotto dall’Agenzia delle Entrate il gap medio nella base Iva ammonta, negli anni 2007-2010, a  circa 231 miliardi di euro.

Livelli così elevati di evasione fiscale non sono più tollerabili in periodi di perdurante stagnazione economia, ove oltre a sottrarre utili risorse alla collettività determinano una concorrenza sleale e fanno chiudere le serrande agli imprenditori onesti, e considerando l’improrogabile necessità di forti interventi di semplificazione negli adempimenti tributari, i tempi sono ormai maturi per l’introduzione della fattura elettronica in ambito B2B al fine di ridurre i costi connessi agli adempimenti fiscali oltre che monitorare in modo più efficace ed in tempo reale i contribuenti.

 

 

FONTE: Agenda Digitale (www.agendadigitale.eu)

AUTORE: Umberto Zanini

 

 

 

linee