Il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, Tommaso Nannicini, corregge le dichiarazioni del viceministro Morando: “il cronoprogramma rimane quello indicato da Renzi e Padoan, e cioè Ires nel 2017 e Irpef nel 2018″. Nessun anticipo del taglio Irpef: era previsto e resta fissato al 2018, tranne che non si trovino ”margini”. In tal caso sarebbe il ” benvenuto”. Il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, Tommaso Nannicini, stempera le voci nate dopo le indiscrezioni di stampa su un anticipo del taglio Irpef confermate del viceministro all’Economia, Enrico Morando: “il cronoprogramma rimane quello indicato da Matteo Renzi e Pier Carlo Padoan e cioè Ires nel 2017 e Irpef nel 2018. Se ci sono margini per un anticipo, ben venga, ma l’impegno politico resta quello di Renzi e Padoan”, dice Nannicini.
Intanto dall’opposizione c’è già chi parla di manovra correttiva. Dal governo l’ipotesi viene scartata a priori, confidando in pieno nella flessibilità Ue. Ma i dati macro arrivati nei primi mesi dell’anno delineano per l’economia italiana un quadro ancora una volta inferiore alle aspettative del governo, tale da rischiare di incrinare la tenuta dei conti e di indirizzare la politica economica, e fiscale, in senso più restrittivo rispetto agli stessi desideri di almeno una parte dell’esecutivo. In questi giorni il governo ha cercato di verificare se fosse possibile allungare il passo ma, al momento, il piano sulle tasse sembra restare quello intrapreso nel 2008: operazione 80 euro, taglio dell’Irap, cancellazione della Tasi prima casa e poi, dall’anno prossimo, riduzione dell’Ires seguita da quella dell’Irpef. Non manca chi, condizioni economiche – ed europee – permettendo, vorrebbe anticipare l’ Irpef già al 2017, in contemporanea all’intervento sulla tassazione delle imprese. Il nodo sta proprio però in quelle condizioni economiche.
Lo scorso anno il Pil è cresciuto meno del previsto. Meno dello 0,9% stimato ufficialmente nella Nota di aggiornamento del Def e meno anche dello 0,8% indicato a fine anno da Matteo Renzi. Il deficit non dovrebbe risentirne troppo ma l’effetto trascinamento sul 2016 potrebbe essere più che evidente, visto che lo stesso premier – meno di una settimana fa – ha spontaneamente annunciato che la crescita quest’anno sarà dell’1,4% e non dell’1,6% scritto nero su bianco nella Nota al Def. Una limatura viene data per scontata anche in ambienti del Tesoro, in cui si esclude però un effetto, se non minimale, sul deficit. L’impatto sarebbe insomma contenuto, con aggiustamenti resi possibili dal semplice ricorso a risorse da estrapolare dalle pieghe di bilancio.
A bocce ferme, lasciando quindi invariata la politica economica prospettata finora dal governo, e contando su un via libera pieno (o quasi) alle richieste di flessibilità avanzate da Roma a Bruxelles, i conti dovrebbero tenere. La situazione muterebbe però profondamente nel caso in cui al menu di interventi si volesse aggiungere anche l’anticipo del taglio Irpef o la riduzione del cuneo fiscale studiata, ma finora non tradotta in pratica, nei mesi scorsi. Il 2017, lo ha confermato pochi giorni fa sempre il sottosegretario alla presidenza Tommaso Nannicini, dovrebbe infatti essere anche l’anno di nuove misure sulle pensioni, con un allargamento delle maglie per l’uscita anticipata che avrebbe un costo non indifferente per il bilancio dello Stato.