Anche la ex moglie può impugnare autonomamente l’atto a lei notificato e far valere, attraverso detta impugnazione, tutte le possibili ragioni di contrasto con la pretesa tributaria. In caso di dichiarazione congiunta, se sopraggiunge la separazione personale dei coniugi, la solidarietà tributaria dei co-dichiaranti non viene meno, sicché è legittima la notifica alla moglie (separata) della cartella di pagamento fondata sull’avviso di accertamento notificato (a suo tempo) al marito e divenuto definitivo in forza di sentenza passata in giudicato. È quanto emerge dalla sentenza 10 giugno 2016, n. 11947, della Corte di cassazione.
Il fatto
Nella vicenda, a seguito di passaggio in giudicato della decisione della Commissione tributaria provinciale, che aveva riconosciuto la legittimità dell’avviso di accertamento con cui l’Agenzia delle Entrate ha rettificato la dichiarazione congiunta presentata dal marito dell’opponente, ai sensi dell’articolo 17 della legge 114/1977, la Commissione regionale ha confermato l’annullamento della cartella di pagamento emessa nei confronti della moglie. Il giudice dell’appello ha attribuito rilievo, in particolare, alla separazione legale dei coniugi, ritenendola una circostanza capace di impedire che la moglie subisca gli effetti del giudicato intervenuto nei confronti del marito, coniuge coobbligato in solido.
Nel conseguente ricorso per cassazione, l’ente impositore deduce, sostanzialmente, violazione dell’articolo 17 della legge 114/1977, per avere la Ctr attribuito rilievo determinante alla intervenuta separazione tra i coniugi e per avere omesso di considerare l’estensione alla condebitrice in solido degli effetti interruttivi della prescrizione di cui agli articoli 2943 e 2945 del codice civile.
Motivi della decisione
Ribaltando il doppio giudizio di merito favorevole alla contribuente, la Corte suprema ha censurato il verdetto della Ctr, rinviando la causa per nuovo esame. A tal fine, la Cassazione prende le mosse dal contenuto dispositivo dell’articolo 17 della legge 114/1977 (testo vigente ratione temporis) e afferma che la responsabilità solidale dei coniugi, per il pagamento delle imposte e sanzioni iscritte a ruolo a nome del marito a seguito di accertamento, non è influenzata dal venir meno, successivamente alla dichiarazione congiunta, della convivenza per separazione personale. Peraltro, per effetto della solidarietà legale, la tempestiva notifica al marito dell’avviso di accertamento – al pari della cartella di pagamento – non solo impedisce qualsiasi decadenza del debito fiscale anche nei confronti della moglie co-dichiarante, ma comporta altresì, a seguito dell’instaurazione del giudizio tra l’Amministrazione e il marito, l’interruzione con effetti permanenti del decorso della prescrizione anche nei confronti della moglie co-dichiarante.
Detta responsabilità solidale vale anche per gli accertamenti dipendenti da comportamenti non riconducibili alla sfera volitiva e cognitiva di entrambi, in quanto conseguenti ad atti di accertamento in rettifica condotti esclusivamente nei confronti di uno solo di essi (cfr Cassazione, 19026/2014). Nel caso di specie, invece, la Commissione del riesame si è discostata da questi principi avendo, da un lato, attribuito rilievo alla separazione legale intervenuta tra i coniugi e, dall’altro, ritenuto maturata la prescrizione, essendo trascorsi oltre dieci anni dalla presentazione delle dichiarazioni congiunte.
La Corte suprema ricorda che resta intatta la facoltà della moglie di contestare, nel merito, l’obbligazione del marito, entro i termini decorrenti dalla notifica dell’atto con il quale venga per la prima volta a conoscenza della pretesa tributaria nei confronti del coniuge (cfr Cassazione, 1760/2014 e 23553/2015). Per giurisprudenza consolidata (cfr Cassazione, 4863/2002, 2021/2003, 27005/2007, 19026/2014, 1463/2016 e 11925/2016), la responsabilità solidale dei coniugi che abbiano presentato dichiarazione congiunta dei redditi per il pagamento dell’imposta, della soprattassa, della pena pecuniaria e degli interessi iscritti a ruolo a nome del marito prevista dall’articolo 17, quinto comma, legge 114/1977, trova fondamento nella scelta da essi volontariamente operata di presentare la dichiarazione congiunta, accettando i rischi della relativa disciplina, la cui legittimità è stata riconosciuta dalla Corte costituzionale (cfr ordinanza 215/2004).
Siffatta tutela non è vanificata dall’eventuale successiva separazione fra coniugi o dallo scioglimento del matrimonio (cfr Cassazione, 2021/2003) e da un ipotetico atteggiamento non collaborativo del marito, potendo anche la moglie separata impugnare autonomamente l’atto a lei notificato, e far valere, attraverso detta impugnazione, tutte le possibili ragioni di contrasto con la pretesa tributaria, previa acquisizione degli atti a lei non notificati e dei quali non era a conoscenza (cfr Cassazione, 7612/2014).
In tal caso, non essendo l’obbligazione assunta dal coniuge relativa a un proprio debito, ma derivante dal vincolo di solidarietà nei confronti dell’altro coniuge, ove la contestazione del maggior reddito nei confronti di quest’ultimo venga a cadere, cade anche l’obbligazione assunta, in via solidale, dall’altro coniuge.
Pertanto, se è possibile per la moglie contestare nel merito l’obbligazione del coniuge, è anche vero che, nel caso di specie, la moglie, impugnando la cartella in questione, si è limitata a sostenere l’illegittimità della cartella in quanto l’accertamento non le era stato notificato, senza alcuna censura, nel merito, dell’accertamento stesso.