Il Dlgs 156/2015 apporta significative modifiche al capo IV del Dlgs 546/1992, relativo all’esecuzione delle sentenze tributarie, seguendo la direttrice indicata dal principio di delega: “immediata esecutorietà, estesa a tutte le parti in causa, delle sentenze delle commissioni tributarie” (articolo 10, comma 1, lettera b, n. 10, della legge 23/2014).
Di seguito una sintesi delle novità, che riguardano:
– l’esecuzione provvisoria delle sentenze emesse dalle commissioni tributarie su ricorsi avverso atti impositivi o dinieghi di rimborso nonché di quelle emesse su ricorsi avverso gli atti relativi alle operazioni catastali tributarie (articolo 67-bis del Dlgs 546/1992)
– la conferma della riscossione frazionata del tributo in caso di sentenza favorevole all’Amministrazione, con una precisazione in ordine alle somme da iscrivere in caso di riassunzione del giudizio a seguito di cassazione con rinvio (articolo 68 del Dlgs 546/1992)
– l’esecutività immediata delle sentenze di condanna al pagamento di somme in favore del contribuente – a oggi subordinata al passaggio in giudicato – e la scelta del giudizio di ottemperanza quale unico sistema di esecuzione di tutte le sentenze, definitive e non (articoli 68, 69 e 70 del Dlgs 546/1992)
– l’abrogazione dell’articolo 69-bis del Dlgs 546/1992, disciplinante l’aggiornamento degli atti catastali a seguito di sentenza passata in giudicato, al fine di garantire il coordinamento con il nuovo testo dell’articolo 69 dello stesso decreto.
È bene precisare che, a differenza degli articoli 68 e 70 del Dlgs 546/1992, che si applicano nella nuova versione a decorrere dal 1° gennaio 2016, le disposizioni in materia di esecutività delle sentenze di cui agli articoli 67-bis, 69 e 69-bis entrano in vigore il 1° giugno 2016.
Riscossione frazionata in pendenza di giudizio
All’articolo 68, comma 1, del Dlgs 546/1992, è stata introdotta la lettera c-bis), allo scopo di precisare che nei casi in cui è prevista la riscossione frazionata del tributo oggetto di giudizio davanti alle commissioni tributarie, l’imposta con i relativi interessi deve essere pagata per l’ammontare dovuto nella pendenza del giudizio di primo grado, dopo la sentenza della Corte di cassazione di annullamento con rinvio, e per l’intero importo indicato nell’atto in caso di mancata riassunzione.
Infatti, ai sensi dell’articolo 63, comma 2, del Dlgs 546/1992, quando la riassunzione non avviene entro il termine di sei mesi dalla pubblicazione della sentenza di cassazione con rinvio, l’intero processo si estingue. Ciò comporta, come costantemente affermato dalla giurisprudenza di legittimità, la definitività dell’atto originariamente impugnato.
Sul punto, la relazione illustrativa di accompagnamento al decreto ha evidenziato che “l’espressa previsione degli effetti della mancata riassunzione ha lo scopo di rendere chiare, soprattutto ai contribuenti, le conseguenze pregiudizievoli che derivano dalla mancata riassunzione del giudizio, indipendentemente da quale parte sia risultata vittoriosa in cassazione”.
Infine, il Dlgs 156/2015 ha apportato modifiche al comma 2 dell’articolo 68 del Dlgs 546/1992, che tratta delle decisioni favorevoli al ricorrente e stabilisce che, in ipotesi di accoglimento del ricorso, il tributo corrisposto in eccedenza, con i relativi interessi, deve essere rimborsato d’ufficio, cioè senza la necessità di un’apposita istanza, nel termine di novanta giorni dalla notificazione della sentenza.
La riforma ha previsto che “In caso di mancata esecuzione del rimborso il contribuente può richiedere l’ottemperanza a norma dell’articolo 70 alla commissione tributaria provinciale ovvero, se il giudizio è pendente nei gradi successivi, alla commissione tributaria regionale”.
Come esplicitato dalla relazione illustrativa, “anche in questo caso si viene a colmare una lacuna, che vedeva il contribuente del tutto privo di rimedi giuridici di fronte all’inerzia dell’ente impositore, che all’esito di una sentenza – anche non definitiva – favorevole al contribuente, ometteva di eseguire in suo favore il rimborso delle somme medio tempore riscosse”.
Esecuzione delle sentenze di condanna in favore del contribuente
Il vigente testo dell’articolo 69 del Dlgs 546/1992 prevede che la sentenza di condanna dell’ufficio al pagamento di somme non è immediatamente esecutiva e può essere eseguita solo con il passaggio in giudicato; in tale ipotesi, la segreteria della Commissione tributaria ne rilascia copia spedita in forma esecutiva a norma dell’art. 475 del cpc.
L’attuazione del principio di delega ha comportato la completa riscrittura dell’articolo 69, ora rubricato “Esecuzione delle sentenze di condanna in favore del contribuente”, che attribuisce immediata esecutività alle “sentenze di condanna al pagamento di somme in favore del contribuente” e a “quelle emesse su ricorso avverso gli atti relativi alle operazioni catastali”.
La norma prevede che il pagamento di somme di importo superiore a 10mila euro, diverse dalle spese di lite, può essere tuttavia subordinato dal giudice, anche tenuto conto delle condizioni di solvibilità dell’istante, alla prestazione di idonea garanzia.
Come illustrato nella relazione di accompagnamento al decreto, “la previsione di una garanzia … quindi, da un lato evita rischi per l’erario, dall’altro impedisce un incremento esponenziale delle richieste di sospensiva, con gli inevitabili aggravi che ciò comporterebbe in termini di oneri per le parti e sovraccarico dell’apparato giudiziario”.
Il comma 2 dell’articolo 69 demanda la disciplina della garanzia a un apposito Dm, che dovrà prevedere la durata della stessa nonché il termine entro il quale può essere escussa, a seguito dell’inerzia del contribuente in ordine alla restituzione delle somme garantite, protrattasi per un periodo di tre mesi.
Il successivo comma 3 precisa che i costi della garanzia, anticipati dal contribuente, sono a carico della parte soccombente all’esito definitivo del giudizio. Tuttavia, come previsto dalle disposizioni transitorie al decreto, fino all’approvazione del Dm resta applicabile il previgente testo dell’articolo 69.
In caso di mancata esecuzione della sentenza, entro novanta giorni dalla sua notificazione o dalla presentazione della garanzia, il contribuente ha la facoltà di esperire il giudizio di ottemperanza, disciplinato dall’articolo 70, innanzi alla commissione tributaria provinciale ovvero alla commissione tributaria regionale se il giudizio pende nei gradi successivi.
Giudizio di ottemperanza
Come noto, il giudizio di ottemperanza è un rimedio teso a ottenere il coatto adempimento degli obblighi sanciti dalla sentenza mediante l’adozione di idonei provvedimenti. Il legislatore delegato è intervenuto sull’articolo 70 del Dlgs 546/1992 innanzitutto sopprimendo al comma 1 l’inciso “Salvo quanto previsto dalle norme del c.p.c. per l’esecuzione forzata della sentenza di condanna costituente titolo esecutivo”, in quanto – come detto precedentemente – l’ottemperanza diviene l’unico strumento di esecuzione delle sentenze tributarie.
Ai sensi del comma 2, l’ottemperanza sarà proponibile anche nei confronti dell’agente della riscossione o del soggetto iscritto nell’albo di cui all’articolo 53 del Dlgs 446/1997. Come chiarito nella relazione illustrativa, il decreto ha inteso equiparare, fin dove possibile, tali soggetti agli enti impositori, “stante la natura pubblica dell’Agente e l’attività oggettivamente pubblica posta in essere dai concessionari (privati)”.
All’articolo 70 è stato infine aggiunto il comma 10-bis che, per il pagamento di somme dell’importo fino a 20mila euro e comunque per il pagamento delle spese di giudizio, prevede la decisione dell’ottemperanza da parte della Commissione tributaria in composizione monocratica.
Esecuzione delle sanzioni
Per completezza, un accenno alle modifiche apportate all’articolo 19 del Dlgs 472/1997, in materia di esecuzione delle sanzioni amministrative, dall’articolo 10 del Dlgs 156/2015 in sede di coordinamento. Al comma 3, relativo alla sospensione dell’esecuzione delle sanzioni da parte della commissione tributaria regionale, l’attuale garanzia “anche a mezzo di fideiussione bancaria o assicurativa” è stata sostituita con il richiamo alla garanzia di cui all’articolo 69, precedentemente illustrata.
Più significativa la modifica apportata al comma 6 che, nella nuova formulazione, prevede il richiamo alle disposizioni contenute nell’articolo 68, comma 2, del Dlgs 546/1992, quando in esito a una sentenza le somme che risultano corrisposte in eccedenza devono essere rimborsate dall’ufficio. Con la conseguenza che anche per la restituzione delle sanzioni versate in pendenza di giudizio il contribuente potrà ricorrere al rimedio dell’ottemperanza in caso di inerzia dell’ufficio.