germaniaAprile è tempo di bilanci per l’economia più sana del Vecchio Continente. Per l’Economic Survey 2016, Berlino è in una posizione economica solida, il Pil continua a crescere moderatamente (dopo il +1,4% registrato nel 2015, le stime attuali sono di un +1,3% nel 2016 e di un +1,7% nel 2017), ma l’invecchiamento della popolazione e l’impatto dei cambiamenti tecnologici impongono nuovi investimenti in formazione e infrastrutture. Stando all’analisi contenuta nell’ultima indagine dell’Ocse sulla Germania, se le istituzioni tedesche vogliono consegnare ai propri concittadini una società più forte ed inclusiva, dovranno prima di tutto stabilizzare l’intervento  pubblico nei settori chiave dell’immigrazione, delle pensioni e della formazione.  Il rapporto, presentato a Berlino dal Segretario Generale dell’Ocse, Angel Gurría, mette in evidenza la robusta ripresa della Germania e gli alti livelli di competitività riportati nel Paese nonostante il perdurare della crisi economica globale. Da non trascurare le pagine del dossier dedicate alla vasta gamma di sfide che attendono il sistema socio-economico tedesco, prima fra tutte la auspicata riforma fiscale. Dal punto di vista delle performance registrate dal Paese per quanto attiene ai tassi di produttività, per l’Ocse bisogna invertire la rotta nel settore dei servizi. In pratica, secondo Parigi, se la Germania non riesce ad aumentare la produttività dei lavoratori di questo settore, ne risentirà anche il comparto industriale e, nel lungo periodo, l’intera economia dei Länder della Repubblica federale.

 

La riforma del sistema fiscale

 

Un aspetto ampiamente discusso nell’indagine è quello relativo al cuneo fiscale tedesco, rivelatosi superiore a quello della gran parte delle economie aderenti all’Ocse. Per i tecnici di Gurrìa, il sistema impositivo della Germania potrebbe essere riequilibrato attraverso  lo spostamento del carico tributario dai redditi da lavoro verso i consumi e il patrimonio. Questo risultato potrebbe essere conseguito aggiornando i valori della banca dati catastale e intervenendo sul funzionamento delle esenzioni previste dalle norme tributarie. Inoltre, dal punto di vista dell’uguaglianza di genere, il sistema fiscale attuale presenta aspetti che a parere dell’Ocse disincentivano la ricerca di occupazioni a tempo pieno.  In pratica, rispetto ad altri Paesi aderenti all’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico, in Germania la pressione fiscale sulle famiglie aumenta fortemente quando ci sono due membri attivi sul mercato del lavoro. Le cause dell’effetto distorsivo dipendono da un insieme di fattori, non ultimo il carattere di progressività a cui sono ispirate le imposte sui redditi. Il risultato è che, all’interno delle coppie in cui uno dei due componenti ha già un lavoro full time, le seconde fonti di reddito sono sfavorite e fiscalmente meno appetibili. Per l’Ocse, se davvero si vuole permettere alle donne di partecipare al mercato del lavoro e di perseguire le proprie legittime aspirazioni di carriera, andrebbero eliminati questi disincentivi. Passare da una imposizione centrata sulle famiglie a una centrata maggiormente sugli individui sarebbe la soluzione ideale. L’unico ostacolo – ahimè, sembra dire l’Organizzazione sovranazionale – sono le disposizioni contenute nella Costituzione federale tedesca. Come alternativa praticabile, Parigi propone l’introduzione di franchigie separate per i singoli componenti dei nuclei familiari, in modo da ottenere la riduzione del cuneo fiscale almeno sul secondo percettore di reddito.

 

Invecchiamento e integrazione, come salvare il Nord Europa  

 

Le sfide più impegnative che la Germania deve affrontare nel 2016 sono sicuramente relative all’immigrazione e alla pressione esercitata sul bilancio dello Stato dall’invecchiamento della popolazione. Secondo i dati del Ministero delle Finanze federale tedesco, tra il 2013 e il 2060 i fenomeni demografici in corso comporteranno un aumento della spesa pensionistica pubblica del 2,5 per cento del Pil. Il trend previsto non potrà che indebolire la sostenibilità delle finanze pubbliche. Per l’Ocse una delle soluzioni da mettere in atto il prima possibile è quella di legare l’età pensionabile all’aspettativa di vita. Guardando a temi di grande attualità, il rapporto prevede che per ricevere e integrare gli immigrati arrivati sull’onda della crisi umanitaria causata dalla guerra in Siria, per il biennio 2016/2017 sarà necessario un incremento annuale della spesa dell’ordine dello 0,25 per cento del Pil. Il segretario generale Gurrìa ha consigliato alla Germania di “usare la sua posizione di forza per preparare il futuro, garantendo la riuscita integrazione dell’ondata di profughi” che arriva nel Paese per chiedere asilo. La conclusione di Gurrìa è che “questi afflussi di popolazione sono un’opportunità per contrastare le tendenze demografiche in atto e porre le basi per un’economia più diversificata e produttiva.” Insomma, l’Ocse ne è certa, politiche efficaci di gestione dei flussi migratori saranno fondamentali anche per migliorare i risultati economici e garantire la coesione sociale. L’integrazione delle masse di newcomers nell’economia tedesca, pertanto, è una sfida formidabile, ma anche una chance che non va sprecata.