In ambito amministrativo, come se non bastasse la complessità e la difficoltà interpretativa dei testi di legge, dove troviamo esempi come quelli contenuti nella legge n. 56/2019 (Il Nucleo della Concretezza assicura la concreta realizzazione delle misure indicate nel Piano triennale delle Azioni Concrete), nel campo tributario intervengono anche le amenità dei regolamenti delle pubbliche amministrazioni.

La chiarezza nei regolamenti comunali in materia tributaria

Secondo quanto pubblicato da «ItaliaOggi», qualche anno fa, relativamente ai regolamenti IUC, nelle delibere di un grosso comune, alcuni emendamenti erano trascritti a penna, in maniera incomprensibile.

Un piccolo ente aveva previsto un’astrusa espressione algebrica.

Un altro Comune aveva previsto una detrazione di 200 euro a favore dei nuclei familiari con soggetti con disabilità superiore al 100%

Un Comune aveva previsto l’aliquota dell’1,5 per mille per le unità immobiliari «in uso a familiari» senza specificare il grado di parentela o affinità.

Un capoluogo di Regione aveva fissato ben ventiquattro diverse misure di detrazione da applicarsi all’abitazione principale.

Un altro ente locale aveva previsto una riduzione del 50% a favore di chi avesse adottato un cane.

La riforma del Titolo V parte dall’assunto che ogni livello di governo deve disporre di risorse finanziarie sottoposte al proprio autonomo controllo, sufficienti ad assicurare lo svolgimento delle funzioni di propria competenza.

Il processo di responsabilizzazione, anche in materia tributaria, degli Enti locali trova ulteriore impulso proprio nella riforma del Titolo V della Costituzione e nella scelta di tipo federalista che la pervade.

L’art. 52 del D.Lgs. 446/1997. – Potestà regolamentare generale delle province e dei comuni – recita Le province ed i comuni possono disciplinare con regolamento le proprie entrate, anche tributarie, salvo per quanto attiene alla individuazione e definizione delle fattispecie imponibili, dei soggetti passivi e dell’aliquota massima dei singoli tributi, nel rispetto delle esigenze di semplificazione degli adempimenti dei contribuenti. Per quanto non regolamentato si applicano le disposizioni di legge vigenti.

La necessità di semplificazione

Spesso gli enti locali, però, dimenticano proprio il rispetto delle esigenze di semplificazione.

In passato il linguaggio amministrativo era pomposo, complesso ed altisonante, ma poi sono subentrati interventi legislativi che hanno mirato a rendere gli atti amministrativi più semplici e più facilmente leggibili ma non sempre questo ha condotto a risultati veramente positivi.

Un corretto rapporto tra il cittadino e la pubblica amministrazione passa anche attraverso regolamenti chiari e trasparenti.

Importanti precisazioni sul principio di chiarezza normativa sono contenute in una circolare della Presidenza del Consiglio dei Ministri, datata 2001, la n. 1.

Il provvedimento era diretto ai capi degli uffici legislativi ma contiene, di carattere formale e sostanziale, sicuramente utili ed utilizzabili anche per Comuni e Province nella redazione dei loro regolamenti in materia tributaria.

La norma contenuta nel regolamento è efficace ed autorevole solo se è precisa, sintetica e chiara per il destinatario.

Mentre le delibere di approvazione del regolamento contengono le premesse utili e necessarie per comprendere l’iter seguito, le singole disposizioni regolamentari, in quanto precetti normativi, non devono contenere premesse che si propongono di darne una motivazione.

Lo Statuto del contribuente

Anche per gli enti locali un riferimento essenziale è lo Statuto del contribuente.

Il comma 4 dell’art. 1 della Legge n. 212/2000 imponeva che gli Enti locali adeguassero, entro sei mesi dall’entrata in vigore dello Statuto, gli atti normativi da essi emanati ai principi dettati dalla norma.

Il mancato adeguato dei regolamenti ad alcune disposizioni statutarie avrebbero potuto determinare la nomina di un commissario ad acta al fine di dare attuazione alla previsione normativa.

Il comma è stato abrogato dall’art. 1, comma 1, lett. a), n. 4), D. Lgs. 30 dicembre 2023, n. 219, anche se lo Statuto continua a prevedere che le proprie disposizioni valgono come principi per le regioni e per gli enti locali, che devono provvedere “ad adeguare i rispettivi ordinamenti nel rispetto delle relative autonomie”. Bisogna comprendere tempi e modalità di attuazione di tale previsione e le conseguenze dell’eventuale inadempimento.

Anche per i Comuni e le Province che non dovessero adempiere, i principi dello Statuto trovavano, comunque, ampia attuazione.

Sono numerose, infatti, le disposizioni direttamente applicabili agli Enti locali la cui violazione si può riflettere sulla legittimità degli atti impositivi.

È opportuno che i regolamenti degli Enti locali siano allineati alle previsioni dello Statuto e siano aggiornati a tutte le modifiche legislative di fiscalità locale successive, anche se queste sono direttamente applicabili a tutti gli Enti locali.

Regolamenti comunali: devono essere completi, coerenti, chiari e trasparenti

Il cittadino-contribuente ha, infatti, diritto ad un’informazione completa, coerente, chiara e trasparente.

Un regolamento comunale che non sia allineato alla legislazione vigente può trarre in inganno il cittadino-contribuente, violando la previsione dell’art. 5 dello Statuto del contribuente.

Gli Enti locali, quali soggetti impositori, devono assumere iniziative idonee a consentire una piena ed agevole conoscenza delle disposizioni in materia tributaria.

Il Comune non solo ha l’obbligo di adeguare, senza indugio, i propri regolamenti in materia tributaria alle innovazioni legislative subentrate, ma deve anche pubblicare tempestivamente sul proprio sito istituzionale la versione aggiornata.

I rapporti tra contribuente ed Ente impositore devono essere improntati al principio della collaborazione e della buona fede.

La pubblicizzazione di regolamenti non più attuali, riportanti norme non vigenti o non più applicabili, contrasterebbe con tale principio.

Altri elementi di chiarezza nei rapporti tra Comuni e Province, quali enti impositori, ed il cittadino/contribuente attengono al termine per l’approvazione di regolamenti ed aliquote e la loro pubblicazione.

L’approvazione dei bilanci

I regolamenti, per avere efficacia dal 1° gennaio dell’anno, devono essere approvati entro la data stabilita dal legislatore per l’approvazione del bilancio di previsione.

La data di approvazione dei bilanci degli enti locali è oggetto di continui interventi di proroghe. Tale termine è stato fissato, a seconda degli anni, all’ultimo giorno di marzo (o al 30 marzo), di maggio, di giugno o luglio.

Ci sono stati anni in cui la proroga si è spinta fino a novembre, con differenziazioni per i comuni siciliani (per l’anno 2015) o sardi (per l’anno 2013).

Basta questo, senza volersi addentrare sulla possibilità di intervento dei Comuni in caso di dissesto, di mancata assicurazione degli equilibri di bilancio, di diffida prefettizia, per comprendere come ciò genera ombre e difficoltà nei rapporti tra contribuente ed ente impositore.

Perimetro ristretto per la discrezionalità dei Comuni

Per evitare il proliferare di fantasiose e poco leggibili diversificazioni delle aliquote Imu, il legislatore ha voluto restringere la discrezionalità dei Comuni.

L’art. 1, comma 756, della legge 27 dicembre 2019, n. 160, prevede che, a decorrere dall’anno 2021, i Comuni, in deroga all’art. 52 del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446, possono diversificare le aliquote di cui ai commi da 748 a 755, esclusivamente con riferimento alle fattispecie individuate con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, sentita la Conferenza Stato-città.

Ai fini della pubblicazione, il Comune è tenuto a inserire il prospetto delle aliquote e il testo del regolamento entro il termine perentorio del 14 ottobre dello stesso anno, nell’apposita sezione del portale del federalismo fiscale e che, in caso di mancata pubblicazione entro il 28 ottobre, si applicano le aliquote e i regolamenti vigenti nell’anno precedente.

Il Comune, nell’ambito della propria autonomia regolamentare, non può introdurre ulteriori differenziazioni all’interno di ciascuna delle fattispecie, in deroga alle condizioni individuate nell’allegato allo stesso Decreto.

In questo caso, il Comune deve in ogni caso effettuare la diversificazione nel rispetto dei criteri generali di ragionevolezza, adeguatezza, proporzionalità e non discriminazione.

La pubblicazione delle delibere

Con un emendamento proposto da Anci/Ifel, approvato in sede di conversione del decreto-legge 29 settembre 2023, n. 132, con la legge 27 novembre 2023, n. 170, recante: «Disposizioni urgenti in materia di proroga di termini normativi e versamenti fiscali» è stato prorogato al 2025 l’obbligo per i Comuni di redigere la delibera di approvazione delle aliquote dell’IMU tramite l’elaborazione del Prospetto, utilizzando l’applicazione informatica messa a disposizione sul portale del Ministero dell’Economia e delle Finanze.

Durante la fase di sperimentazione avviata dal Mef a metà ottobre, i Comuni avevano riscontrato alcune criticità, tra cui l’assenza di alcune fattispecie impositive finora regolamentate nei rispettivi atti, che si auspica verranno integrate nel corso del più ampio lasso di tempo concesso dal Parlamento.

Per quanto attiene alla pubblicazione delle delibere, per il 2023 vigevano i termini perentori del 14 ottobre 2023 (per inserire il prospetto delle aliquote e il regolamento sul Portale del federalismo) e quello del 28 ottobre (termine ultimo di pubblicazione per dare efficacia dal primo dell’anno alle aliquote ed ai regolamenti).

Il legislatore, però, limitatamente all’anno 2023, ha previsto che delibere regolamentari e di approvazione delle aliquote e delle tariffe possano essere inserite nel portale del federalismo fiscale entro il 30 novembre 2023.

Il termine per la pubblicazione delle delibere, ai fini dell’acquisizione della loro efficacia, è fissato al 15 gennaio 2024.

Questo comporta, evidentemente, che nel caso in cui i Comuni si siano avvalsi di tale facoltà, i contribuenti, con il versamento del 18 dicembre, potrebbero non avere saldato il loro debito fiscale.

In questo caso, i cittadini hanno avuto tempo fino al 29 febbraio 2024 per effettuare l’ulteriore versamento a saldo ed il Comune non potrà applicare sanzioni e interessi.

La norma non è coerente con lo Statuto del contribuente che prevede un intervallo di almeno sessanta giorni prima di chiedere qualsiasi adempimento al cittadino e sicuramente non va nella direzione della chiarezza di cui oggi stiamo parlando.

Alla base della proroga c’è lo slittamento del termine per l’approvazione dei bilanci di previsione dei Comuni, fissato per il 2023 al 15 settembre. Se l’ente ha approvato le aliquote nel termine massimo consentito è evidente che i tempi per la pubblicazione erano molto ristretti.

Questa deroga vale solo per il 2023, mentre a partire dal 2024 si tornerà alle scadenze di pubblicazione ordinarie, con la precisazione che qualora tali termini scadano di sabato o di domenica, dovranno intendersi prorogati al primo giorno lavorativo successivo.

Chiaramente un metodo opaco per gestire i rapporti tra cittadini-contribuenti ed ente impositore.


Fonte: articolo di Luciano Catania, segretario del Comune di Enna