tasse taglioIl premier Matteo Renzi conferma che di Ires si parlerà nel 2017 e di Irpef nel 2018, ma intanto nel 2016 via la tassa sulla prima casa per tutti. “I sindaci riavranno le risorse sottratte con l’abolizione di Imu e Tasi”. Pensioni: intervento sulla flessibilità nei prossimi mesi, ma “a costo zero”.

 

Per rafforzare la “ripartenza” c’è bisogno di “un messaggio di serenità e tranquillità” al Paese. E quel messaggio passa dal taglio delle tasse sulla prima casa, “che è giusto”. A poco più di un mese dal varo della legge di stabilità, Matteo Renzi difende la sua ‘ road map’. Rassicura i sindaci: riavranno le risorse sottratte con l’abolizione di Imu e Tasi. Avverte l’Europa che l Italia punta a portare a casa il massimo di flessibilità e il deficit l’anno prossimo “non sarà all’1,4%” come prevede il fiscal compact. Spiega ai cittadini che sulla flessibilità delle pensioni arriverà “a mesi”, quando sarà possibile, un intervento del governo, ma “a costo zero”. E più in generale invia un messaggio agli avversari interni, che dalle riforme alla manovra gli annunciano un autunno difficile: “non vado alla ricerca di accordi a tutti i costi ma vado avanti per rendere il Paese più semplice, perché l’Italia può ripartire. E riparte”.

 

Dopo l’intervento a Cernobbio e la chiusura della festa dell’Unità a Milano, Renzi apre la nuova stagione politica con una lunga intervista nel salotto di Porta a Porta. Nella quale ribadisce che, dall’ immigrazione alle riforme, fino alla politica economica, non intende deviare dalla via già tracciata, perché è”giusta” e “seria”. Seria sul fronte internazionale, dove l’Italia tiene ferma la posizione sull’immigrazione (“ora gli altri si stanno accodando”) e non aderisce a iniziative “spot” come l’intervento militare in Siria che Francia e Inghilterra stanno studiano. Giusta sul fronte interno, dalle misure economiche alla scuola (“capisco la rabbia degli insegnanti ma parlare di ‘deportati è ingiusto”, afferma).

 

“Si prende qualche sberla e qualche volta si dice ‘ chi me l’ha fatto fare'”, dice il premier parlando di sé in terza persona, ma la scelta è di portare avanti gli interventi anche a dispetto delle critiche perché il risultato è tangibile: “l’Italia riparte”. Per questo, pur ribadendo la disponibilità al confronto, Renzi torna ad avvertire la minoranza interna che la riforma costituzionale deve essere approvata al Senato “entro il 15 ottobre” ma non si può pretendere di “ripartire sempre daccapo”: “Su questo non mollo, non molliamo”. Nel Pd, osserva il segretario, ci sono “tantissimi anti-Renzi”: non solo Enrico Rossi, già pronto a sfidarlo per la segreteria, ma anche “Emiliano, Speranza, Bersani (che lo è ‘ad honorem’), D’ Alema che magari farà il ‘ king maker'”. Con lui se la vedrà al congresso (“Auguri”), ma fino ad allora – assicura – le sue scelte da premier non saranno guidate dalla paura di perdere “la seggiola” o dal tentativo di tenerla: “non cercherò accordi a tutti i costi”. E così avanti sulla via tracciata anche sul fronte economico.

 

Il puzzle della legge di stabilità è ancora in via di composizione. Ad esempio, spiega Renzi, per il Sud sono allo studio ipotesi diverse, da un credito d’imposta da 2 miliardi alla proroga di un anno degli sgravi fiscali per le assunzioni. Di Ires si parlerà nel 2017 e di Irpef nel 2018. Ma un punto fermo resta: via nel 2016 la tassa sulla prima casa per tutti. Non regge, afferma il premier, la richiesta da sinistra di progressività perché l’abolizione “non agevola i ricchi” in quanto “si continuerà a pagare per seconde, terze, quarte case”.

 

Quanto alle risorse, Renzi rivendica che sulla flessibilità l’Europa si sta spostando sulla posizione italiana. E l’Italia anche quest’ anno si batterà per ottenere il massimo possibile, andando oltre l’1,4% di deficit previsto dal fiscal compact, un insieme di regole che i governi del passato hanno voluto. Infine le pensioni. L’intervento sulla flessibilità in uscita è ancora in fase di studio e arriverà nei prossimi mesi: “sono ottimista”, dice Renzi. Ma per lo Stato dovrà essere “a costo zero”, per non penalizzare le future generazioni. E dunque si complica ancor di più la definizione di “quanto prima” si potrà andare in pensione e “con quanti soldi”.