La Camera dei Deputati e il Senato hanno approvato la risoluzione di maggioranza sul Piano Strutturale di Bilancio (PSB).
Si tratta di un documento chiave di finanza pubblica che verrà inviato alla Commissione Europea. La Camera ha dato l’ok con 183 voti favorevoli, 118 contrari e 2 astenuti, e il Senato ha seguito lo stesso percorso, ratificando il testo con 95 voti favorevoli, 66 contrari e 4 astenuti.
Il Piano Strutturale di Bilancio approvato da Camera e Senato: tutte le novità
Il piano prevede una programmazione quinquennale, con l’obiettivo di stabilizzare le finanze pubbliche tra il 2025 e il 2029, anche se il governo ha esteso l’aggiustamento finanziario su un arco temporale di sette anni, in continuità con il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR).
Questa nuova strategia punta a superare l’approccio tradizionalmente pro-ciclico delle regole fiscali stabilite dal Patto di Stabilità e Crescita, favorendo invece una pianificazione di medio termine più stabile. Un’altra novità è l’integrazione della programmazione della spesa pubblica con le riforme e gli investimenti del PNRR, assicurando così maggiore coerenza con le politiche economiche e una crescita sostenibile.
Il piano segue le linee guida europee sulla sostenibilità del debito, basate sull’analisi di sostenibilità del debito pubblico (DSA). Gli Stati con un debito eccessivo dovranno implementare un percorso di correzione per ridurre gradualmente il peso del debito. Il fulcro di questa analisi è il saldo primario strutturale, ovvero il bilancio della Pubblica Amministrazione al netto delle spese per interessi, delle variazioni cicliche e delle misure temporanee, calcolato in rapporto al Prodotto Interno Lordo.
Le riforme previste
Il PSB include una serie di riforme e investimenti per affrontare le principali sfide economiche del Paese. Queste azioni sono allineate alle priorità dell’Unione Europea e comprendono sia l’attuazione degli impegni del PNRR sia nuove iniziative economiche previste per garantire una transizione ordinata verso il bilancio settennale. Tra i settori chiave oggetto delle riforme, spiccano la Giustizia, la Pubblica Amministrazione, la digitalizzazione, la concorrenza e l’ambiente imprenditoriale.
Riforma della Giustizia e dei concorsi
Uno degli aspetti centrali è la riduzione dei tempi della giustizia civile e delle procedure concorsuali. L’Italia è tristemente nota per l’eccessiva durata dei processi civili, che ha spesso portato a pesanti condanne da parte della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo. Il governo mira a invertire questa tendenza, adottando un piano che prevede nuovi investimenti in tecnologia e un aumento del personale giudiziario. La digitalizzazione avrà un ruolo chiave, con la progressiva informatizzazione dei tribunali e l’adozione di soluzioni telematiche per la gestione dei procedimenti. Questo non solo permetterà una gestione più rapida ed efficiente dei casi, ma contribuirà anche a ridurre l’arretrato che ostacola la giustizia italiana.
Nel contesto delle procedure concorsuali, l’obiettivo è quello di velocizzare le pratiche legate alle insolvenze e alle ristrutturazioni aziendali, facilitando la ripresa economica delle imprese in difficoltà. Anche qui, l’uso della tecnologia e il rafforzamento del personale saranno cruciali per rendere il sistema più agile e tempestivo. Ridurre la durata dei processi, infatti, non solo migliorerà la fiducia nel sistema giudiziario, ma attirerà anche maggiori investimenti stranieri, poiché la giustizia civile rapida è un fattore fondamentale per chi valuta opportunità economiche in Italia.
Digitalizzazione e valorizzazione del personale della Pa
Sul fronte della Pubblica amministrazione (Pa), il governo punta a una trasformazione radicale, concentrandosi sulla digitalizzazione e sulla valorizzazione del personale. L’obiettivo è creare una PA più efficiente, capace di rispondere alle esigenze dei cittadini e delle imprese in tempi rapidi. La digitalizzazione riguarderà diversi aspetti, tra cui l’accesso ai servizi pubblici, che saranno sempre più gestibili online, riducendo la necessità di recarsi fisicamente presso gli uffici pubblici. Questa semplificazione permetterà di risparmiare tempo e risorse, sia per i cittadini che per l’apparato amministrativo stesso.
Allo stesso tempo, verranno investite risorse per migliorare la formazione e la competenza del personale della PA, valorizzando le risorse umane in modo da renderle capaci di gestire i nuovi strumenti tecnologici e rispondere efficacemente alle nuove sfide. Il governo punta anche a introdurre un sistema di valutazione della performance, legato alla capacità di raggiungere obiettivi specifici, in modo da incentivare la produttività e l’efficienza.
Ambiente imprenditoriale e Legge per la Concorrenza
Un altro pilastro del piano riguarda l’ambiente imprenditoriale. L’introduzione della Legge per la Concorrenza 2025 sarà una delle riforme più importanti in questo ambito. La nuova normativa mirerà a rimuovere le barriere che ostacolano la competizione tra le imprese, promuovendo un mercato più dinamico e aperto, in linea con le raccomandazioni della Commissione Europea. Ogni anno verranno poi approvate leggi annuali sulla concorrenza, per rispondere alle esigenze emergenti e garantire l’aggiornamento continuo delle regole economiche.
Il miglioramento della concorrenza è essenziale non solo per stimolare l’innovazione e la crescita, ma anche per ridurre i costi per i consumatori, aumentando la qualità dei beni e servizi disponibili. La riforma prevede inoltre una maggiore trasparenza nei rapporti tra imprese e istituzioni, per rendere l’Italia un Paese più attraente agli investitori, sia nazionali che internazionali.
Riforma fiscale
Il piano del governo include anche una riforma fiscale ambiziosa. Uno degli obiettivi primari è intensificare la lotta all’evasione fiscale, che rappresenta uno dei principali problemi del Paese. Verranno adottate nuove misure per migliorare la conformità fiscale, in particolare nelle transazioni che coinvolgono i consumatori finali. L’idea è quella di rendere più efficaci i controlli e le verifiche, utilizzando strumenti tecnologici avanzati per monitorare le transazioni e ridurre l’evasione.
Parallelamente, ci sarà un’attenzione specifica alla riduzione delle spese pubbliche, con un controllo più rigoroso dei bilanci degli enti locali. Il governo intende responsabilizzare i centri di spesa a livello statale, regionale e locale, in linea con il progresso dell’autonomia differenziata tra le regioni. Questo processo richiederà una maggiore trasparenza nella gestione dei fondi pubblici e una stretta sorveglianza per garantire che le risorse vengano utilizzate in modo efficiente e coerente con gli obiettivi di crescita e sostenibilità.
Le preoccupazioni dei Comuni
Tuttavia, i Comuni italiani hanno espresso preoccupazioni sul PSB. Durante le audizioni presso le Commissioni Bilancio, l’Anci (Associazione Nazionale Comuni Italiani) ha sollevato dubbi sulla nuova governance economica e sull’impatto che il piano potrebbe avere sui bilanci locali.
Nonostante gli sforzi del governo per limitare l’incremento della spesa pubblica all’1,5% annuo, i Comuni temono ulteriori tagli ai loro già provati bilanci. Nel corso dell’ultimo decennio, infatti, le risorse a disposizione degli enti locali sono state ridotte di circa 14 miliardi di euro e, per il periodo 2024-2028, è previsto un ulteriore taglio di un miliardo di euro.
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Le polemiche sollevate da Giorgetti su rendite catastali e superbonus
Va anche aggiunto che il recente intervento del ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti, in Parlamento ha sollevato importanti discussioni riguardo alle implicazioni fiscali per chi ha usufruito del Superbonus edilizio al 110%. Il Superbonus, introdotto per incentivare interventi di efficientamento energetico e sismico, ha rappresentato una misura fondamentale nel rilancio dell’edilizia post-pandemia. Tuttavia, Giorgetti ha messo in evidenza che coloro che hanno approfittato del beneficio dovranno aggiornare i dati catastali degli immobili, il che potrebbe portare a un aumento delle imposte legate al patrimonio immobiliare. Questo passaggio non è privo di conseguenze, sollevando una serie di criticità sia per i cittadini che per l’intero comparto fiscale e immobiliare.
Obbligo di aggiornamento catastale e sue conseguenze fiscali
Uno degli aspetti più discussi è la necessità di aggiornare i dati catastali per gli immobili che hanno subito miglioramenti. Questo obbligo comporta un aumento del valore catastale, che è uno dei principali parametri utilizzati per il calcolo di imposte come l’IMU (Imposta Municipale Unica) sulle seconde case e le imposte di registro o IVA in caso di vendita.
L’incremento del valore catastale può rappresentare un pesante aggravio fiscale per chi possiede immobili migliorati grazie al Superbonus. Gli interventi che hanno aumentato il valore energetico e sismico degli edifici, come l’installazione di pannelli solari o la sostituzione di infissi, contribuiscono a incrementare il valore catastale e, di conseguenza, le tasse legate alla proprietà. Questo rappresenta un rischio per molti proprietari, che potrebbero trovarsi a dover sostenere costi imprevisti e superiori alle aspettative iniziali.
Critiche e possibili effetti negativi
Questa misura ha suscitato non poche perplessità, in quanto contrasta con l’intento iniziale del Superbonus di incentivare la riqualificazione energetica senza appesantire i cittadini sul piano fiscale. L’aggiornamento catastale e il conseguente aumento delle imposte possono scoraggiare chi intendeva beneficiare del Superbonus o, peggio ancora, creare situazioni di difficoltà per chi lo ha già utilizzato e si trova ora a fronteggiare tasse più alte. Molti proprietari potrebbero non essere in grado di sostenere i costi aggiuntivi derivanti dall’adeguamento catastale, specialmente in un contesto economico già fragile.
Inoltre, l’aumento delle imposte sugli immobili potrebbe avere un impatto negativo anche sul mercato immobiliare. Il rialzo dei costi legati al patrimonio immobiliare potrebbe rallentare le compravendite e ridurre l’attrattiva del mercato per i nuovi acquirenti. Questo potrebbe colpire in particolare le seconde case, già soggette a una tassazione elevata, rendendole ancora meno accessibili. Anche gli investimenti immobiliari, soprattutto in aree meno ricche del Paese, potrebbero risentirne.
Immobili fantasma e compliance fiscale
Un altro punto critico sollevato dal ministro Giorgetti riguarda gli immobili “fantasma”, cioè quegli edifici che non risultano regolarmente censiti al Catasto o che sono registrati con dati non aggiornati. Il governo prevede l’invio di lettere di compliance ai proprietari di questi immobili, invitandoli a regolarizzare la loro posizione entro 90 giorni. Se i proprietari non dovessero ottemperare, l’Agenzia delle Entrate interverrebbe d’ufficio, aggiornando i dati catastali e imponendo una sanzione.
Questa operazione mira a recuperare una parte significativa di entrate fiscali perse a causa dell’evasione immobiliare, ma potrebbe comportare notevoli difficoltà per i proprietari, soprattutto quelli che non sono a conoscenza di irregolarità o che non hanno i mezzi per mettersi in regola entro il termine stabilito. Il provvedimento potrebbe anche creare ulteriori tensioni tra il governo e i cittadini, già alle prese con un complesso sistema fiscale. Le sanzioni per la mancata regolarizzazione degli immobili rischiano di essere percepite come una misura punitiva e di aumentare il malcontento, soprattutto tra i proprietari di immobili in zone meno servite o in condizioni economiche precarie.
Aspetti critici della riforma catastale
Il tema della riforma del Catasto è sempre stato delicato in Italia. Ogni intervento volto a modificare i criteri di valutazione catastale si è scontrato con resistenze politiche e sociali, dato l’impatto diretto che ha sulla tassazione degli immobili. La proposta di aggiornare i valori catastali per chi ha beneficiato del Superbonus potrebbe riaccendere vecchi dibattiti sulla necessità di una riforma più ampia del sistema catastale, che tenga conto delle reali condizioni degli immobili, ma che al contempo non aggravi ulteriormente la pressione fiscale sui cittadini.
La mossa di Giorgetti, sebbene tecnicamente giustificata, rischia di essere percepita come un passo indietro rispetto agli incentivi concessi dal Superbonus. In un contesto economico difficile, l’aumento delle imposte patrimoniali potrebbe rallentare ulteriormente la ripresa del settore edilizio, vanificando parte dei benefici introdotti dalla misura. C’è anche il rischio che tali aumenti colpiscano in modo sproporzionato chi ha investito nelle riqualificazioni con l’obiettivo di ridurre l’impatto ambientale, penalizzando di fatto i comportamenti virtuosi.