Per il patteggiamento penale occorre pagare i debiti tributari. La preclusione, prima riferita alla generalità dei reati fiscali, è stata rimossa solo nel caso in cui ricorra una circostanza attenuante speciale collegata alla riparazione dell’offesa causata dal reato.
La pronuncia della Corte di cassazione n. 55498/2018 si segnala per aver ritenuto la disciplina sulle condizioni per accedere alla determinazione della pena ai sensi dell’articolo 444 del codice di procedura penale (ossia il “patteggiamento penale”) prevista per la realizzazione dei reati fiscali immodificata dopo le modifiche apportate dal Dlgs n. 158/2015.
Infatti, l’articolo 2, comma 36-vicies semel, lettera m, del Dl n. 138/2011, aveva inserito il comma 2-bis nell’articolo 13 del Dlgs n. 74/2000, disponendo che, per i delitti tributari, l’applicazione della pena ai sensi dell’articolo 444 del codice di rito penale può essere chiesta dalle parti solo qualora ricorra la circostanza attenuante di cui ai precedenti commi 1 e 2.
A loro volta, i commi da ultimo citati disciplinavano le circostanze attenuanti mediante il pagamento del debito tributario, prevedendo, al primo comma, che le pene previste per i delitti di cui al cennato decreto erano diminuite fino a un terzo e non si applicavano le pene accessorie indicate nell’articolo 12 se, prima della dichiarazione di apertura del dibattimento di primo grado, i debiti tributari relativi ai fatti costitutivi dei delitti medesimi sono stati estinti mediante pagamento, anche a seguito delle speciali procedure conciliative o di adesione all’accertamento previste dalle norme tributarie.
L’articolo 12, comma 1, del Dlgs n. 158/2015 ha modificato l’articolo 13, citato, e introdotto l’articolo 13-bis, il cui secondo comma statuisce che, per i delitti tributari di cui allo stesso Dlgs n. 74, il patteggiamento penale può essere chiesto dalle parti solo quando i debiti tributari, comprese sanzioni amministrative e interessi, fossero stati estinti mediante integrale pagamento degli importi dovuti, anche a seguito delle speciali procedure conciliative e di adesione all’accertamento previste dalle norme tributarie o per effetto di ravvedimento operoso.
La sentenza della Corte regolatrice del diritto in nota qualifica tale disciplina in termini di esclusione oggettiva dal “patteggiamento”, riferita alla generalità dei delitti in materia tributaria previsti dal Dlgs n. 74/2000, in quanto il legislatore ha inteso rimuovere la preclusione al patteggiamento solo quando ricorra una circostanza attenuante speciale collegata alla riparazione dell’offesa causata dal reato.
Nello stesso senso della sentenza in commento, ma in riferimento al previgente articolo 13, si vedano le decisioni di legittimità della terza sezione penale, n. 29565/2017, n. 11352/2015 e n. 37748/2014.
Infine, occorre evidenziare come l’articolo 2, comma 36-vicies semel, lettere i) e m), del Dl n. 138/2011, abbia introdotto cause di non punibilità all’articolo 13 del Dlgs n. 74, prevedendo, al primo comma, che i reati di cui agli articoli 10-bis, 10-ter e 10-quater, comma 1 (ossia di omesso versamento sia di ritenute dovute e certificate sia dell’Iva e di indebita compensazione soltanto mediante crediti non spettanti) non sono punibili se, prima della dichiarazione di apertura del dibattimento di primo grado, i debiti tributari, comprese sanzioni amministrative e interessi, sono stati estinti mediante integrale pagamento degli importi dovuti, anche a seguito delle speciali procedure conciliative e di adesione all’accertamento previste dalle norme tributarie, nonché del ravvedimento operoso.
A sua volta il secondo comma dell’articolo 13, nuovo stile, dispone la non punibilità per i reati di infedele od omessa dichiarazione di cui agli articoli 4 e 5 se i debiti tributari, comprese sanzioni e interessi, sono stati estinti mediante integrale pagamento degli importi dovuti, a seguito del ravvedimento operoso o della presentazione della dichiarazione omessa entro il termine di presentazione della dichiarazione relativa al periodo d’imposta successivo, sempreché il ravvedimento o la presentazione siano intervenuti prima che l’autore del reato abbia avuto formale conoscenza di accessi, ispezioni, verifiche o dell’inizio di qualunque attività di accertamento amministrativo o di procedimenti penali.
Nei riguardi di tale disciplina del 2015, e in riferimento al delitto di omesso versamento dell’Iva, la pronuncia della Corte regolatrice del diritto n. 38684/2018, citata da questa che si annota, ha individuato la causa di non punibilità che non poneva alcuna questione sull’ammissibilità del patteggiamento perché “non potrebbe certamente riguardare reati non punibili”, mentre nella controversia oggetto della sentenza in rassegna, si trattava del delitto di dichiarazione fraudolenta di cui all’articolo 2 dello stesso Dlgs n. 74.
Per completezza di informazioni, si evidenzia che tale preclusione legale, come ricorda la sentenza del Supremo collegio in nota, ha passato indenne il vaglio di costituzionalità con la sentenza della Corte costituzionale n. 95/2015, affermando che la subordinazione dell’ammissibilità del “patteggiamento penale” di cui all’articolo 444 cpp al pagamento del debito tributario e delle relative sanzioni amministrative, fissato dall’articolo 13, comma 2-bis, del Dlgs n. 74/2000, non viola il diritto di difesa e il principio di uguaglianza.