Il concordato preventivo biennale rappresenta una novità per le Partite IVA in Italia, ma cosa cambierà nello specifico? Quali potrebbero essere le criticità nella sua applicazione?
Questa misura offre un “accordo” con il Fisco che consente di pagare le tasse non in base ai guadagni effettivi, ma su quanto preventivato dall’Agenzia delle Entrate ed è volta, nelle sue intenzioni, a favorire l’adempimento spontaneo degli obblighi fiscali.
Si tratta dunque una nuova modalità di interazione tra contribuenti e Fisco, mirata a semplificare gli adempimenti fiscali e ridurre gli accertamenti. Tuttavia, le criticità legate alla stima del reddito futuro e alla possibile disparità tra guadagni effettivi e tasse da pagare richiedono attenzione.
Scopriamo meglio di cosa si tratta.
Che cos’è il concordato preventivo biennale?
Questo accordo è accessibile ai contribuenti che applicano gli Indici Sintetici di Affidabilità (ISA) e agli esercenti attività d’impresa, arti o professioni che aderiscono al regime forfettario (art. 1, commi da 54 a 89, legge n. 190/2014). È destinato sia ai privati sia alle aziende, per venire incontro alle esigenze di un numero sempre maggiore di liberi professionisti.
La Legge 111/2023, cosiddetta delega fiscale, stabilisce i criteri per il concordato preventivo biennale, permettendo ai lavoratori autonomi e alle piccole e medie imprese di ricevere una proposta di pagamento delle imposte da parte dell’Agenzia delle Entrate. Questo accordo riguarda il pagamento delle imposte dovute nell’anno di conclusione dell’accordo e in quello successivo, coprendo un periodo di 24 mesi. L’obiettivo del Fisco è di coinvolgere maggiormente i contribuenti nel processo di accertamento tributario, determinando l’imposta da versare in collaborazione con il contribuente stesso.
Come funziona?
La “previsione di imposta” implica che, per un periodo di due anni, i contribuenti non paghino le tasse basandosi sui guadagni effettivi realizzati, ma su una stima elaborata dall’Agenzia delle Entrate. Questa stima si basa su diversi fattori, tra cui:
- le dichiarazioni dei redditi degli anni precedenti
- il settore di attività del contribuente
- le condizioni economiche generali
- il punteggio ISA, che valuta l’affidabilità fiscale del contribuente.
L’Agenzia delle Entrate utilizza un software specifico per calcolare il reddito futuro previsto e formulare una proposta di pagamento delle imposte. Questo sistema evita ai contribuenti che aderiscono al CPB di essere sottoposti a successivi accertamenti fiscali, a condizione che rispettino le imposte concordate.
L’adesione al CPB è stata avviata il 15 giugno per i soggetti che applicano gli Indici Sintetici di Affidabilità (ISA) e il 15 luglio per coloro che operano nel regime forfettario. Questi contribuenti hanno quindi la possibilità di beneficiare di questo accordo, accettando le condizioni proposte dall’Agenzia delle Entrate.
Ogni anno, entro il 15 marzo, l’Agenzia delle Entrate metterà a disposizione dei contribuenti specifici programmi per l’acquisizione dei dati necessari all’elaborazione della proposta di concordato. Questi programmi permettono ai contribuenti di fornire tutte le informazioni richieste in maniera dettagliata e accurata, facilitando il lavoro dell’Agenzia e garantendo una stima il più possibile precisa e aderente alla realtà economica del contribuente.
Concordato preventivo biennale e Partite IVA: quali sono le criticità?
Nonostante le sue potenzialità, questo nuovo provvedimento presenta alcune criticità. Come evidenziato da un calcolo elaborato sulle colonne del quotidiano Fanpage il problema principale è che le Partite IVA rischiano di pagare più tasse anche se guadagnano meno.
Questo dipende dal calcolo del reddito futuro, effettuato con un software dall’Agenzia delle Entrate, che tiene conto delle dichiarazioni degli ultimi anni, del settore di attività e della situazione economica generale. Un fattore determinante è il punteggio ISA, che valuta l’affidabilità fiscale con un voto da 1 a 10. Inizialmente, l’accesso al era riservato a chi aveva un punteggio superiore a 8, ma questo requisito è stato eliminato, permettendo a tutti di accedere, anche a chi è ritenuto meno affidabile.
Per chi ha un punteggio ISA alto, vicino al 10, la previsione di un leggero aumento delle entrate nei prossimi anni può rendere l’accordo vantaggioso, permettendo di pagare imposte concordate ed evitando accertamenti. Tuttavia, per chi ha un punteggio più basso, il concordato può risultare meno conveniente.
In caso di un calo delle entrate, si sarà comunque tenuti a pagare le tasse previste dall’accordo, anche se i guadagni effettivi saranno inferiori. Questo sistema può penalizzare coloro che, secondo l’Agenzia delle Entrate, hanno evaso parte delle entrate negli ultimi anni.
Per questo motivo sembra proprio che le Partite IVA debbano valutare con cura se aderire a questo accordo, considerando i potenziali vantaggi e svantaggi.