Ridurre i costi, incentivare i servizi fiscali online e migliorare la tax compliance. Queste le priorità delle amministrazioni tributarie di 56 Paesi (membri di Ocse, Unione europea e G20) analizzate nel report Tax administration 2015, pubblicato recentemente dall’organizzazione con sede a Parigi. Lo studio, giunto alla sua sesta edizione, ha incluso per la prima volta anche il Costa Rica, la Croazia, il Marocco e la Thailandia.
Gli elementi chiave per un’amministrazione efficiente
Anche per quest’anno la pubblicazione dell’Ocse offre una panoramica globale sul fisco, evidenziando le tendenze principali, le best practice e comparando il livello di performance dei vari Stati. I cambiamenti organizzativi hanno investito circa il 40% dei Paesi oggetto dell’analisi. Il 60% delle amministrazioni fiscali ha ridotto il personale, in modo significativo in Australia, Gran Bretagna e Usa. In altri Stati, come Portogallo, Repubblica Slovacca e Slovenia, è allo studio la creazione di un’unica Agenzia per fisco e dogane. In Grecia e Lituania, invece, è al varo la possibilità di accorpare la riscossione di tasse e contributi sociali. Molte istituzioni, inoltre, gestiscono anche attività non prettamente fiscali come, ad esempio, le agevolazioni sanitarie e quelle per famiglie e studenti. Sull’asse accentramento-delocalizzazione sono in gioco scelte diverse, se, ad esempio, le Repubbliche baltiche e la Finlandia hanno optato per una maggiore centralizzazione delle attività, Croazia, Grecia, Norvegia e Romania, invece, spingono per un rafforzamento delle strutture locali. Sul fronte organizzativo, il report evidenzia come l’85% delle istituzioni fiscali ha creato al proprio interno una divisione specializzata nella gestione dei grandi contribuenti. Per quanto concerne l’autonomia giuridica, economica e gestionale, la maglia nera spetta all’Unione europea, dove si concentra un numero elevato di Stati in cui le amministrazioni tributarie sono molto dipendenti dagli organi di governo centrali.
La digitalizzazione, una scelta ad ampio spettro
La maggioranza delle istituzioni ha intrapreso la strada della digitalizzazione, spingendo i contribuenti all’utilizzo dei servizi online rispetto ai canali tradizionali, sicuramente meno efficienti e più costosi. A guidare la classifica dei servizi più diffusi in rete è l’invio della dichiarazione dei redditi, presente nel 95% dei casi esaminati. Nonostante questo, la media della spesa per lo sviluppo delle infrastrutture tecnologiche sul totale del budget a disposizione rimane bassa, circa il 9%. A investire di più nell’It (Information technology) sono Austria, Finlandia, Singapore e Norvegia, con circa il 25% del budget complessivo. In realtà, numerosi enti tributari hanno scelto di esternalizzare le attività legate al digitale. Il report indaga anche sui rapporti tra istituzioni fiscali e intermediari: in oltre il 40% degli Stati non esistono norme che disciplinano il ruolo dei commercialisti e delle altre categorie che prestano assistenza fiscale ai contribuenti, quasi il 60% degli enti tributari, inoltre, non avvia consultazioni periodiche con i rappresentanti di questo settore.
I punti deboli
Dall’esame delle 56 amministrazioni fiscali emergono alcuni criticità diffuse. La prima riguarda la riscossione dell’Imposta sul valore aggiunto, con livelli ancora molto bassi rispetto a quelli esistenti nel periodo pre-crisi (prima del 2008). La seconda riguarda, invece, l’utilizzo della voluntary disclosure, la procedura di collaborazione volontaria su cui l’Ocse punta molto nell’ottica di una sempre maggiore compliance fiscale da parte dei cittadini. Secondo il report, nonostante lavoluntary sia sempre più diffusa (in circa due terzi dei Paesi Ocse), solo il 40% delle amministrazioni invita pubblicamente i contribuenti a utilizzarla, tanto che appena 11 Stati possiedono dati certi sull’uso di questo strumento.