settore statale, regime fiscaleL’ufficio finanziario non è tenuto a ricercare il contribuente fuori dal suo ultimo domicilio, mentre è onere di quest’ultimo segnalare all’amministrazione eventuali trasferimenti.

 

La disciplina della notifica degli atti tributari si fonda sul criterio del domicilio fiscale e sull’onere preventivo del contribuente di indicare all’ufficio tributario il proprio domicilio fiscale e di tenere tale ufficio costantemente informato delle eventuali variazioni, per cui il mancato adempimento, originario o successivo, di questa comunicazione legittima l’ufficio a eseguire le notifiche all’ultimo domicilio fiscale noto. Non è illegittimo, quindi, il procedimento notificatorio, quando viene seguita una modalità più garantista per il destinatario. Così si è espressa la Cassazione che, con la sentenza 23509 del 18 novembre 2016, ha rigettato il ricorso del contribuente, con conseguente condanna alle spese.

 

I fatti

 

Un contribuente presentava ricorso alla Commissione tributaria provinciale contro una cartella di pagamento, riguardante due avvisi di accertamento, relativi a recupero Irpef per gli anni d’imposta 1999 e 2000. Detti avvisi erano nel frattempo diventati definitivi perché, a suo tempo, non furono contestati, in quanto – a detta dell’interessato – mai ricevuti. La Ctp adita ha accolto il ricorso del contribuente, in quanto l’ufficio non aveva provato la rituale notifica degli atti propedeutici.

 

L’Agenzia delle Entrate si è appellata alla Commissione tributaria regionale che, accogliendo il gravame, ha dichiarato l’infondatezza della eccezione di nullità della notifica degli atti impugnati. In particolare, l’ufficio – secondo il giudice di secondo grado – aveva regolarmente documentato il tentativo di notifica, attraverso i messi comunali, nel luogo di residenza anagrafica del contribuente, mentre questi, pur avendone la possibilità, non aveva comunicato all’ufficio il trasferimento del proprio domicilio fiscale.

 

Il contribuente ha presentato ricorso per la cassazione della sentenza di appello, affidandosi a tre motivi.

 

La sentenza

 

La Cassazione ha ritenuto infondati i motivi dedotti dal contribuente, che, con il primo, ha contestato l’errata applicazione degli articoli 137, 138 e 139 del codice di procedura civile e dell’articolo 37, comma 27, legge 248/2006, per aver tempestivamente comunicato la variazione di domicilio nei “modelli fiscali”. Con il secondo motivo ha contestato l’errata applicazione dell’articolo 140 cpc, per la mancanza di prova certa dell’impossibilità di effettuare la notifica e perché l’avviso di ricevimento relativo alla comunicazione al destinatario dell’avvenuto deposito presso la casa comunale, era privo di sottoscrizione e anche dell’indicazione del soggetto a cui la raccomandata era stata consegnata.

 

Con il terzo, infine, ha dedotto l’errata applicazione degli articoli 137, 138 e 139 cpc, ritenendo che, seppure non avesse comunicato al fisco “l’abbandono” del comune di residenza, tale circostanza sarebbe stata priva di influenza sulle modalità di esecuzione del procedimento notificatorio, regolato dal codice di procedura civile.

 

I giudici di legittimità hanno facilmente risolto applicando il principio di diritto, più volte affermato dalla Corte suprema, secondo cui “la disciplina delle notificazioni degli atti tributari si fonda sul criterio del domicilio fiscale e sull’onere preventivo del contribuente di indicare all’ufficio tributario il proprio domicilio fiscale e di tenere detto ufficio costantemente informato delle eventuali variazioni, sicché il mancato adempimento, originario o successivo, di tale onere di comunicazione legittima l’ufficio procedente a eseguire le notifiche comunque nel domicilio fiscale per ultimo noto, eventualmente nella forma semplificata di cui all’articolo 60, Dpr 600/1973. Tuttavia, essendo tale disciplina posta a garanzia dell’Amministrazione finanziaria, cui non può essere addossato l’onere di ricercare il contribuente fuori del suo domicilio, la sua inosservanza non comporta, in ogni caso, l’illegittimità del procedimento notificatorio quando venga seguita una procedura più garantista per il contribuente” (cfr Cassazione 18934/2015, 25272/2014 e 1206/2011).

 

Con la sentenza in commento, la Cassazione ha specificato che la ratio decidendi del giudice di secondo grado verte sul fatto, peraltro non smentito, che l’ufficio ha più che dimostrato “che il contribuente non ha mai comunicato la variazione di residenza come indicata in ricorso introduttivo … (presso altro comune) ma ha indicato tutta una serie di diverse residenze”, per cui non è censurabile nemmeno l’affermazione dello stesso giudice secondo cui la notificazione è stata validamente eseguita in luogo diverso da quello di residenza, secondo le forme previste dall’articolo 140 cpc, mediante deposito presso la casa comunale e l’affissione dell’avviso del deposito nell’albo del comune, visto l’esito infruttuoso del tentativo effettuato presso l’ultimo indirizzo noto e cioè alla “vecchia” residenza del contribuente, non avendo il destinatario comunicato all’Amministrazione le variazioni o altri recapiti utili a consentire una diversa forma di notificazione.

 

Ulteriori osservazioni

 

In materia di notificazione, l’articolo 140 cpc prevede che, nell’impossibilità di effettuare la consegna per irreperibilità (articoli 138 e 148, cpc) o per incapacità o rifiuto delle persone rinvenute in loco (familiare o addetto alla casa, all’ufficio o all’azienda, di età superiore ai 14 anni e non palesemente incapace), l’ufficiale giudiziario deve depositare copia nella casa del comune dove la notifica deve essere eseguita, affiggendo avviso del deposito in busta chiusa e sigillata alla porta dell’abitazione o dell’ufficio o dell’azienda del destinatario, e gliene dà notizia per raccomandata con avviso di ricevimento.

 

La raccomandata “informativa”, peraltro, non sostituisce l’atto da notificare, ma contiene solo la “notizia” del suo avvenuto deposito presso la casa comunale. In virtù di questa sua natura, non è necessario, per la sua consegna, ricorrere all’ufficiale giudiziario, al messo comunale o ai messi speciali autorizzati dall’Amministrazione (legge 890/1982), basta solo che siano rispettate le disposizioni del regolamento postale per la raccomandata ordinaria (cfr Cassazione, 26864/2014).