InvimCome noto, il Dlgs n. 504/1992, nell’istituire l’imposta comunale sugli immobili (Ici), aveva previsto al sesto comma dell’articolo17 che, con effetto dal 1° gennaio 1993, era soppressa l’imposta comunale sull’incremento di valore degli immobili (Invim), la quale imposta continuava a essere dovuta nel caso in cui il presupposto di applicazione di essa si fosse verificato entro il 31 dicembre 1992.

 

A sua volta, il settimo comma dell’articolo 17 dispose che l’imposta comunale sull’incremento di valore degli immobili continuava a essere dovuta – con le aliquote massime e l’integrale acquisizione del relativo gettito al bilancio dello Stato – anche nel caso in cui il presupposto si fosse verificato tra il 1° gennaio 1993 e il 1° gennaio 2003.

 

In tal ultima ipotesi, il legislatore del 1992 si era preoccupato di prevedere alla lettera a) – per quanto in questa sede interessa – che, limitatamente all’incremento di valore maturato fino al 31 dicembre 1992, “il valore finale, da indicare nella dichiarazione, è assunto in misura pari a quello dell’immobile alla data del 31 dicembre 1992”, ossia seguendo le ordinarie regole di determinazione di tale imposta locale.

 

La controversia oggetto della decisione di legittimità in commento (n. 16020/2015) attiene all’individuazione del valore finale di un immobile condotto in locazione finanziaria nel periodo a cavallo della data di abrogazione dell’Invim e oggetto di riscatto anteriormente al 31 dicembre 2002, ossia prima che scadesse il periodo transitorio di applicazione dell’Invim straordinaria fissato nel decennio 1° gennaio 1993 – 31 dicembre 2002.

 

La Corte territoriale di secondo grado, ribaltando quanto statuito da quella di prima istanza, ha ritenuto, in primo luogo, che l’incremento di valore dell’immobile già oggetto di locazione finanziaria non potesse che determinarsi sulla base dei valori iniziali e finali risultanti dalle fatture soggette a Iva e, in secondo luogo, che risulta precluso all’ufficio finanziario alcun giudizio di congruità sul valore del bene.

 

Tali asserzioni risultano rafforzate per il giudice di merito di seconda cura dall’esclusione che “durante il periodo di locazione finanziaria l’immobile subisca un incremento di valutazione perché, essendo contrattualmente sottoposto alla potestà di riscatto da parte del conduttore, il suo valore finale non potrà che essere quello stabilito al momento della stipula del programma finanziario”.

 

La sentenza del Supremo collegio in rassegna, invece, rigetta tale interpretazione ritenendo, ai fini della determinazione dell’imponibile Invim in caso di esercizio dell’opzione di riscatto da parte dell’utilizzatore, decisivo distinguere, a seconda che il presupposto si sia verificato entro o dopo il 31 dicembre 1992, come già affermato dalla propria giurisprudenza pur citata – evidentemente a sproposito – dalla pronuncia di merito.

 

Infatti, la Commissione tributaria regionale aveva individuato nella sentenza di legittimità 18 aprile 2001, n. 5711 – peraltro di conferma di quanto dettato già dalla decisione della suprema Corte 1° agosto 2000, n. 10045 – il proprio referente motivazionale, senza addonarsi della sua inapplicabilità, atteso che l’opzione di riscatto era stata esercitata il 24 dicembre 1997, ossia successivamente al 31 dicembre 1992.

 

Ne consegue l’applicazione del principio di diritto già affermato secondo il quale, in ipotesi di riscatto verificatosi successivamente a tale data, il valore finale del bene, ai sensi dell’articolo 17, comma 7, lettera a), del Dlgs n. 504/1992, non può essere fatto coincidere con il cosiddetto prezzo del riscatto, pur maggiorato dei canoni periodicamente versati dall’utilizzatore, ma con il suo valore di mercato.

 

Infine, deve evidenziarsi come la sentenza della Corte regolatrice del diritto in nota, nel rinviare la controversia al giudice di merito, abbia precisato che il giudice del rinvio “potrà stimare il valore di mercato del bene alla predetta data anche in misura superiore a quella dichiarata in atto dalla venditrice (pari al prezzo di riscatto maggiorato dei canoni versati nel contempo dall’utilizzatore), ove a quella data fosse effettivamente superiore a quello indicato dalla contribuente, sebbene inferiore a quello accertato dall’Ufficio con l’avviso di accertamento impugnato”.