catasto, fiscoL’imposta di registro è dovuta in misura proporzionale – anziché fissa – se all’atto della cessione l’immobile era ancora in fase di ristrutturazione, nonché privo di categoria catastale. Il requisito necessario per l’applicabilità dell’imposta in misura fissa è la destinazione a uso abitativo, requisito che deve sussistere al momento del trasferimento. A chiarirlo, la Corte di cassazione con sentenza n. 24258 del 27 novembre 2015.

 

Il fatto

 

Una società operante nel settore delle costruzioni cedeva ad altra società un complesso immobiliare. L’ufficio fiscale notificava a entrambe le parti un avviso di liquidazione, con il quale chiedeva il pagamento della somma dovuta a titolo di imposta di registro proporzionale nonché ipotecaria e catastale, in quanto la cessione era stata, a suo dire, erroneamente assoggettata a Iva e, quindi, a imposta di registro in misura fissa. A giudizio dell’ufficio, la tariffa delle imposte ipotecaria e catastale poteva essere applicata in misura fissa unicamente se l’immobile fosse stato trasferito con destinazione a uso abitativo, mentre nella fattispecie si trattava di bene strumentale.
 

Investita della questione, la Ctp accoglieva il ricorso. Di contro, la Commissione tributaria regionale, in riforma della decisione della provinciale, annullava l’avviso, ritenendo che oggetto della cessione fossero fabbricati abitativi.
 

La questione approda, dunque, in Cassazione su ricorso dell’Amministrazione finanziaria, affidato a un solo motivo: violazione e falsa applicazione dell’articolo 1-bis della tariffa allegata al Dlgs 347/1990, e dell’articolo 10, comma 1, del Dlgs 347/1990.
 

La decisione

 

L’assunto erariale convince la suprema Corte che accoglie il ricorso, con rinvio della causa al giudice di secondo grado per un nuovo giudizio. La Cassazione rileva la natura strumentale del complesso immobiliare ceduto, poiché “le trentaquattro unità immobiliari oggetto della cessione, elencate nel contratto, si trovavano in fase di ristrutturazione e successivo frazionamento e cambio di destinazione al fine di ricavarne 19 alloggi residenziali e quindi erano destinate a divenire unità abitative e cantine in fieri”; tale circostanza non poteva giustificare l’applicazione dell’imposta di registro in misura fissa anziché proporzionale, “in quanto”, si legge nella sentenza “all’atto della cessione non era ancora ultimata la fase di ristrutturazione e l’immobile era sprovvisto di categoria catastale e quindi oggettivamente carente del requisito necessario (uso abitativo) per godere dell’imposta di registro in misura fissa”.

 

La disciplina dell’imposta di registro, ricordano i giudici, è imperniata sul canone, stabilito dall’articolo 20 del Dpr 131/1986, secondo cui “l’imposta è applicata secondo la intrinseca natura e gli effetti giuridici, degli atti presentati alla registrazione, anche se non vi corrisponda il titolo o la forma apparente”; in sostanza, occorre guardare allo scopo in concreto perseguito dalle parti contraenti. L’articolo 20, nel riferire l’intrinseca natura e gli effetti giuridici all’atto presentato alla registrazione, commisura la tassazione alla situazione giuridica prodotta dal singolo atto (o meglio, alla situazione giuridica che il singolo atto è obiettivamente in grado di produrre). In tal modo, la norma, nell’imposizione del negozio, dà rilievo preminente “alla sua causa reale ed alla effettiva regolamentazione degli interessi realmente perseguita dai contraenti” (Cassazione, nn. 1405/2013, 23584/2012, 10273/2007, 10660/2003 e 2713/2002).
Appurata la natura strumentale del bene, la Corte ha confermato l’imposta di registro in misura proporzionale.

 

Ai fini della disciplina Iva, per “fabbricati strumentali per natura” si intendono quelli che, “per le loro caratteristiche, non sono suscettibili di diversa utilizzazione senza radicali trasformazioni”, individuati catastalmente nelle categorie B, C, D, E, A/10. In generale, le operazioni di cessione di fabbricati strumentali sono esenti Iva, ai sensi dell’articolo 10, comma 1, n. 8-ter, del Dpr 633/1972, a eccezione delle cessioni effettuate dalle imprese costruttrici o ristrutturatrici entro cinque anni dalla data di ultimazione della costruzione o dell’intervento e delle cessioni per le quali nel relativo atto il cedente abbia espressamente manifestato l’opzione per l’imposizione. In pratica, la cessione di fabbricati strumentali ultimati è imponibile Iva se effettuata, dall’impresa che li ha costruiti o vi ha effettuato interventi di recupero, entro i cinque anni dall’ultimazione della costruzione o dell’intervento; in tutti gli altri casi, è esente, salvo opzione espressa per l’imponibilità.

 

Al riguardo, si segnala la circolare 12/2007, nella quale si afferma che “la cessione dei fabbricati (su cui sono stati realizzati lavori) non ancora ultimati, effettuata da un soggetto passivo d’imposta, deve ritenersi esclusa dall’ambito applicativo del comma 1, n. 8-bis) e 8-ter), dell’articolo 10 del D.P.R. n. 633 del 1972, ed essere in ogni caso assoggettata ad IVA, trattandosi di un bene che va considerato ancora come appartenente al circuito produttivo”. In tali casi, il principio di alternatività Iva/Registro porterebbe all’applicazione dell’imposta di registro in misura fissa; invece, gli immobili strumentali, ai sensi del combinato disposto dell’articolo 40 del Tur e dell’articolo 5, comma 1, lettera a-bis), della Tariffa, parte prima, del medesimo Testo unico, scontano l’imposta di registro in misura proporzionale (1%), indipendentemente dal regime Iva d’imponibilità o di esenzione al quale l’operazione è soggetta (cfr circolare 4/2015).

 

I giudici, nel caso in esame, hanno fatto corretta applicazione del dato normativo, escludendo l’imposta di registro in misura fissa, essendo emersa con evidenza la natura strumentale del bene interessato, anche se in fase di ristrutturazione e sprovvisto d’inquadramento catastale.