La Cassazione chiude la porta all’esenzione IMU per le scuole paritarie che chiedono rette non simboliche, le attività didattiche “a pagamento” non sono coperte.


La pronuncia arriva a seguito del ricorso presentato da un istituto religioso che gestisce una scuola paritaria. L’istituto aveva chiesto l’esenzione IMU per l’immobile adibito a scuola, ma il Comune gliel’aveva negata ritenendo la retta annuale di 1.400,00 euro non simbolica.

Per questo motivo si è arrivati al ricoso in Cassazione: qui di seguito sintetizziamo il contenuto della pronuncia giuridica e i suoi effetti.

Niente esenzione IMU per attività didattiche “a pagamento”: parola della Cassazione

La Corte di Cassazione ha confermato la decisione del Comune, specificando che il requisito della “retta simbolica” deve essere interpretato in modo rigoroso. Non è sufficiente, infatti, che la retta sia inferiore al costo effettivo del servizio scolastico. Deve essere veramente irrisoria, tale da non poter essere considerata un compenso. In pratica, la retta non deve superare un limite di congruità, tale da non poter essere considerata un corrispettivo per l’insegnamento.

La Corte infatti ha precisato che il decreto ministeriale 26 giugno 2014, che indica un parametro per la valutazione della retta simbolica, non è vincolante. Secondo questo testo la retta poteva essere considerata simbolica se non supera il 50% del costo sostenuto dalle scuole statali per un servizio equivalente.

L’esenzione IMU, infatti, è stata istituita per le scuole che svolgono un’attività di interesse generale senza scopo di lucro. Se la retta è troppo alta, però, la scuola potrebbe trarre un profitto dall’attività didattica, perdendo così il diritto all’esenzione.

La Corte non ha pertanto fornito una definizione specifica di “retta simbolica“, lasciando intendere che la valutazione sarà fatta caso per caso, tenendo conto di diversi fattori, tra cui:

  • il costo effettivo del servizio scolastico
  • le condizioni socio-economiche delle famiglie degli studenti
  • e la natura stessa della scuola.

In quali casi sussiste l’esezione IMU per “attività didattiche”?

L’esenzione IMU per le “attività didattiche” è prevista dall’articolo 759, comma 7, lettera g) della Legge 160/2019. Per beneficiare di questa esenzione, è necessario che siano soddisfatte due condizioni fondamentali:

  • Soggetto: l’immobile deve essere posseduto e utilizzato da un ente non commerciale del Terzo Settore. Ciò significa che l’ente deve essere iscritto al Registro Unico Nazionale del Terzo Settore (RUNTS) e deve svolgere le proprie attività senza scopo di lucro.
  • Attività: l’immobile deve inoltre essere utilizzato esclusivamente per lo svolgimento di attività didattiche. La norma non fornisce una definizione precisa di “attività didattiche”, ma rimanda alla legge 53/2003 (Riforma Moratti). In generale, si possono intendere come attività didattiche quelle dirette all’istruzione e alla formazione, che si svolgono in modo ordinato e sistematico, con l’obiettivo di trasmettere conoscenze e competenze.

Inoltre, è importante sottolineare che l’esenzione IMU non si applica a tutti gli immobili utilizzati per attività didattiche. Ad esempio, non sono esenti gli immobili utilizzati per corsi di formazione professionale o per attività di tutoraggio privato.

La questione delle paritarie gestite da enti religiosi

La recente sentenza della Cassazione sull’IMU per le scuole paritarie ha riacceso il dibattito sul ruolo di queste scuole nel sistema educativo italiano.

In particolare, le scuole paritarie gestite da enti religiosi sollevano diverse questioni che meritano un’attenta riflessione critica.

Uno dei principali aspetti da considerare è la questione dell’equità. Le rette pagate dagli studenti di queste scuole possono essere elevate, rendendole di fatto inaccessibili a molte famiglie. Questo potrebbe comportare una creazione di un sistema scolastico a due velocità, con studenti provenienti da famiglie benestanti che frequentano scuole paritarie religiose e studenti provenienti da famiglie meno abbienti che frequentano le scuole pubbliche.

Un altro punto critico è quello della libertà di insegnamento.  Se da un lato è giusto che le scuole paritarie religiose possano trasmettere i propri valori e principi, dall’altro è importante che ciò non avvenga a discapito della libertà di pensiero degli studenti. È fondamentale che gli studenti di queste scuole siano esposti a una pluralità di opinioni e che non siano indotti ad aderire acriticamente a una visione unica del mondo.

Infine c’è la questione del finanziamento pubblico. Le scuole paritarie religiose ricevono contributi statali, che alimentano il dibattito sul principio di sussidiarietà e sul ruolo dello Stato nell’istruzione. Alcuni sostengono che lo Stato debba garantire un’istruzione pubblica di qualità a tutti i cittadini, senza dover finanziare scuole private, anche se confessionali. Altri invece ritengono che il finanziamento pubblico alle scuole paritarie sia giustificato dal fatto che queste offrono un servizio di interesse pubblico.

Il testo della sentenza

Qui il documento completo.