L’articolo 1 del Dlgs 5 agosto 2015, n. 128, recante Disposizioni sulla certezza del diritto nei rapporti tra fisco e contribuente, detta la nuova disciplina dell’abuso del diritto, nell’ambito dell’attuazione della delega fiscale, di cui alla legge 23/2014 (Delega al Governo recante disposizioni per un sistema fiscale più equo, trasparente e orientato alla crescita). In particolare, l’articolo 5 della legge delega attribuisce al governo il compito di procedere alla revisione delle vigenti disposizioni antielusive “al fine di unificarle al principio generale del divieto dell’abuso del diritto”, in aderenza ai principi e ai criteri direttivi contenuti nella raccomandazione della Commissione europea sulla pianificazione fiscale aggressiva n. 2012/772/Ue del 6 dicembre 2012.
L’applicazione della normativa previgente, essenzialmente contenuta nell’articolo 37-bis del Dpr 600/1973, è stata particolarmente travagliata, rilevandosi insufficiente a individuare in maniera certa e precisa le fattispecie di condotta abusiva fiscalmente illecite. Alle lacune legislative si sono aggiunti i contrastanti orientamenti giurisprudenziali, nazionali e comunitari. Ciò ha generato un contesto di profonda incertezza e instabilità.
Per far fronte a tali inconvenienti, il governo è stato delegato ad adottare una normativa chiara ed esaustiva, in grado di determinare “senza ambiguità i connotati dell’abuso e le modalità dell’uso distorto degli strumenti negoziali, in sostituzione del richiamato art. 37 bis”. Come si legge nella relazione illustrativa al Dlgs 128/2015, l’obiettivo perseguito dal legislatore è quello “di dare maggiore certezza al quadro normativo in tema di elusione-abuso del· diritto, di evitare che gli uffici esercitino i loro poteri di accertamento senza precise linee guida limitandosi a invocare il principio generale antiabuso e, soprattutto, di sganciare la dimostrazione della sussistenza della sostanza economica delle operazioni dalla sfera dei motivi della condotta, oggettivizzandola nel senso dell’effettività”.
Il nuovo articolo 10-bis dello Statuto dei diritti del contribuente
Il comma 1 dell’articolo 1 del Dlgs 128/2015 inserisce nello Statuto dei diritti del contribuente (legge 212/2000), il nuovo articolo 10-bis, rubricato Disciplina dell’abuso del diritto o elusione fiscale, che consta di 13 commi. Al contempo, il comma 2 dispone l’abrogazione dell’articolo 37-bis del Dpr 600/1973, stabilendo altresì che le disposizioni che lo richiamano si intendono riferite all’articolo 10-bis, in quanto compatibili.
Innanzitutto, vi è da sottolineare che, per effetto delle nuove disposizioni, abuso del diritto ed elusione fiscale vengono unificati in un unico concetto a valenza generale, con riguardo a tutti i tributi (imposte sui redditi e imposte indirette), fatta salva la speciale disciplina prevista in materia doganale. Pertanto, i due termini possono essere considerati equipollenti e utilizzati indifferentemente.
Il comma 1 del nuovo articolo 10-bis contiene una sintetica, ma completa definizione di abuso del diritto, in base alla quale “configurano abuso del diritto una o più operazioni prive di sostanza economica che, pur nel rispetto formale delle norme fiscali, realizzano essenzialmente vantaggi fiscali indebiti”. Tre, quindi, sono i presupposti per la sussistenza dell’abuso: assenza di sostanza economica dell’operazione, realizzazione di un vantaggio fiscale indebito, la circostanza che l’indebito vantaggio fiscale è l’effetto essenziale dell’operazione.
Le operazioni abusive non sono opponibili all’amministrazione finanziaria, che ne disconosce i vantaggi, determinando i tributi sulla base delle norme e dei principi elusi e tenuto conto di quanto versato dal contribuente per effetto delle medesime operazioni. In altri termini, i negozi giuridici posti in essere per effetto della condotta abusiva non sono nulli, ma solo inefficaci ai fini tributari.
Il comma 2 chiarisce che sono operazioni prive di sostanza economica “i fatti, gli atti e i contratti, anche tra loro collegati, inidonei a produrre effetti significativi diversi dai vantaggi fiscali”. Si considerano vantaggi fiscali indebiti “i benefici, anche non immediati, realizzati in contrasto con le finalità delle norme fiscali o con i principi dell’ordinamento tributario” (sia delle norme interne sia di quelle sovranazionali aventi efficacia nell’ordinamento interno).
In base al comma 3, invece, non possono in ogni caso essere ritenute abusive “le operazioni giustificate da valide ragioni extrafiscali non marginali, anche dettate da esigenze di ordine organizzativo o gestionale, che rispondono a finalità di miglioramento strutturale o funzionale dell’impresa o dell’attività professionale del contribuente”.
Tuttavia, viene ribadito il principio generale secondo cui il contribuente può legittimamente perseguire un risparmio di imposta, scegliendo tra regimi opzionali diversi previsti dall’ordinamento e tra operazioni da cui derivi un diverso carico fiscale (comma 4).
Il comma 5 prevede la possibilità per il contribuente di presentare un’istanza di interpello preventivo all’Agenzia delle Entrate, ai sensi dell’articolo 11 dello Statuto dei diritti del contribuente, al fine di conoscere se le operazioni che intende realizzare, o che siano state realizzate, costituiscano fattispecie di abuso del diritto. La relativa istanza deve essere prodotta prima della scadenza dei termini per la presentazione della dichiarazione o per l’assolvimento di altri obblighi tributari connessi alla fattispecie cui essa si riferisce.
I commi da 6 a 9 dettano le regole procedimentali dirette a garantire un efficace ed effettivo confronto tra amministrazione finanziaria e contribuente, il cui diritto alla difesa deve essere compiutamente salvaguardato. Il procedimento ivi delineato costituisce l’unica modalità attraverso cui l’abuso del diritto può essere rilevato e accertato. Innanzitutto, viene stabilito che l’abuso del diritto è accertato con “apposito atto”, preceduto, a pena di nullità, dalla notifica al contribuente di una richiesta di chiarimenti da fornire entro il termine di 60 giorni, in cui sono indicati i motivi per i quali si ritiene configurabile una fattispecie di abuso.
L’atto impositivo deve essere specificamente motivato, a pena di nullità, in relazione alla condotta abusiva, alle norme o ai principi elusi, agli indebiti vantaggi fiscali realizzati, nonché ai chiarimenti eventualmente forniti dal contribuente. L’“apposito atto” di accertamento dell’abuso non può contenere altri eventuali addebiti, i quali, pertanto, dovranno essere separatamente contestati. Nell’ambito del procedimento di accertamento dell’abuso del diritto, l’amministrazione finanziaria ha l’onere di dimostrare la sussistenza della condotta abusiva, non rilevabile d’ufficio; mentre grava sul contribuente l’onere di provare l’esistenza delle valide ragioni extrafiscali poste alla base delle operazioni effettuate.
In caso di ricorso, i tributi o i maggiori tributi accertati in applicazione della disciplina dell’abuso del diritto, unitamente ai relativi interessi, sono iscritti a ruolo dopo la sentenza della Commissione tributaria provinciale (comma 10).
Il comma 11 disciplina i diritti dei contribuenti che non hanno partecipato all’operazione abusiva, ma hanno sostenuto oneri tributari relativamente a tale operazione. Essi possono ottenere la restituzione di quanto pagato, presentando apposita istanza di rimborso all’Agenzia delle Entrate.
In sede di accertamento, l’abuso del diritto può essere configurato solo se i vantaggi fiscali non possono essere disconosciuti contestando la violazione di specifiche disposizioni tributarie (comma 12). Tale norma conferma che la disciplina dell’abuso del diritto ha applicazione solo residuale rispetto alle disposizioni concernenti la simulazione o i reati tributari (in particolare, l’evasione e la frode); fattispecie che vanno perseguite con gli strumenti che l’ordinamento specificamente prevede.
Infine, il comma 13 chiarisce che le condotte abusive non sono penalmente punibili, ferma restando l’applicazione delle sanzioni amministrative tributarie. Le disposizioni dettate dal nuovo articolo 10-bis avranno efficacia a decorrere dal prossimo 1° ottobre. La nuova disciplina, inoltre, si applicherà anche alle operazioni poste in essere prima di tale data, per le quali, entro la medesima data, non sia stato notificato il relativo atto impositivo.