credito-investimenti-beni-strumentali-riscatto-leasingÈ ormai un principio consolidato quello che riguarda l’acquisto dei beni in proprietà o in leasing ai fini del credito di imposta investimenti in beni strumentali nuovi (Art.1 co.185 a 197 Legge 160/2019).


Il documento di prassi – circolare 9/E del 23 luglio 2021 (Credito d’imposta per investimenti in beni strumentali nuovi – Articolo 1, commi da 1051 a 1063, della legge 30 dicembre 2020, n. 178 Legge di bilancio 2021) – ricorda come la rilevanza delle operazioni di locazione finanziaria sia riconosciuta sulla base di un principio di “sostanziale” equivalenza tra l’acquisto e l’acquisizione del bene stesso tramite contratto di leasing (cfr. risoluzione n. 4/E del 7 gennaio 2009).

Tale criterio è finalizzato ad assicurare nel tempo, in relazione alle mutevoli condizioni di mercato, la necessaria neutralità fiscale della scelta aziendale tra acquisizione dei beni in proprietà o in leasing.

Lo stesso comma 1054 della legge di bilancio 2021 prevede che per i beni in leasing il credito d’imposta è calcolato assumendo il costo sostenuto dal locatore per l’acquisto dei beni.

Credito imposta investimenti in beni strumentali nuovi: la controversia sul riscatto leasing

A differenza del precedente super e iper-ammortamento, il credito d’imposta, in quanto tale, è parametrato tout court al costo di acquisizione del bene.

Secondo l’Agenzia il riferimento al “costo per l’acquisto del bene”, anche nel caso di investimenti effettuati mediante contratto di locazione finanziaria, rende omogeneo il criterio di determinazione del credito d’imposta spettante sia che si proceda con l’acquisto in proprietà che con l’acquisizione del bene in leasing.

Da tutto quanto ne consegue che, ai fini della determinazione del credito d’imposta spettante, non assume alcuna rilevanza il prezzo di riscatto dallo stesso pagato all’atto di esercizio del diritto di opzione.

Il comma 1060 della legge di bilancio 2021 prevede che il credito d’imposta debba essere corrispondentemente ridotto (recapture) nell’ipotesi in cui «i beni agevolati sono ceduti a titolo oneroso o sono destinati a strutture produttive ubicate all’estero, anche se appartenenti allo stesso soggetto» entro il 31 dicembre del secondo anno successivo a quello di entrata in funzione ovvero a quello di avvenuta interconnessione (“periodo di sorveglianza”).

Tuttavia, il documento di prassi continua nella sua narrazione affermando che “nel caso di investimenti effettuati mediante contratto di locazione finanziaria, il mancato esercizio del diritto di riscatto così come la cessione del contratto di leasing durante il “periodo di sorveglianzacostituiscono causa di rideterminazione dell’incentivo…”.

Sembra, da un’interpretazione restrittiva, che l’Agenzia stia asserendo che se l’imprenditore non riscatta il bene entro il secondo anno dalla sua entrata in funzione, ovvero dalla interconnessione, il credito rischia di essere ridotto o addirittura revocato.

Conclusioni

Nell’affermare quanto detto sopra l’Agenzia delle entrate non tiene conto del fatto che il presupposto del leasing è proprio quello di dilazionare un investimento importante in un arco temporale più ampio  da non sottoporre l’azienda ad uno “stress finanziario”. Così facendo un contratto di leasing la cui durata media è pari a 60 mesi, verrebbe ridotto a 24 mesi.

Secondo documenti di prassi (vedi circolare n. 38 del 2002) l’alternativa potrebbe essere quella di inserire una clausola contrattuale che obblighi al riscatto finale. Anche in quest’ultimo caso si sta mettendo in atto una forzatura dal momento che il riscatto è solo un’opzione e non un obbligo per il locatario-utilizzatore del bene.

È chiaro che se l’intento che muove l’Agenzia è quello di far mantenere il bene in azienda per almeno il periodo di sorveglianza, un contratto di leasing con durata superiore a due anni dovrebbe già da sè aver soddisfatto tale requisito.

 


Fonte: articolo del Dott. Carlo De Luca e del Dott. Giuseppe Saporita - Commissione UNGDCEC Finanza agevolata e fondi europei