Le Amministrazioni Comunali alle prese con una missiva di PagoPA che ha un po’ generato preoccupazione: sarebbero state rilevate delle non conformità in merito a requisiti ed obiettivi per ottenere i contributi del Fondo Innovazione. Scopriamone di più.
Alcuni Comuni hanno ricevuto infatti direttamente da PagoPA una missiva riguardante l’Avviso Pubblico per l’assegnazione di contributi economici ai Comuni italiani volto a facilitare e ottimizzare la transizione digitale nelle Amministrazioni (cosiddetto “Fondo Innovazione”).
La missiva ha preoccupato gli Enti che l’hanno ricevuta, poiché all’interno della medesima era contenuto una sorta di “alert” relativo al mancato raggiungimento degli obiettivi e dei requisiti per cui risultano erogati i contributi.
Scopriamo nello specifico di cosa si tratta e quale può essere una risposta che possa rassicurare gli Enti coinvolti.
I contributi del Fondo Innovazione
Le risorse del Fondo per l’innovazione tecnologica e la digitalizzazione sono state destinate ai Comuni per sostenere la trasformazione digitale degli Enti sui territori a più stretto contatto con cittadini e imprese.
Questi contributi hanno lo scopo di supportare tutti i Comuni italiani – fatta eccezione per i Comuni che hanno aderito ad accordi Regionali con finalità analoghe a quelle individuate dall’Avviso Pubblico – che, come previsto dal Decreto Semplificazione e Innovazione digitale (DL n. 76/2020), sono chiamati a espletare le attività necessarie per:
- rendere accessibili i propri servizi attraverso il sistema SPID;
- portare a completamento il processo di migrazione dei propri servizi di incasso verso la piattaforma pagoPA;
- rendere fruibili ai cittadini i propri servizi digitali tramite l’App IO.
Sono stati oltre 5.500 i Comuni che hanno richiesto di accedere ai contributi, a conferma della rinnovata attenzione per il digitale da parte delle amministrazioni locali.
Il testo della missiva
Nello specifico il documento inviato da PagoPA alle Amministrazioni Comunali redarguisce le stesse sostenendo che, dalle verifiche effettuate, emergerebbero le seguenti criticità:
- risulterebbe un numero di servizi di incasso totali del Comune inferiore alla tassonomia indicata sullo stesso portale di PagoPA a questo link. In tal caso il numero espressamente citato è di 50 unità
- il numero di servizi di incasso dichiarato sarebbe inferiore a quello rilevato sul nodo dei pagamenti
- la percentuale di migrazione dei servizi di incasso dichiarata sarebbe del 100% (una percentuale inverosimile in quanto alcuni servizi di incasso non possono essere effettuati tramite la piattaforma di PagoPA)
- e infine alcuni servizi di incasso non sarebbero stati dichiarati tra i servizi di incasso totali.
Ciò detto PagoPA informa i Comuni che le pratiche viziate da questo tipo di non conformità sono automaticamente retrocesse allo stato di “Bozza”, e invita gli stessi soggetti interessati di verificare e, subito dopo, confermare o rettificare i dati entro 30 giorni dalla comunicazione avvenuta, pena l’esclusione della richiesta dell’80% del contributo.
A questo link potete consultare il testo completo della missiva.
Una risposta per rassicurare gli Enti coinvolti
In merito alla spinosa questione, che ha messo in difficoltà le amministrazioni che hanno ricevuto le notifiche di non conformità, PagoPA ha specificato che, in primo luogo, quella soglia inferiore ai 50 servizi di riscossione è semplicemente calcolata a fini statistici.
Pertanto, in tal caso, i Comuni devono dichiarare solo i servizi di riscossione effettivamente utilizzati.
Nel caso di Comuni, invece, che hanno proceduto nuovamente all’invio della pratica del fondo innovazione, inserendo magari dei servizi che non gestiscono, risulta comunque possibile inviare una mail a segnalazioni.fondoinnovazione@pec.pagopa.it, con allegato una richiesta firmata dal rappresentante legale dell’ente, chiedendo la retrocessione della domanda del fondo innovazione in bozza.
Ovviamente l’invio di questa PEC deve essere espletato esclusivamente tramite la PEC del comune registrata sull’IPA (Indice delle Pubbliche Amministrazioni).
Infine si aggiunge che per coloro che non hanno inserito l’IMU come servizio di riscossione esso va sì inserito come tale, ma denominato sotto “servizio di riscossione non attivato” poiché viene pagato tramite modello F24.
Fonte: articolo di redazione lentepubblica.it