Con la sentenza 195/2024, la Consulta ha sancito l’illegittimità di una norma contenuta nella manovra, in particolare nella parte in cui non salvaguarda le spese per la sanità e i servizi sociali.


La decisione, scaturita dal ricorso presentato dalla Regione Campania, stabilisce che, in caso di mancato versamento del contributo di 350 milioni di euro da parte delle Regioni, le riduzioni di spesa debbano essere applicate prioritariamente a voci meno sensibili, evitando di intaccare risorse fondamentali come quelle destinate al sistema sanitario.

Per la Consulta la Manovra non deve “toccare” le spese per la sanità

La Corte Costituzionale, nella sentenza n. 195 del 2024, ha confermato la centralità del diritto alla salute sancito dall’articolo 32 della Costituzione italiana.

Questo principio assume un peso specifico in un contesto sociale in cui le fasce più vulnerabili, prive di mezzi per accedere a cure a pagamento, dipendono interamente dal sistema sanitario pubblico.

Un diritto fondamentale e irrinunciabile

Secondo i giudici, sacrificare la spesa sanitaria per far fronte a esigenze di bilancio equivarrebbe a ledere un diritto umano essenziale, rendendo impossibile soddisfare bisogni primari di tutela della persona.

In un quadro di risorse finanziarie scarse e pressioni derivanti dai vincoli dell’Unione Europea, la Corte ha ribadito l’importanza di preservare le risorse destinate al settore sanitario. Ha evidenziato che, se tagli alla spesa pubblica si rendono inevitabili, questi devono interessare settori meno rilevanti e non il sistema sanitario, che costituisce la base per il rispetto della dignità umana.

La cornice normativa e le criticità evidenziate

La sentenza si concentra sui commi 527 e 557 dell’articolo 1 della legge n. 213 del 2023, che disciplina il bilancio di previsione dello Stato per il 2024. La norma consente al governo di ridurre le risorse spettanti alle Regioni in caso di mancato versamento del contributo stabilito per il riequilibrio dei conti pubblici. Tuttavia, non prevede esplicitamente l’esclusione dei fondi destinati a diritti sociali e sanitari da queste riduzioni.

La Corte ha riconosciuto la legittimità del meccanismo generale di contributo delle Regioni agli obiettivi di finanza pubblica, sottolineando che esso risponde a esigenze di sostenibilità economica condivisa. Tuttavia, ha ritenuto indispensabile un correttivo per evitare che si adottino “tagli al buio” che possano pregiudicare risorse cruciali per i diritti fondamentali. Questo giudizio emerge come risposta al ricorso presentato dalla Regione Campania, che aveva sollevato dubbi di legittimità costituzionale.

Un invito al legislatore: equità e trasparenza

La Corte non si è limitata a dichiarare l’incostituzionalità di alcune disposizioni, ma ha indirizzato un forte monito al legislatore. Ha chiesto l’introduzione di meccanismi più trasparenti ed equi per la ripartizione dei contributi regionali, sottolineando la necessità di raccogliere dati accurati sulla sostenibilità economica degli importi richiesti alle Regioni. Inoltre, ha evidenziato l’importanza di un coinvolgimento attivo della Conferenza permanente per il coordinamento della finanza pubblica, strumento previsto dalla legge n. 42 del 2009, per favorire il dialogo istituzionale e il principio di leale collaborazione tra Stato e Regioni.

Un focus sui fondi per malattie rare

Un’altra disposizione dichiarata incostituzionale riguarda il “Fondo per i test di Next-Generation Sequencing per la diagnosi delle malattie rare“. La norma, regolata dal comma 557, non prevedeva il coinvolgimento obbligatorio della Conferenza Stato-Regioni per definire criteri di utilizzo e monitoraggio delle risorse. Secondo la Corte, l’assenza di questa collaborazione rappresenta una grave carenza che potrebbe compromettere l’efficacia di un intervento cruciale per pazienti affetti da patologie rare, che richiedono strumenti diagnostici avanzati e tempestivi.

Un monito contro politiche di bilancio miopi

La Corte ha lanciato un chiaro avvertimento contro tagli indiscriminati che possano compromettere la sostenibilità del sistema sanitario, già messo a dura prova da anni di riduzioni lineari. Ha ricordato che il diritto alla salute è costituzionalmente garantito e non può essere subordinato ad altre priorità economiche. La sentenza afferma che le risorse disponibili devono essere indirizzate verso spese essenziali, evitando che politiche di bilancio mal calibrate penalizzino ulteriormente cittadini già in difficoltà.

La salute come fondamento della coesione sociale

Con questa decisione, la Corte Costituzionale riafferma la salute pubblica come un pilastro insostituibile del welfare e della coesione sociale. È un richiamo alla responsabilità istituzionale di garantire che nessun cittadino venga privato delle cure di cui ha bisogno a causa di scelte economiche imprudenti. La sentenza si pone così come un baluardo a difesa dei diritti fondamentali, sollecitando un approccio più ponderato e inclusivo alla gestione della finanza pubblica.

Il testo della sentenza

Qui il documento completo.