bandiera-ueGli eurogiudici sono stati chiamati a rispondere nell’ambito di una controversia in merito alla base imponibile IVA sulla cessione di terreni, che oppone l’Amministrazione finanziaria olandese a una società.

 

La domanda di pronuncia pregiudiziale è stata proposta nell’ambito di una controversia che oppone l’Amministrazione finanziaria olandese ad una società che ha acquisito, in qualità di enfiteuta, un diritto di enfiteusi, fissato per la durata di 20 anni, relativo ad un lotto di terreno e ad un edificio per uffici in costruzione ivi situato, a fronte di un corrispettivo annuo da pagarsi anticipatamente. In coerenza con la relativa disciplina interna, la costituzione di un diritto di enfiteusi è stata assimilata alla cessione di un bene immobile ai fini della riscossione dell’Iva e pertanto è stata assoggettata a tale imposta. Dopo la costituzione del diritto d’enfiteusi, la società ha proceduto al completamento della costruzione dell’edificio per uffici, che le è poi stato consegnato come edificio pronto all’uso. Sull’importo dei costi sostenuti ha corrisposto l’Iva che ha immediatamente detratto. La società ha concesso in locazione l’edificio per uffici ed ha ritenuto che tale concessione in locazione dovesse essere qualificata come cessione per i bisogni della propria impresa di un bene prodotto nel quadro della propria impresa.

 

La posizione dell’Amministrazione finanziaria

 

La competente amministrazione fiscale ha ritenuto che la base imponibile da considerare a titolo della concessione in locazione dell’edificio dovesse essere costituita dai costi per il completamento della costruzione, maggiorati del valore capitalizzato della totalità dei canoni.

 

Il rinvio alla Corte di giustizia

 

La questione è approdata in sede giurisdizionale dinanzi al competente giudice cha ha sottoposto al vaglio pregiudiziale della Corte di giustizia dell’Unione europea due questioni che riguardano l’interpretazione dell’articolo 5, paragrafo 3, lettera b), e paragrafo 7, lettera a), nonché dell’articolo 11, parte A, paragrafo 1, lettera b), della sesta direttiva Iva.

 

La prima questione

 

Con la prima questione il giudice ‘a quo’ chiede, in sostanza, se l’articolo 11, parte A, paragrafo 1, lettera b), della sesta direttiva, debba essere interpretato nel senso che il valore di un diritto reale che conferisce al suo titolare un potere di uso su di un bene immobile e i costi di completamento dell’edificio per uffici costruito sul terreno interessato possono essere inclusi nella base imponibile di una cessione, ai sensi dell’articolo 5, paragrafo 7, lettera a), della sesta direttiva, quando il soggetto passivo ha già versato l’Iva relativa a tale valore e a tali costi, ma ha del pari detratto immediatamente e integralmente tale imposta. Sulla base di quanto previsto dall’articolo 5, paragrafo 7, lettera a), della sesta direttiva, gli Stati membri possono assimilare a una cessione a titolo oneroso l’impiego da parte di un soggetto passivo, per i bisogni della sua impresa, di un bene prodotto, costruito, estratto, lavorato, acquistato o importato nel quadro di detta impresa, qualora l’acquisto del bene in questione presso un altro soggetto passivo non gli dia diritto alla detrazione completa dell’Iva.

 

La Corte Ue rileva che l’applicabilità dell’articolo 5, paragrafo 7, lettera a), della sesta direttiva, è subordinata alla sussistenza di tre condizioni, che devono ricorrere cumulativamente. In primo luogo, il bene di cui si tratta deve essere un bene prodotto, costruito, estratto, lavorato nel quadro dell’impresa di un soggetto passivo. Inoltre, il soggetto passivo deve aver destinato tale bene per i bisogni della propria impresa. Da ultimo, l’acquisizione del bene in parola da un altro soggetto passivo non deve attribuire al primo soggetto passivo il diritto a una detrazione completa dell’Iva. Nel caso di specie, dopo avere acquistato, attraverso la costituzione di un diritto di enfiteusi, un diritto sul lotto di terreno interessato e sull’edificio per uffici in costruzione ubicato su tale terreno, assolto l’Iva relativa a tale acquisto e detratto l’imposta nella sua dichiarazione Iva e, dall’altro, portato a termine la costruzione dell’edificio, pagato l’Iva relativa ai costi di completamento di quest’ultimo e detratto tale imposta, la società ha concesso in locazione l’edificio, rinunciando soltanto in parte all’esenzione dell’Iva prevista per la locazione di beni immobili. Atteso che la concessione in locazione, da parte della società dell’edificio così terminato è stata considerata come un impiego per i bisogni dell’impresa di un bene ottenuto nel quadro di detta impresa, e poiché l’edificio era stato in parte utilizzato a fini diversi da operazioni imponibili, la concessione in locazione è stata quindi assimilata ad una cessione, ai sensi dell’articolo 5, paragrafo 7, lettera a), della sesta direttiva, e assoggettata a Iva.

 

In linea con quanto previsto dall’articolo 11, parte A, paragrafo 1, lettera b), della sesta direttiva, la base imponibile è costituita, per le operazioni di cui all’articolo 5, paragrafo 7, lettera a), della medesima direttiva, dal “prezzo di acquisto dei beni o di beni similari, o, in mancanza del prezzo di acquisto, dal costo, determinati nel momento in cui si effettuano tali operazioni”. Nella fattispecie, è pacifico che manchi il prezzo di acquisto di un bene analogo all’edificio per uffici in esame. Di conseguenza è necessario fondarsi sul costo. Il giudice ‘a  quo’ intende altresì conoscere se gli elementi del costo sui quali è stata assolta l’Iva, vale a dire, il valore dell’enfiteusi e i costi di completamento dell’edificio per uffici in discussione, debbano essere esclusi dalla base imponibile, anche quando il soggetto passivo ha detratto immediatamente e integralmente, in forza di disposizioni del diritto nazionale applicabile, l’Iva pagata sulla costituzione del diritto d’enfiteusi e sul completamento dell’edificio in parola. La Corte Ue ha al riguardo precisato che la facoltà di assimilazione ad una cessione effettuata a titolo oneroso non può essere esercitata per riscuotere un importo Iva sul valore dei beni sul quale tale soggetto passivo aveva già pagato l’Iva. Un’imposizione reiterata di tale genere risulterebbe  difatti incompatibile sia con la caratteristica essenziale dell’Iva, secondo cui tale imposta si applica sul valore aggiunto dei beni o dei servizi interessati, in quanto l’imposta dovuta in occasione di un’operazione viene calcolata previa detrazione di quella che è stata versata all’atto della precedente operazione, sia con la finalità di tale facoltà di assimilazione, che consiste nel permettere agli Stati membri di assoggettare a Iva l’impiego di beni per i bisogni di attività esenti da Iva, ma non significa autorizzare tali Stati ad assoggettare ripetutamente all’Iva una stessa quota del valore di tali beni. Quando l’Iva assolta sulle voci del prezzo di costo è stata successivamente detratta, all’imposizione risultante dall’assimilazione ad una cessione effettuata a titolo oneroso non consegue un’imposizione reiterata del medesimo valore. È infatti soltanto quando l’Iva inerente a tali voci resta a carico del soggetto passivo, perché non sono state da questi portate in detrazione, che le voci in parola non devono essere prese in considerazione nella base imponibile, ai sensi dell’articolo 5, paragrafo 7, lettera a), della sesta direttiva.

 

Le conclusioni sulla prima questione

 

Tutto ciò premesso, con riferimento alla prima questione posta, la Corte Ue ha precisato che  l’articolo 11, parte A, paragrafo 1, lettera b), della sesta direttiva, deve essere interpretato nel senso che il valore di un diritto reale che attribuisce al suo titolare un potere di uso su di un bene immobile e i costi del completamento di un edificio per uffici costruito sul terreno interessato possono essere inclusi nella base imponibile di una cessione, ai sensi dell’articolo 5, paragrafo 7, lettera a), della sesta direttiva, quando il soggetto passivo ha già assolto l’Iva relativa a detto valore e a detti costi, ma l’ha del pari detratta immediatamente e integralmente.

 

La seconda questione

 

Con la seconda questione il giudice ‘a quo’ chiede, in sostanza, se, in una situazione come quella in discussione nella controversia in esame, in cui un terreno e un fabbricato in corso di costruzione situato su tale terreno sono stati acquisiti tramite la costituzione di un diritto reale che conferisce al suo titolare un potere di uso su detti beni immobili, l’articolo 11, parte A, paragrafo 1, lettera b), della sesta direttiva, deve essere interpretato nel senso che il valore di siffatto diritto reale da prendere in considerazione nella base imponibile di una cessione, ai sensi dell’articolo 5, paragrafo 7, lettera a), della citata direttiva, corrisponde al valore degli importi da pagare a titolo di corrispettivo ogni anno, nel corso dell’intera durata del contratto di enfiteusi che ha istituito siffatto diritto reale, oppure corrisponde al valore degli importi da pagare nel corso della durata ancora restante di tale contratto. Al riguardo, la Corte UE  osserva che l’enfiteusi è limitata nel tempo e che il valore del corrispettivo della costituzione del diritto d’enfiteusi è determinato in funzione della durata pattuita del contratto di enfiteusi. Se la cessione, ai sensi dell’articolo 5, paragrafo 7, lettera a), della sesta direttiva, ha luogo non nello stesso momento della costituzione del diritto d’enfiteusi, ma successivamente, il valore di tale diritto che occorre considerare nella base imponibile corrisponde al valore residuo di quest’ultimo al momento della cessione. Tale valore residuo del diritto d’enfiteusi è determinato in funzione della durata del contratto d’enfiteusi ancora da compiersi e comprende il valore degli importi annui ancora da pagare a titolo del medesimo, rettificati o capitalizzati con lo stesso metodo utilizzato per determinare il valore del diritto d’enfiteusi. Considerare che debba essere preso in considerazione il valore integrale dell’enfiteusi corrispondente al corrispettivo al momento della costituzione della stessa equivarrebbe a trascurare la circostanza che il valore dell’enfiteusi diminuisce, in generale, con il trascorrere del tempo, e condurrebbe ad ignorare la regola secondo cui il costo deve essere determinato al momento in cui viene effettuata la cessione, ai sensi dell’articolo 5, paragrafo 7, lettera a), della sesta direttiva.

 

Le conclusioni sulla seconda questione

 

Tutto ciò premesso, la Corte UE perviene alla conclusione, con riferimento alla seconda questione sollevata, che in una situazione in cui un terreno e un fabbricato in corso di costruzione sul medesimo terreno sono stati acquisiti attraverso la costituzione di un diritto reale che attribuisce al suo titolare un potere di uso sui beni immobili in parola, l’articolo 11, parte A, paragrafo 1, lettera b), della sesta direttiva, deve essere interpretato nel senso che il valore di tale diritto reale che va considerato nella base imponibile di una cessione, ai sensi dell’articolo 5, paragrafo 7, lettera a), della sesta direttiva, corrisponde al valore degli importi da pagare a titolo di corrispettivo ogni anno, nel corso della durata del contratto d’enfiteusi che costituisce suddetto diritto reale ancora da compiersi, rettificati o capitalizzati con il medesimo metodo utilizzato per determinare il valore della costituzione del diritto d’enfiteusi.