cosapEnti Locali: il canone COSAP ha natura non tributaria? Il TAR Lazio, Sez. II ter, con la sentenza n. 1301 del 29 gennaio 2016, è intervenuto a decidere sul ricorso presentato da commercianti concessionari di posti assegnati nei pubblici mercati di Roma o con posti fissi fuori dei mercati, per impugnare le modifiche apportate alle tariffe ed ai coefficienti moltiplicatori dalla delibera dell’Assemblea Capitolina n. 39/2014.

 

Con la sentenza 1301 del 29 gennaio, pertanto, i giudici del Tar del Lazio ribadiscono la natura non tributaria del canone per l’occupazione di spazi e aree pubbliche (cosap). Il pagamento del canone cosap, spiegano i giudici amministrativi romani, non costituisce un tributo o prestazione patrimoniale imposta, bensì un onere che va a controbilanciare il vantaggio economico che traggono le aziende che utilizzano il suolo pubblico.

 

Enti Locali: il canone COSAP ha natura non tributaria?

 

Più in particolare, l’art. 63 del D.Lgs n. 446 del 1997 stabilisce che i Comuni possono prevedere, con regolamento, che l’occupazione, sia permanente sia temporanea, di strade, aree e relativi spazi soprastanti o sottostanti appartenenti al proprio demanio o patrimonio indisponibile venga assoggettata al pagamento di un canone da parte del titolare della concessione, quantificato in base ad analitica tariffa determinata in ragione dell’importanza delle strade, delle aree e degli spazi pubblici, secondo la loro articolata classificazione, tenuto conto dell’entità dell’occupazione, del valore economico della disponibilità dell’area e del sacrificio imposto alla collettività. Il criterio indicato dalla norma è quello del moltiplicatore o per specifiche attività esercitate dai titolari delle concessioni anche in relazione alle modalità del’occupazione.

 

La Corte costituzionale con sentenza 14 marzo 2008 n. 64 ha affermato la natura non tributaria del canone per l’occupazione di spazi e aree pubbliche (c.o.s.a.p.), dichiarando conseguentemente l’incostituzionalità dell’art. 2, comma 2 secondo periodo, del d.lgs. 31 dicembre 1992 n. 546 nella parte in cui stabiliva che appartengono alla giurisdizione tributaria anche le controversie relative alla debenza del canone previsto dall’art. 63 D.L.vo 15 dicembre 1997 n. 446.

 

La Corte costituzionale ha precisato, infatti, che tale canone deve essere considerato quale corrispettivo per l’uso di un bene pubblico, la cui corresponsione presuppone la stipula di una concessione tra l’impresa e l’Amministrazione, spettando alla cognizione del giudice ordinario soltanto le vertenze meramente patrimoniali in relazione alle quali l’Amministrazione non esercita un potere amministrativo. La controversia de qua rientra dunque nella giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo sulle concessioni di beni pubblici.

 

Come è già stato rilevato da questa stessa sezione nella sentenza n. 11036/2015, la prima considerazione che si trae dall’esame della citata normativa e dalla giurisprudenza costituzionale sopra menzionata è che il pagamento del canone Cosap non costituisce un tributo o prestazione patrimoniale imposta, bensì un onere che va a controbilanciare il vantaggio economico che traggono le aziende che utilizzano il suolo pubblico pertinente alle strade di proprietà dell’Ente per scopi commerciali con fini di lucro.

 

Si tratta di un corrispettivo sinallagmatico alla misura dell’area concessa, rapportato ai tempi ed ai luoghi dell’occupazione, determinato secondo la classificazione delle strade, l’importanza dei siti, il valore economico dell’area, il beneficio reddituale potenziale che l’operatore ritrae, il sacrificio che la collettività sopporta per essere privato del godimento del bene. E’ del tutto logico e giuridicamente fondato, pertanto, che maggiore è il pregio dell’area e maggiore sarà il beneficio che l’operatore ne trae, come maggiore il sacrificio che la collettività sopporterà; con l’ulteriore conseguenza che maggiore sarà, etiologicamente, il coefficiente moltiplicatore di cui fare applicazione nel caso specifico.