Comuni ancora a corto di programmazione finanziaria. Mancano poco più di due mesi all’apertura della sessione di bilancio e le amministrazioni brancolano nel buio. Limiti all’applicazione dell’avanzo ed al ricorso al debito e rilevanza del fondo pluriennale vincolato sono i punti più critici. Entro il prossimo 15 novembre, le giunte degli enti locali dovranno presentare ai consigli, unitamente alla nota di aggiornamento del Dup lo schema di bilancio di previsione 2017-2019, in vista della sua approvazione entro il 31 dicembre.
Nelle intenzioni del governo, i termini, a differenza di quanto accade sistematicamente da oltre un decennio, non dovrebbero slittare più di tanto, anche se probabilmente una proroga ci sarà, pur se breve (si dice non oltre il 28 febbraio). Naturalmente, un discorso a parte va fatto per le province, molte delle quali non hanno ancora chiuso neppure il bilancio 2016. In ogni caso, anche nei confronti dei comuni le nuove regole contabili rendono sempre più pressante l’esigenza di approvare il preventivo il prima possibile. Per centrare l’obiettivo, occorrerebbe mettersi al lavoro già nelle prossime settimane, ma al momento al mosaico mancano alcuni tasselli fondamentali. Anche dando per scontata la conferma dei trasferimenti compensativi Imu e Tasi e dell’attuale sistema perequativo (anche se in parte bocciato dalla Corte costituzionale), il quadro delle risorse disponibili è ancora tutt’altro che defi nito.
La legge 164/2016, di modifica della legge 243/2012 sugli equilibri contabili, pur semplificando i vincoli di finanza pubblica, ha posto una grossa incognita sulla possibilità di utilizzare sia l’avanzo di amministrazione che il debito. Tali leve, infatti, saranno manovrabili sono nell’ambito di intese a livello regionale o nazionale, che garantiscano a livello aggregato il rispetto del pareggio di bilancio. Sulle modalità e sui tempi per l’attuazione di tale meccanismo per ora tutto tace. Un’altra grossa difficoltà deriva dall’impatto del fondo pluriennale vincolato, ovvero di quelle entrate già impegnate per spese che diventeranno esigibili nei prossimi anni. La stessa l 164 ha previsto l’inclusione di tale fondo fra le entrate valide ai fini del pareggio di bilancio, ma fino al 2020 dovrà essere la manovra annuale a stabilire entro quali limiti.
Tale informazione è quindi indispensabile, anche se il governo si è già impegnato a garantire per il prossimo triennio le stesse coperture (circa 660 milioni all’anno) previste per il 2016. Se, come apre, ciò significherà che nel 2017 il fondo pluriennale vincolato sarà rilevante al 100%, al netto della sola quota derivante da debito, ciò semplificherà la vita dei sindaci. In caso contrario, ovvero se fossero previsti dei limiti, si verificherebbero grossi problemi di programmazione, visto che la dimensione esatta del fondo sarà nota solo dopo il riaccertamento ordinario dei residui, ovvero non prima di marzo-aprile.
A quel punto, molto enti potrebbero essere costretti a bloccare opere in corso. Un altro aspetto da chiarire riguarda il fondo crediti di dubbia esigibilità: al riguardo, occorre chiarire se il relativo accantonamento possa ancora essere escluso dal pareggio anche per i prossimi anni. Infine, non mancherà di porsi la questione del rifinanziamento del c.d. fondo Imu-Tasi, le cui risorse sono indispensabili per la quadratura dei conti di circa 1.800 comuni che hanno la leva fiscale al massimo e che non potranno agire al rialzo neppure nel caso in cui l’attuale blocco delle aliquote dei tributi locali venisse (come auspicabile) rimosso. Nel 2016, l’Esecutivo è riuscito a metterci 390 milioni (poco più della metà di quanto stanziato solo due anni fa), ma quest’anno, fra emergenze e bassa crescita, non è detto che si trovino altri soldi.