Il trasferimento di soldi, all’ente pubblico territoriale, non è un elemento che influisce sul meccanismo di liberalità e, quindi, neanche sul diritto al contributo fiscale, ovvero “art-bonus”, istituito dall’articolo 1, Dl 83/2014, in favore di chi effettua erogazioni in denaro a sostegno della cultura e dello spettacolo (art-bonus), nel triennio 2014-2016. È questa la conclusione cui è giunta l’Agenzia delle Entrate con la risoluzione 87/E del 15 ottobre 2015, sentito il parere del ministero competente (Mibact).
I dubbi delle banche
Alcune fondazioni bancarie, che hanno finalità – previste nel loro statuto – d’intervento sul territorio ove operano, attraverso l’erogazione di contributi e la promozione di iniziative, hanno scelto di “investire” nel settore dell’arte e dei beni culturali. A una condizione però: anziché erogare denaro all’ente pubblico territoriale, preferiscono occuparsi direttamente dei progetti di restauro e di valorizzazione di un bene pubblico (ad esempio, un monumento) sottoposto alla tutela della locale Soprintendenza per i beni architettonici e per il paesaggio, per il patrimonio storico ed etnoantropologico, sulla base di protocolli d’intesa stipulati con i diversi enti competenti e, quindi, farsi carico – in via esclusiva – dei relativi oneri finanziari e organizzativi.
Le interpellanti chiedono, pertanto, all’Agenzia delle Entrate se, così facendo, hanno ugualmente diritto al contributo istituito con il Dl 83/2014, altrimenti detto “art-bonus”. Il dubbio insorge alla lettura dell’articolo 1, del suddetto decreto, che introduce, infatti, un regime fiscale agevolato di natura temporanea, sotto forma di credito d’imposta, nella misura del 63% delle erogazioni effettuate nel 2014 e nel 2015, e nella misura del 50% di quelle effettuate nel 2016, in favore delle persone fisiche e giuridiche che effettuano erogazioni liberali in denaro per interventi a favore della cultura e dello spettacolo.
Nulla osta dell’Agenzia
Con la risoluzione 87/E, l’Agenzia delle Entrate, sentito il parere del competente ministero dei Beni e delle attività culturali e del turismo circa l’ambito oggettivo di applicazione della misura agevolativa (art-bonus), giunge alla conclusione – così come lo stesso Mibact – che la ratio della norma (articolo 1, Dl 83/2014) ha inteso promuovere e favorire, investimenti nel patrimonio culturale pubblico.
Il Mibact chiarisce, infatti, che l’iniziativa intrapresa dalle fondazioni bancarie costituisce un caso di diretta applicazione dell’articolo 121, Dlgs 42/2004 (Codice dei beni culturali e del paesaggio), il quale prevede espressamente che gli enti pubblici territoriali possano stipulare protocolli d’intesa con le fondazioni bancarie che per statuto perseguono scopi di utilità sociale nel settore dell’arte, attività e beni culturali “al fine di coordinare gli interventi di valorizzazione sul patrimonio culturale e, in tale contesto, garantire l’equilibrato impiego delle risorse finanziarie messe a disposizione”.
Pertanto, il fatto che le fondazioni non trasferiscano le somme di denaro all’ente pubblico territoriale, ma provvedano, direttamente, al pagamento delle fatture per la progettazione e l’esecuzione dei lavori di restauro del bene pubblico, è un elemento che non influisce sul meccanismo di liberalità.
L’importo e la destinazione della donazione sono previamente identificati nei protocolli d’intesa: l’erogazione liberale oggetto di beneficio è quantificata a monte, come somma determinata, e dunque assimilabile a erogazione in denaro.
Il documento di prassi conclude, quindi, che, nel caso esposto dalle fondazioni bancarie nell’interpello, ricorrono le condizioni soggettive e oggettive che consentono, in via eccezionale, l’applicazione dell’art-bonus, e che pertanto, esse possono fruire del credito d’imposta disciplinato dall’articolo 1, comma 1, Dl n. 83/2014, relativamente alle somme spese per la progettazione e l’esecuzione delle opere di restauro e valorizzazione dei beni culturali, secondo quanto stabilito dai protocolli d’intesa stipulati con gli enti pubblici territoriali.