supporto riscossione tributi alboIl Consiglio di Stato, con la sentenza 380/2017, ha fornito chiarimenti in merito all’iscrizione all’Albo nazionale dei concessionari, come requisito di partecipazione alla gara quando non c’è maneggio di denaro pubblico e dunque si tratta della sola attività di supporto alla gestione, accertamento e riscossione delle entrate tributarie.

 


L’appello solleva un’unica questione di diritto, consistente nello stabilire se, rispetto alla gara oggetto del giudizio, fosse o meno necessaria l’iscrizione all’albo istituito dagli articoli 53 e 53 del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446 e disciplinato dagli artt. 1 e 2 del decreto del Ministero dell’Economia e delle Finanze 11 settembre 2000, n. 289.

 

Secondo la Sentenza, non è necessaria l’iscrizione all’Albo nazionale dei concessionari, come requisito di partecipazione alla gara: nella fattispecie si deve considerare però la questione che non c’è maneggio di denaro pubblico e dunque si tratta della sola attività di supporto alla gestione, accertamento e riscossione delle entrate tributarie, non anche di affidamento di una concessione del servizio diretto riscossione di imposte e tasse locali.

 

In particolare, dalla lex specialis si evince che il controllo e la responsabilità su tutte le attività di accertamento e riscossione rimane in capo alla stazione appaltante: il bando richiama, infatti, la deliberazione n. 13/2015 con la quale il Comune di Acquaviva delle Fonti ha internalizzato tutte le funzioni di accertamento e di riscossione dei tributi locali, a mezzo di conti dedicati intestati direttamente alla stessa Amministrazione.

 

Del resto, il capitolato in questione prevede un corrispettivo fisso (art. 3), non correlato ai tributi locali accertati e riscossi. E lo stesso capitolato prevede l’applicazione della revisione dei prezzi di cui all’art. 115 d.lgs. n. 163 del 2006, istituto tipico dell’appalto e non della concessione. Non vi è, quindi, per effetto dell’aggiudicazione dell’appalto de quo, alcuna attribuzione all’aggiudicatario di funzioni pubblicistiche, né alcun maneggio di denaro pubblico.

 

In tal senso va richiamata la giurisprudenza del Consiglio di Stato (cfr., in particolare, Cons. Stato, sez. V, 24 marzo 2014, n. 1421), che ha chiarito che il requisito di cui agli artt. 52 e 53 d.lgs. n. 446 del 1997 (e la inerente garanzia di affidabilità patrimoniale che esso sottende), in tanto si giustifica, in quanto oggetto dell’affidamento sia il maneggio del denaro di pertinenza dell’ente pubblico che contraddistingue la posizione dell’agente (o concessionario) della riscossione delle entrate.

 

La sentenza citata ha chiarito che, mancando l’attribuzione del maneggio del denaro pubblico, il requisito in questione non solo non è necessario, ma la sua eventuale previsione da parte del bando, risulterebbe illegittima, perché irragionevole e sproporzionata.

 

A questo link il testo completo della Sentenza.