L’Avvocato Maurizio Lucca analizza una recente sentenza del TAR che ha come focus l’attribuzione della demanialità delle strade pubbliche.
In prima approssimazione, con riferimento alla determinazione della titolarità di una strada, ossia sia essa privata o pubblica, si deve osservare che l’iscrizione della stessa (strada) nell’elenco formato dalla PA delle vie gravate da uso pubblico non ha natura costitutiva ma dichiarativa, risolvendosi in una mera presunzione “iuris tantum” di uso collettivo (ossia, pubblico), superabile dal privato titolare con la prova dell’inesistenza di un tale diritto di godimento da parte della collettività (qualificando la strada come privata o vicinale).
La demanialità
In effetti, l’attribuzione del carattere di demanialità comunale ad una via privata esige che, con la destinazione della strada all’uso pubblico, concorra l’intervenuto acquisto, da parte della PA, della proprietà del relativo suolo per effetto:
- di un contratto;
- in conseguenza di un procedimento d’esproprio;
- per acquisita usucapione o dicatio ad patriam.
Di conseguenza, si conferma che l’iscrizione della via negli elenchi delle strade comunali, non comporta l’acquisizione del bene nel patrimonio comunale, facendo venir meno il diritto di proprietà in capo ai privati e neppure la natura pubblica della strada.
Invero, la destinazione pubblica (rectius uso pubblico) deve essere provata dall’espletamento su di essa, di fatto e in via alternativa:
- del pubblico transito per un periodo infraventennale;
- dall’intervento di atti di riconoscimento dell’Amministrazione medesima circa la funzione assolta da una determinata strada, sicché l’uso pubblico non è sinonimo di proprietà pubblica [1].
Le strade pubbliche
La sez. I Catania del TAR Sicilia, con la sentenza 31 ottobre 2024, n. 3606, definisce (riconferma) i requisiti per stabilire la natura giuridica di una strada, evidenziando il momento di quando viene costituita la servitù di uso pubblico: un vincolo che priva il privato della piena disponibilità del sedime stradale in presenza di un passaggio costante della collettività, dimostrando, allo stesso tempo, che il tratto stradale è funzionale al collegamento viario (tra più intersezioni), assolvendo una funzione propria di transito pubblico.
La vicenda
La vicenda nasce dal ricorso avverso un’ordinanza di un Responsabile dell’Ufficio tecnico comunale, con la quale si intimava al privato l’immediata rimozione (ripristino dello stato dei luoghi) di una recinzione in paletti metallici e fili in lamiera zincati che delimita il fondo di proprietà, ritenendo acquisita la servitù pubblica su parte dell’area, procedendo all’annullamento del titolo privato (CIL).
Il privato, di contro, lamentava la piena proprietà dell’area recintata: recinzione finalizzata a delimitare i propri confini già oggetto di contestazione giudiziaria, donde la recinzione in esecuzione di una sentenza proprio sul regolamento di confine (ex art. 950 c.c.) a tutela della proprietà.
La decisione
Il Tribunale, respinge l’istanza di misure cautelari, interviene nel merito accogliendo il ricorso:
- le particelle interessate dalla recinzione non rientrerebbero nel progetto di ampliamento della strada pubblica (rotatoria), dato che il Comune non avrebbe eseguito alcun esproprio su di esse (manca l’imposizione del vincolo e negli atti progettuali non si rinviene alcun tracciato che coinvolga l’area del privato);
- dalle verifiche anche nell’aerofotogrammetria non sarebbe rappresentata alcuna strada pubblica, così neppure dello strumento urbanistico (PRG);
- risulta (dalla documentazione presentata in giudizio), di converso, una DIA che autorizzava la costruzione di un muretto di recinzione di ingresso alla proprietà privata;
- ne deriva una carenza di istruttoria sulla dimostrazione della proprietà pubblica o dell’uso pubblico (da parte di un numero indeterminato di persone) della pista rotabile, tale da inficiare il provvedimento assunto (che viene annullato): manca una concreta analisi sul bene e un suo bilanciamento sulla misura specifica di rimozione dell’intera recinzione (potendosi, invece, in modo proporzionale e ragionevole, limitarsi al singolo tratto stradale interessato dalla rotatoria).
In termini più esplicativi, l’Amministrazione si è limitata a richiamare un uso pubblico, consapevole della proprietà privata del sedime stradale, senza fornire prova di tale destinazione pubblica.
Dal quadro fattuale e dall’indimostrato uso pubblico, il Tribunale, richiamandosi ad un proprio precedente [2] conferma un orientamento consolidato, secondo il quale la costituzione su una strada di un diritto di servitù di uso pubblico richiede la sussistenza di tre concorrenti elementi:
- l’esercizio del passaggio e del transito jure servitutis publicae da parte di una moltitudine indistinta di persone, qualificate dall’appartenenza ad un ambito territoriale;
- la concreta idoneità della strada a soddisfare, anche per il collegamento con la via pubblica, le esigenze di carattere generale e pubblico;
- un titolo valido a sorreggere l’affermazione del diritto di uso pubblico, il quale può identificarsi anche nella protrazione dell’uso da tempo immemorabile, ossia nel comportamento della collettività contrassegnato dalla convinzione di esercitare il diritto d’uso della strada [3].
Note
[1] Cons. Stato, sez. IV, 10 ottobre 2018, n. 5820, dimostra che una strada può considerarsi ad “uso pubblico” quando sono presenti una serie di elementi univoci per qualificarla “strada comunale” all’interno degli abitati, quali l’inclusione nell’elenco delle strade comunali, ai sensi della legge 12 febbraio 1958 n. 126, insiste una segnaletica stradale, la percorrenza di linee pubbliche urbane, l’illuminazione, la funzione di raccordo con altre strade ed a sbocco su piazza e su pubbliche vie, l’assenza di prove di segno contrario.
[2] TAR Sicilia, Catania, sez. I, 4 aprile 2024, n. 1300.
[3] Cons. Stato, sez. II, 18 maggio 2020, n. 3158; TAR Campania, Napoli, sez. VII, 4 aprile 2022, n. 2296.