Con l’approvazione della legge di stabilità n. 208/2015, è stata varata (comma 21), con decorrenza dal 1° gennaio 2016, una nuova disciplina per la determinazione della rendita catastale degli immobili censiti nei gruppi catastali D ed E: dagli elementi da computare nel calcolo della rendita sono esclusi i macchinari, i congegni, le attrezzature e gli altri impianti funzionali allo specifico processo produttivo; rimangono, invece, soggetti al processo di valutazione catastale (attraverso stima diretta), il suolo, le costruzioni e i soli impianti a essi strutturalmente connessi che accrescono normalmente la qualità e utilità dell’unità immobiliare.
Quadro normativo, giurisprudenziale e di prassi
L’individuazione delle tipologie di impianti da considerare nella determinazione della rendita catastale delle unità immobiliari a destinazione produttiva ha subìto, nel tempo, una complessa evoluzione normativa, giurisprudenziale e di prassi:
- l’inclusione degli “imbullonati” (ovvero macchinari e impianti ancorati al suolo o incorporati nella costruzione ma che, allo stesso tempo, possono essere smontati, trasferiti da un sito all’altro, oppure ceduti per esser sostituiti) nella rendita del fabbricato industriale trova storico fondamento giuridico nel combinato disposto degli articoli 4 e 5 del regio decreto legge 652/1939 e 812 del codice civile. In sostanza, l’articolo 4 individua come immobile urbano ogni fabbricato (o costruzione stabile) diverso dal fabbricato rurale, inclusi gli edifici sospesi o galleggianti stabilmente ancorati al suolo. Il successivo articolo 5 definisce unità immobiliare urbana ogni porzione d’immobile che, nello stato in cui si trova, è di per se stessa utile e atta a produrre un reddito proprio, non introducendo alcuna limitazione in ordine ai materiali o alle modalità di assemblaggio degli elementi che la costituiscono. Egualmente, il comma 1 dell’articolo 812 del cc stabilisce che “sono beni immobili il suolo, le sorgenti, e i corsi d’acqua, gli alberi, gli edifici e le atre costruzioni, anche se unite al suolo a scopo transitorio, e in genere tutto ciò che naturalmente o artificialmente è incorporato al suolo”. Dalla combinazione sistemica della normativa fiscale e di quella civilistica è scaturito il principio generale, applicato negli anni dall’Amministrazione finanziaria, secondo cui la rimovibilità dell’impianto dal suolo o dall’unità immobiliare catastale non ne preclude la considerazione di parte integrante dell’immobile sino a che lo stesso assolva alle speciali esigenze produttive e di destinazione
- l’articolo 1-quinquies del Dl 44/2005 è intervenuto quale norma interpretativa delle regole di determinazione della rendita catastale degli immobili a uso produttivo, censiti nelle categorie catastali del gruppo D, introducendo – limitatamente alle centrali elettriche – una precisa nozione giuridica di immobile catastale: “…i fabbricati e le costruzioni stabili sono costituiti dal suolo e dalle parti ad esso strutturalmente connesse, anche in via transitoria, cui possono accedere, mediante qualsiasi mezzo di unione, parti mobili allo scopo di realizzare un unico bene complesso”
- sull’argomento, oltre ai copiosi interventi della giurisprudenza di merito, si è espressa anche la Corte costituzionale, chiamata a pronunciarsi sull’eccezione di incostituzionalità dell’articolo 1-quinquies. Con sentenza 162/2008, la Consulta, nell’offrire un’interpretazione della norma relativa alle centrali elettriche risolutiva di ogni dubbio paventato, ha affermato che tutte le componenti che contribuiscano in via ordinaria ad assicurare, a una unità immobiliare, una specifica autonomia funzionale e reddituale, stabile nel tempo, sono da considerarsi elementi idonei a descrivere l’unità stessa e influenti rispetto alla quantificazione della relativa rendita catastale, a prescindere dal sistema di connessione utilizzato per il collegamento alla struttura
- in seguito alla citata pronuncia, l’Agenzia del Territorio (oggi incorporata nell’Agenzia delle Entrate) ha emanato la circolare 6/2012 in cui, nell’illustrare gli aspetti tecnico – estimativi del processo di stima, ha ribadito il rispetto dei criteri di “essenzialità” e “immobiliarità”, richiamati dalla Corte costituzionale, nella valutazione degli impianti per una corretta applicazione della prassi estimativa agli immobili a destinazione produttiva, finalizzata all’attribuzione della rendita catastale agli stessi
- la legge di stabilità 2015 (commi 244 e 245) ha disposto che le regole di accatastamento dei fabbricati produttivi dovessero essere informate al rispetto della suddetta circolare 6/2012. Alla luce di tale interpretazione, ai macchinari “imbullonati” è stata attribuita – in via definitiva e in forza di legge – una rendita autonoma, che li ha resi immediatamente assoggettabili alle imposte locali Imu e Tasi, decretando, in altri termini, la tassazione patrimoniale dei beni d’impresa.
Il nuovo sistema di calcolo della rendita catastale
L’articolo 1, comma 21, della legge 208/2015 stabilisce che: “a decorrere dal 1° gennaio 2016, la determinazione della rendita catastale degli immobili a destinazione speciale e particolare, censibili nelle categorie catastali dei gruppi D ed E, è effettuata, tramite stima diretta, tenendo conto del suolo e delle costruzioni, nonché degli elementi ad essi strutturalmente connessi che ne accrescono la qualità e l’utilità, nei limiti dell’ordinario apprezzamento. Sono esclusi dalla stessa stima diretta macchinari, congegni, attrezzature ed altri impianti, funzionali allo specifico processo produttivo”.
Con la nuova norma, dunque, vengono meno le criticità tecnico-estimative nel processo di determinazione della rendita catastale dei fabbricati produttivi, grazie alla definizione di un criterio univoco di individuazione delle tipologie di macchinari e impianti che non devono essere considerate ai fini del calcolo della rendita: il carattere di amovibilità del macchinario/impianto, vale a dire la possibilità del bene di essere smontato e ricollocato in un altro locale produttivo mantenendo la sua funzionalità, attesta che il macchinario non costituisce un elemento “stabile” della struttura del fabbricato produttivo, ma è uno dei beni mobili aziendali direttamente utilizzati nell’attività di produzione.
La misura contenuta nella Stabilità 2016 non ha effetti ai fini Irap; ha, invece, risvolti rilevanti in tema di imposte locali. L’intervento del legislatore, difatti, pone una netta distinzione tra reddito fondiario, determinabile a catasto, e quello derivante dalla produzione industriale, tassabile come reddito d’impresa, eliminando l’annosa quanto iniqua questione della doppia imposizione fiscale dei beni d’impresa.
La disposizione seppure diretta a rideterminare i criteri di accatastamento degli immobili appartenenti all’intero gruppo catastale D, tuttavia tende a incidere sulle unità immobiliari censibili nelle sole categorie “D/1–Opifici” e “D/7–Immobili per le attività industriali”, caratterizzate da una presenza di impianti e macchinari molto più significativa rispetto a quanto riscontrabile negli immobili censiti nelle altre categorie del gruppo D, per i quali tale presenza può essere considerata marginale.
Atti di aggiornamento: immobili già censiti
A partire dal 1° gennaio 2016, gli intestatari degli immobili già censiti con i criteri precedenti, possono presentare atti di aggiornamento, tramite procedura Docfa, per modificare in riduzione l’importo della rendita catastale di quegli immobili, nel rispetto delle novità introdotte.
Atti di aggiornamento: deroga anno 2016
É previsto, limitatamente all’annualità in corso, che gli atti di aggiornamento delle rendite relative agli immobili in questione presentati entro il 15 giugno 2016 hanno effetto retroattivo al 1° gennaio 2016. Quest’ultima previsione intende derogare alla regola Imu, secondo cui la base imponibile del tributo comunale si determina sulla base delle rendite risultanti in catasto al primo gennaio di ciascun anno. Ne consegue che, se la rendita rideterminata dal contribuente viene presentata entro il 15 giugno, la stessa avrà effetto retroattivo e potrà essere utilizzata già in sede di acconto Imu/Tasi. Oltre la suddetta data, invece, ma entro la fine del corrente anno, la rendita sarà utilizzata ai fini dei tributi dovuti per il 2017.
Le controversie in corso e i casi pregressi
Le norme di recente approvazione non hanno alcuna ricaduta sul contenzioso pendente, in quanto è espressamente previsto che i nuovi criteri di determinazione delle rendite catastali sono operativi solo dal 1° gennaio 2016. Inoltre, la rideterminazione della rendita degli immobili in esame non avverrà automaticamente, ma solo successivamente all’autonoma presentazione da parte dei rispettivi proprietari dell’atto di aggiornamento catastale all’ufficio territoriale competente.
Contributo ai Comuni
L’esclusione degli imbullonati dalla base imponibile per il calcolo delle imposte patrimoniali comporterà un alleggerimento del prelievo fiscale, stimato in 530 milioni di euro, di cui 375 come quota erariale e i restanti 155 come minori entrate per gli enti locali. Per compensare il minore gettito Imu e Tasi derivante dall’applicazione del nuovo sistema di determinazione delle rendite, è prevista l’assegnazione ai Comuni di un contributo di pari importo.