Sanzione Comune di Roma e Ama cimitero dei fetiLa terribile vicenda del cimitero dei feti ha portato alla sanzione del Garante della Privacy per il Comune di Roma e l’Ama: ecco cos’è successo.


Il Garante della Privacy ha deciso di sanzionare sia il Comune di Roma che l’Ama, per il cimitero dei feti.

La terribile vicenda risale all’ottobre del 2020, messa in risalto inizialmente da una donna con un post su Facebook, dove raccontava la rabbia e lo sgomento nell’aver scoperto che, dopo un’interruzione terapeutica di gravidanza, pur avendo specificato di non volere né le esequie e né la sepoltura del feto, questi aveva avuto una sepoltura nel cimitero Flaminio di Roma, dove era presenta una croce col nome della madre.

Dopo quel caso, se ne erano aggiunti altri e il Garante della Privacy aveva aperto un’istruttoria per far luce sull’accaduto.
Vediamo cos’è successo.

Sanzione Comune di Roma e Ama cimitero dei feti: la decisione del Garante della Privacy

In merito alla vicenda del cimitero dei feti, il Garante della Privacy ha sanzionato per 176mila euro il Comune di Roma e per 239mila euro l’Ama, la società in-house a cui è affidata la gestione dei servizi cimiteriali.

La sanzione è arrivata dopo che l’azienda aveva diffuso i dati delle donne che avevano affrontato un’interruzione di gravidanza, indicandoli sulle targhette apposte sulle sepolture dei feti, presso il Cimitero Flaminio.

È stato emesso anche un ammonimento per la Asl Roma 1.

Sanzione Comune di Roma e Ama cimitero dei fetiCosa dice la normativa

Secondo la disciplina di riferimento, i “prodotti di concepimento” di età inferiore alle 20 settimane possono essere sepolti solamente su richiesta dei “genitori”. Al contrario, la sepoltura è sempre prevista per i “nati morti”.

Per i “prodotti abortivi”, la sepoltura viene comunque disposta dalla struttura sanitaria dopo 24 ore, anche senza richiesta dei genitori. Dall’istruttoria del Garante, è emerso che la diffusione illecita è nata da una comunicazione di dati effettuata violando il principio di minimizzazione.

La Asl Roma 1 aveva trasmesso ai servizi cimiteriali la documentazione coi dati identificati delle donne che avevano abortito. In seguito, le informazioni sono state riportate nei registri cimiteriali e sulle croci al cimitero Flaminio. Nonostante la normativa specifichi che i dati da riportare siano quelli del defunto.

In questo modo, è stata data potenzialmente la possibilità di estrarre l’elenco delle donne che avevano effettuato un’interruzione di gravidanza, nel corso degli anni, violando la loro privacy.

Il Garante della Privacy ha anche indicato all’Asl di fare in modo che non sia possibile risalire, in maniera diretta, all’identità della donna dal feto sepolto, tramite oscuramento dei dati identificati, uso di pseudonimi e cifratura dei dati.


Fonte: articolo di redazione lentepubblica.it