Alcune utili indicazioni in merito alla riproduzione dei Beni Culturali: ecco qual è la normativa di riferimento e quali sono le regole da rispettare.
La riproduzione dei beni culturali pubblici, così come la divulgazione con qualsiasi mezzo delle immagini di tali beni legittimamente acquisite, risponde a una specifica normativa e a determinate regole.
Scopriamo in breve di cosa si tratta nello specifico.
Riproduzione dei Beni Culturali
Il tema dei diritti all’immagine e della tutela dei beni culturali in relazione alla riproducibilità delle opere culturali di bene pubblico è senz’altro un tema molto attuale, considerando anche lo standard tecnologico molto elevato della nostra Società e la facilità con la quale si può riprodurre un bene.
Per questo motivo è importante tenere a mente quali sono le norme che regolano questo tipo di attività e in quale caso sia possibile compierla oppure no.
Normativa
A regolamentare la materia, come svariati altri campi d’azione legati al mondo dei beni culturali pubblici, è il decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, meglio noto come Codice dei beni culturali e del paesaggio o Codice Urbani.
Si tratta, sommariamente, del decreto legislativo che regola la tutela dei beni culturali e paesaggistici d’Italia.
Ed è in pratica il principale riferimento normativo italiano che attribuisce al Ministero per i beni e le attività culturali il compito di tutelare, conservare e valorizzare il patrimonio culturale italiano.
Nella sua versione originale nel Codice troviamo le seguenti disposizioni.
All’articolo 107 al comma 1 si legge infatti che:
«Il Ministero, le regioni e gli altri enti pubblici territoriali possono consentire la riproduzione nonché l’uso strumentale e precario dei beni culturali che abbiano in consegna, fatte salve le disposizioni di cui al comma 2 e quelle in materia di diritto d’autore.»
Mentre l’art.108 al comma 1 recita che:
«I canoni di concessione ed i corrispettivi connessi alle riproduzioni di beni culturali sono determinati dall’autorità che ha in consegna i beni.»
La disciplina è stata parzialmente levigata dal decreto legge 31 maggio 2014, n. 83 e dalla legge 4 agosto 2017, n. 124.
Qui troviamo revisionato l’articolo 108 del Codice, al comma 3-bis, dove si rende allenta la stretta sulla riproduzione, consentendo:
«[…] la divulgazione con qualsiasi mezzo delle immagini di beni culturali, legittimamente acquisite, in modo da non poter essere ulteriormente riprodotte a scopo di lucro.»
Cosa non si può fare?
Passiamo dunque alla nota dolente: cosa non è consentito fare in maniera di riproduzione?
In linea teorica, le regole della riproduzione, sono strettamente collegate con quelle in materia di diritto d’autore e quelle sulla proprietà industriale.
Pertanto, a meno che (come indicato dalle modifiche normative del 2014 e del 2017) non si stia riproducendo un’opera senza scopo di lucro, in tutti gli altri casi serve una preventiva autorizzazione e un pagamento di un corrispettivo, qualora si sfrutti successivamente l’opera a fini commerciali (ad. esempio si utilizzi la riproduzione in un libro).
Inoltre, si vieta anche la riproduzione di beni culturali che consista nel trarre calchi dagli originali di sculture e di opere a rilievo in genere, di qualunque materiale tali beni siano fatti.
Riproduzione previa autorizzazione e compenso
Nei casi in cui, pertanto, la riproduzione non è consentita, la legge ha previsto:
- una preventiva autorizzazione da richiedere
- e il pagamento di un corrispettivo per il diritto di riproduzione dell’opera e per il diritto di riproduzione della sua immagine.
Tale tutela ricorre:
- sia nella fase di preventivo rilascio dell’autorizzazione, che richiede un vaglio di compatibilità dell’uso personale per finalità economiche con la destinazione culturale del bene
- sia successivamente, con il versamento di un corrispettivo determinato dall’amministrazione concedente che ha in consegna il bene.
I canoni e i corrispettivi sono corrisposti, di regola, in via anticipata. Nel caso di riproduzioni a uso editoriale e commerciale dovrà essere versata una cifra quale diritto di riproduzione.
Quali sono le attività di riproduzione consentite?
Sono invece, in ogni caso, libere le seguenti attività:
- la riproduzione di beni attuata con modalità che non comportino alcun contatto fisico con il bene, né l’esposizione dello stesso a sorgenti luminose, né, all’interno degli istituti della cultura, l’uso di stativi o treppiedi;
- la divulgazione con qualsiasi mezzo delle immagini di beni culturali, legittimamente acquisite, in modo da non poter essere ulteriormente riprodotte a scopo di lucro, neanche indiretto.
Ma a condizione che siano svolte:
- senza scopo di lucro
- per finalità di studio, ricerca
- o anche per libera manifestazione del pensiero o espressione creativa
- e infine promozione della conoscenza del patrimonio culturale.
Sanzioni
Infine, una panoramica sulle sanzioni.
Chi viola le regole della riproducibilità incorre nelle sanzioni previste per la violazione del diritto d’autore, come stabilito dalla Legge 22 aprile 1941 n. 633 sulla “protezione del diritto d’autore e di altri diritti connessi al suo esercizio”.
Si ricorda anche che, in alcuni casi, quando si tratta di riproduzione per uso strettamente personale o per motivi di studio, il richiedente potrebbe essere obbligato alla non divulgazione e diffusione al pubblico delle copie ottenute.
La violazione di tale impegno può comportare l’applicazione delle sanzioni previste dalla normativa vigente.
Inoltre, secondo quanto riportato nel Codice dei Beni Culturali, può essere addirittura punito con la reclusione:
- chi, al fine di trarne profitto altera o riproduce un’opera di pittura, scultura o grafica, o un oggetto di antichità o di interesse storico od archeologico;
- pone in commercio, o detiene per farne commercio, opere di pittura, scultura, grafica o di oggetti di antichità, o di oggetti di interesse storico od archeologico;
- chiunque, conoscendone la falsità, autentica opere od oggetti contraffatti, alterati o riprodotti;
- e chi mediante altre dichiarazioni, perizie, pubblicazioni, apposizione di timbri od etichette o con qualsiasi altro mezzo accredita o contribuisce ad accreditare, conoscendone la falsità, come autentici opere od oggetti contraffatti, alterati o riprodotti.
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Fonte: articolo di redazione lentepubblica.it