L’Avvocato Maurizio Lucca approfondisce un argomento molto sentito nelle controversie tra ente e cittadino: il rapporto tra rimozione illegittima di una recinzione e tutela della proprietà.
L’Amministrazione civica in presenza di un’occupazione abusiva di un proprio bene può ricorrere alla tutela esecutoria, ordinando al soggetto responsabile di liberare il bene o di rimuovere l’eventuale ostacolo (opera abusiva)[1], portando ad esecuzione l’ordine in presenza dell’inerzia del soggetto obbligato, questo sul presupposto indelebile della titolarità del bene.
Giurisdizione
Ciò posto, l’eventuale accertamento della titolarità del bene (ergo, la verifica dell’esistenza dell’uso pubblico su una strada) rientra nella giurisdizione dell’adita AG [2], sicché in tema di proprietà del patrimonio viario le controversie aventi ad oggetto questioni attinenti la proprietà, pubblica o privata, di una strada o l’esistenza di diritti di uso pubblico su una strada privata, sono devolute alla giurisdizione del giudice ordinario e non a quella del giudice amministrativo, atteso che le stesse investono l’accertamento dell’esistenza e dell’estensione di diritti soggettivi, dei privati o dell’Amministrazione pubblica [3], e questo anche allorché la domanda abbia formalmente ad oggetto l’annullamento di provvedimenti amministrativi, atteso che il “petitum” sostanziale, non essendo diretto a sindacare un provvedimento autoritativo della PA, ha, in realtà, natura di accertamento petitorio [4].
Per contro, l’accertamento sul carattere pubblico di una strada non eccede l’ambito della competenza del giudice amministrativo se costituisce il presupposto per l’adozione del provvedimento amministrativo contestato; sebbene, infatti, la valutazione in ordine alla contestazione dei provvedimenti di classificazione di una strada – come di proprietà pubblica o dedita all’uso pubblico – sia rimessa alla competenza del giudice civile, involgendo pretese di accertamento di un diritto soggettivo, nondimeno, sussiste la giurisdizione del GA allorquando la verifica (ex art. 8, Cognizione incidentale e questioni pregiudiziali, del D.Lgs. n. 104/2010, cpa) in ordine all’esistenza di una servitù di uso pubblico sulla strada o della sua demanialità è finalizzata solo a stabilire se i gravati provvedimenti comunali ripristinatori siano o meno legittimi [5].
L’obbligo di facere della PA
Di converso, come sentenziato dalla sez. VI del Consiglio di Stato, con la sentenza 23 luglio 2024, n. 6638, il privato può obbligare l’Amministrazione al ripristino dei luoghi, quando la condotta posta in essere (rimozione di una recinzione) sia priva di una base giuridica, ovvero quando la stessa ha agito in carenza di potere: siamo in presenza di una sentenza di risarcimento del danno in forma specifica.
Un dovere istruttorio
Allo stesso tempo, quando viene rilasciato un titolo edilizio, laddove si controverta sulla titolarità del potere del richiedente (questo si verifica solitamente per le pratiche in sanatoria o condominiali) l’Amministrazione, pur se non deve, in generale, effettuare approfondite indagini sulla proprietà, è tenuta – per ragioni di prudenza e correttezza amministrativa (alias legittimità), ovvero, coinvolga interessi di terzi, ad accertare il requisito legittimante, ex comma 1 dell’art. 11 del DPR n. 380/2001, o acquisire l’atto di assenso (nei casi di confine), non potendo limitarsi a riportare, nel cit. titolo, la frase di rito “viene rilasciato fatti salvi i diritti di terzi”, che non la esime (discolpa/giustifica) da responsabilità (quelle a carico del dirigente responsabile dell’ufficio e sottoscrittore del permesso edilizio) [6].
Vi è un obbligo di istruire le pratiche edilizie/urbanistiche, che comprendono l’obbligo di vigilanza a fronte di segnalazione su eventuali abusi (edilizi) da parte di terzi, non potendo (anche in questo caso) il RUP, a fronte di diffide (atti di impulso) sull’esercizio dei poteri di repressione e/o controllo, non dar corso alle verifiche, non ritenendosi destinatario della competenza (qualora attribuita ad un diverso ufficio della PA), costituendo principio generale del vigente procedimento amministrativo che l’Amministrazione, ove non si ritenga competente ad evadere la pratica oggetto d’istanza di un cittadino, è tenuta ad inviarla all’ufficio competente, tenendo informato di ciò il richiedente e, laddove previsto, anche a fornire all’Amministrazione competente il proprio contributo istruttorio [7].
Inoltre, in presenza di un’attività abusiva è indispensabile verificare la distinta competenza tra coloro che possono vigilare sul corretto assetto del territorio e coloro che hanno il titolo per i provvedimenti demolitori/ripristinatori [8].
Fatto
Nella sua essenzialità, un Comune disponeva, a seguito di sopralluogo, la rimozione di una rete metallica di recinzione sulla sede stradale, e – a fronte del silenzio del soggetto intimato – provvedeva motu proprio, senza attendere l’esito dell’appello del I grado (il rigetto del ricorso contro l’azione amministrativa, compresa quella risarcitoria).
In effetti, tra le parti, si era costituito un giudicato [9], con il quale il giudice di seconde cure accoglieva i ricorsi, evidenziando che i provvedimenti di rimozione non contenevano alcun riferimento alla demanialità dell’area o all’esistenza di una servitù di uso pubblico (aspetto escluso dai ricorrenti ed oggetto di separato giudizio presso il giudice ordinario [10], con una actio negatoria servitutis, conclusa con l’accertamento dell’assenza dell’uso pubblico), risultando illegittimi.
In breve, il Comune non era dotato del potere esercitato con i provvedimenti impugnati, con conseguente obbligo del Comune di rimettere in pristino lo stato dei luoghi, modificato di imperio in esecuzione di un atto annullato per palese illegittimità.
Merito
La sentenza affronta le conseguenze di un atto illegittimo basato sull’utilizzo di un potere non corrispondente alla presunta violazione edilizia (in difformità ad una denuncia di inizio attività e difetto di motivazione), ossia, un potere di rimozione esercitato fuori dai casi contemplati dall’Ordinamento, nel senso che l’Amministrazione doveva limitarsi ad irrogare la prevista sanzione pecuniaria non certo a ordinare anche la rimozione della recinzione.
Dunque, viene confermato il potere del GA con riferimento alla domanda risarcitoria, dove:
- la competenza si estende al «danno per lesione di interessi legittimi ed agli altri diritti patrimoniali conseguenziali, pure se introdotte in via autonoma. Nelle materie di giurisdizione esclusiva, indicate dalla legge e dall’art. 133, il giudice amministrativo conosce, pure ai fini risarcitori, anche delle controversie nelle quali si faccia questione di diritti soggettivi»;
- l’azione di condanna si può proporre «contestualmente ad altra azione» o in via autonoma e, quando siamo in presenza della giurisdizione esclusiva, il privato può chiedere «il risarcimento del danno da lesione di diritti soggettivi», compresa l’azione di cui all’art. 2058 cod. civ.: «il risarcimento del danno in forma specifica».
Si tratta, in ambito civilistico, di una domanda volta alla condanna del convenuto all’esecuzione di opere necessarie per eliminare la causa del pregiudizio e le sue conseguenze integra un’azione di risarcimento in forma specifica, la quale, rappresentando una modalità di reintegrazione dell’interesse del danneggiato mediante una prestazione diversa e succedanea rispetto al contenuto del rapporto obbligatorio o del dovere di neminem laedere, si distingue sia dall’azione di adempimento (che postula la sussistenza di un rapporto obbligatorio inadempiuto o inesattamente adempiuto, e consente di ottenere un provvedimento di condanna del debitore all’esecuzione della medesima prestazione che formava oggetto dello stesso), sia dall’esecuzione in forma specifica di un obbligo di fare [11].
In ambito di giustizia amministrativa, tale richiesta di condanna del Comune alla ricollocazione della recinzione deve correttamente essere introdotta in un giudizio risarcitorio, sub specie di risarcimento in forma specifica e non anche in sede di ottemperanza al giudicato di annullamento dei provvedimenti amministrativi di demolizione.
Alla luce delle considerazioni che precedono viene riconosciuta la tutela risarcitoria dal momento che la lesione va qualificata come ingiusta, scaturita da provvedimenti illegittimi: il Comune viene condannato, ai sensi dell’art. 2058 cod. civ., al ripristino dell’opera ingiustamente rimossa (oltre alle spese), trattandosi sostanzialmente di riposizionare una recinzione, escludendosi che detta attività possa costituire un onere eccessivo per il Comune.
Legittimato
Pare utile rammentare che in tema di actio confessoria servitutis, legittimato passivo è colui che, oltre a contestare l’esistenza della servitù, ha un rapporto attuale con il fondo servente, per esserne proprietario, comproprietario, titolare di un diritto reale o possessore suo nomine, in quanto solo nei confronti di tali soggetti può esser fatto valere il giudicato di accertamento, contenente, anche implicitamente, l’ordine di astenersi da qualsiasi turbativa nei confronti del titolare della servitù o di rimessione in pristino (ex art. 2933 c.c.).
Gli autori materiali della lesione del diritto di servitù possono, invece, essere eventualmente chiamati in giudizio quali destinatari dell’azione, ex art. 1079 c.c., solo se la loro condotta abbia concorso con quella di uno dei predetti soggetti, o abbia comunque implicato la contestazione della servitù, fermo restando che, nei loro riguardi, possono essere esperite, ex art. 2043 c.c., l’azione di risarcimento del danno e, ai sensi dell’art. 2058 c.c., l’azione di riduzione in pristino, con l’eliminazione delle turbative e molestie [12].
La condotta illegittima
L’esercizio illegittimo del potere amministrativo è stato la causa immediata e diretta del pregiudizio patito dagli appellanti che, con la rimozione della recinzione, hanno subito un’intrusione ingiusta nella propria sfera privata: lesione della proprietà privata.
Accertata l’illegittimità del provvedimento, si determina una presunzione di colpa in capo alla PA, sicché l’onere probatorio a carico del richiedente può ritenersi assolto con l’indicazione di tale circostanza, mentre grava sull’Amministrazione l’onere di provare l’assenza di colpa, attraverso l’errore scusabile derivante:
- da contrasti giurisprudenziali sull’interpretazione della norma;
- dalla complessità dei fatti;
- ovvero, ancora, dal comportamento delle parti del procedimento (tutti aspetti non fatti valere dal Comune) [13].
In altre circostanze, un Comune è stato condannato al risarcimento del danno causato dal taglio (lavori che hanno comportato l’interruzione) di una strada (sbancamento), che ha comportato l’impossibilità del privato di accedere al proprio fondo (di proprietà e di goderne), con un obbligo di facere (quello di rispristinare la strada, poi rimesso ad un equivalente in denaro) [14].
Anche in questo caso, in presenza di danni cagionati (dalla PA) da terzi ad un fondo in comproprietà, il singolo comproprietario è legittimato ad agire per il risarcimento dell’intero danno causato al fondo, senza che si determini una situazione di litisconsorzio necessario con gli altri comproprietari, in virtù del principio della “rappresentanza reciproca”, fondata sulla comunione di interessi ed attributiva a ciascuno, dal punto di vista processuale, d’una “legittimazione attiva sostitutiva” [15].
Il pronunciamento appare un utile strumento istruttorio di tutela della proprietà pubblica, dove prima di intervenire su una determinata area, supponendo la violazione dell’uso o l’occupazione abusiva, ovvero la perdita del possesso privato, si esige un’attività di verifica del titolo, appurando la provenienza del bene (la proprietà), e solo successivamente, in base a tali accertamenti tecnici/peritali, disporre mediante la sottoscrizione di un provvedimento di diffida o di sanzione, avendo cura di istaurare un contradditorio e valutare le osservazioni pervenute, evitando di sottoporre la PA ad inutili contenziosi (e spese evitabili), rimediabili usando quella diligenza richiesta a coloro che professionalmente prestano l’attività lavorativa presso una PA.
Note
[1] È necessario un titolo edilizio per la realizzazione di tutti quei manufatti che, anche se non necessariamente infissi nel suolo, alterino lo stato dei luoghi in modo stabile, non irrilevante e non meramente occasionale, TAR Lombardia, Milano, sez. II, 13 novembre 2020, n. 2172.
[2] Ai fini del riparto della giurisdizione tra giudice ordinario e giudice amministrativo rileva non tanto la prospettazione compiuta dalle parti, quanto il “petitum” sostanziale, che va identificato soprattutto in funzione della “causa petendi”, ossia dell’intrinseca natura della posizione dedotta in giudizio, Cass. civ., SS.UU., ordinanza 15 settembre 2017, n. 21522.
[3] Cfr. Cons. Stato, sez. II, 5 maggio 2021, n. 3498.
[4] Cass. civ., SS.UU., 23 dicembre 2016, n. 26897.
[5] TAR Lazio, Roma, sez. II bis, 8 febbraio 2024, n. 2510, idem Cons. Stato, sez. VII, 19 aprile 2022, n. 2905.
[6] Cfr. Cons. Stato, sez. VI, 24 luglio 2020, n. 4745. La previsione di “salvezza dei diritti dei terzi” è sempre stata intesa, non come una mera clausola di rinvio alla protezione civilistica, tale da escludere ogni obbligo dell’Amministrazione nell’accertare la posizione dei controinteressati, ma come criterio di contemperamento tra le attribuzioni del giudice civile, unico soggetto titolare a dirimere i contrasti tra privati, e l’Amministrazione, che ha un compito più limitato, non potendo estendere il proprio giudicato sui diritti dei terzi, eventualmente lesi, LUCCA, La legittimazione della richiesta di titoli edilizi, L’ufficio Tecnico, 2022, n. 7/8.
[7] TAR Campania, Napoli, sez. VII, 2 agosto 2024, n. 4518.
[8] In effetti, risulta illegittimo l’ordine di rimozione nel caso in cui sia stato adottato dal Comandante del Corpo di Polizia locale, risultando in tutta evidenza che il potere esercitato di vigilanza sull’attività urbanistico-edilizia, che l’articolo 27, commi 1, 2 e 3, del d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, attribuisce invece alla competenza del dirigente o del responsabile del competente ufficio comunale, di qui la sussistenza del vizio di incompetenza che inficia il medesimo provvedimento repressivo, in quanto espressione di una radicale alterazione dell’esercizio del potere, TAR Abruzzo, L’Aquila, sez. I, 5 agosto 2024, n. 370.
[9] Cons. Stato, sez. VI, 12 agosto 2016, n. 3622.
[10] Di rilievo annotare, che la sentenza di cassazione vincola il giudice di rinvio non solo in ordine ai principi di diritto affermati, ma anche ai necessari presupposti di fatto che il principio di diritto affermato presuppone come pacifici o come già accertati definitivamente in sede di merito, Cass. civ., sez. III, 1° ottobre 2002, n. 14075, idem, ordinanza 13 novembre 2019, n. 29328. I mezzi di tutela esperibili dal proprietario, a tutela del diritto di proprietà sul bene, non si restringono alle azioni reali, ma ricomprendono l’azione di risarcimento del danno: l’azione di tutela è un’azione reale, mentre se la lesione riflette l’integrità dell’oggetto del diritto di proprietà, ossia consegue alla violazione di una norma di conservazione, la tutela esperibile nei confronti dell’autore dell’illecito è l’azione personale di risarcimento del danno.
[11] Cass. civ., sez. III, Ordinanza, 27 novembre 2023, n. 32898.
[12] Cass. civ., sez. II, Ordinanza, 30 aprile 2024, n. 11601.
[13] Cfr. Cons. Stato, sez. IV, 22 novembre 2016, n. 4896.
[14] Cass. civ., sez. III, Ordinanza 27 luglio 2024, n. 21059.
[15] Cfr. Cass. civ., sez. III, 14 novembre 2019, n. 29506, ciascuno è da ritenersi legittimato attivamente (oltre che passivamente) rispetto a tutte le azioni a tutela della proprietà comune, senza bisogno dell’intervento in giudizio degli altri comproprietari, pur riguardando tutti costoro la lesione lamentata.
Fonte: articolo dell'Avv. Maurizio Lucca - Segretario Generale Enti Locali e Development Manager
E adesso il Comune che ha fatto il bulletto nei confronti del proprietario dell’area come lo risarcirà? E, in generale, come sarà punito?