richiesta-cambio-cognome-paCi sono ragioni per cui la Pa può opporsi a una richiesta di cambio cognome? In quali casi questo diritto di opposizione diventa illegittimo? A queste domande risponde il Consiglio di Stato.


In genere molti individui scelgono di adottare un nuovo cognome per onorare la memoria di un parente deceduto o per celebrare una storia familiare che ha profondi legami con la propria identità. Altri invece desiderano riflettere un cambiamento nella loro vita, magari dopo un matrimonio o un divorzio.

In un mondo in costante evoluzione, le ragioni per cambiare cognome possono anche essere legate a questioni di identità di genere, riconoscendo l’importanza di essere autentici e fedeli a se stessi.

Ad occuparsi di questo tema così attuale è una recente sentenza del Consiglio di Stato: scopriamo cosa hanno deciso i giudici in questa circostanza.

Richiesta di cambio cognome, la Pa non può opporsi?

Il diniego da parte dell’amministrazione pubblica a una richiesta di cambio di cognome, quando basato sull’eccezionalità della richiesta stessa, è considerato illegittimo. Secondo la giurisprudenza della Corte costituzionale, l’assegnazione del cognome deve contribuire alla costruzione dell’identità del figlio, e quindi, l’amministrazione pubblica deve dimostrare specifiche ragioni di interesse pubblico che ostacolino l’accettazione della richiesta.

Nel caso specifico, la Sezione giurisdizionale ha esaminato l’appello presentato dall’amministrazione pubblica contro una sentenza di primo grado che aveva accolto il ricorso contro la decisione di respingere una richiesta di cambio di cognome.

La figlia aveva richiesto di cambiare il suo cognome (che era quello del padre) con quello della madre, sostenendo che il padre, dopo la separazione e il divorzio dalla madre, non aveva mai contribuito al suo sostentamento e non aveva mostrato interesse a instaurare un rapporto affettivo con lei, come dovrebbe essere tra genitori e figli. Il padre aveva mantenuto un atteggiamento freddo e arrogante verso di lei durante gli incontri occasionali nel corso del tempo, arrivando perfino a negarle il saluto.

L’amministrazione aveva respinto la richiesta, sostenendo che la modifica del nome e del cognome è un’azione significativa che può essere ammessa solo in presenza di situazioni obiettivamente rilevanti, supportate da documentazione adeguata e motivazioni valide. Nel caso specifico, le dichiarazioni della richiedente, sebbene confermate dalla madre, non erano state accompagnate da documentazione adeguata.

La Sezione, facendo riferimento alla giurisprudenza della Corte costituzionale, ha respinto l’appello della Pa, ritenendo che la richiedente avesse presentato con conformità tutte le prove disponibili e che le motivazioni alla base della sua richiesta fossero “ragioni serie e ponderate“, che avrebbero dovuto essere valutate più attentamente dall’amministrazione pubblica, specialmente perché non erano state fornite “specifiche ragioni di interesse pubblico ostative all’accoglimento della richiesta“.

Il testo completo della sentenza

Potete consultarla direttamente qui.

 


Fonte: articolo di redazione lentepubblica.it