La quota del socio accomandatario non può essere sottoposta a sequestro penale se, secondo le pattuizioni statutarie, non è stata resa liberamente cedibile dalla volontà di tutti i soci o se, in mancanza, anche dopo il sequestro, non è rimasta in uso al socio che ne è stato nominato custode. L’oggetto del sequestro, in tali casi, può tuttavia identificarsi nella quota che spetterà al socio all’esito della liquidazione della società. Lo ha chiarito la Cassazione con la sentenza n. 36929 del 14 settembre 2015.
I fatti
Al legale rappresentante di due Srl è stato contestato il reato previsto dall’articolo 2 del Dlgs 74/2000, poiché, nella sua qualità, al fine di evadere le imposte sui redditi e sul valore aggiunto, aveva presentato dichiarazioni fraudolente tra il 2009 e il 2013, avvalendosi di fatture emesse dai fornitori per operazioni parzialmente inesistenti. L’indicazione di corrispettivi in misura largamente superiore a quelli effettivamente versati aveva consentito a entrambe le Srl di sottrarre a tassazione un imponibile di quasi 8.222.000 euro, con conseguente evasione Iva per circa 1.695.322 euro.
Disposto nei suoi confronti il sequestro preventivo delle quote sociali delle quali era proprietario in veste di socio accomandatario, l’uomo ha avanzato al Gip la richiesta di revoca, anche parziale, della misura cautelare. Il provvedimento di rigetto del Gip è stato confermato dal Tribunale della libertà. In particolare, il Tribunale cautelare aveva osservato che la non “pignorabilità” delle quote di società di persone, asserita dall’imputato, non teneva conto della peculiarità del sequestro preventivo “per equivalente”. Quest’ultimo, a differenza di un normale titolo esecutivo, risultava finalizzato non solo a colpire il patrimonio proprio dell’indagato, ma anche i beni di cui il reo aveva disponibilità, per un valore corrispondente al prezzo o profitto del reato.
A tale riguardo, il collegio aveva precisato che erano assoggettabili alla misura cautelare tutti i beni, anche se intestati a terzi, dei quali l’indagato poteva disporre “come se” fossero propri e che, tra questi ultimi, dovevano comprendersi anche le quote nella Sas della quale erano soci lui e la moglie.
Il contribuente ha proposto ricorso per cassazione, lamentando, tra l’altro, illegittimità del sequestro delle quote sociali, per la preclusione, insuperabile in ambito civile, di insequestrabilità delle quote di società di persone e, a maggior ragione, di quelle dell’accomandatario, non avendone i soci previsto la libera accessibilità.
La Corte ha respinto il ricorso e ha affermato che dagli articoli 2270 e 2305 cc “ … si desume che la quota del socio, pur non potendo essere sequestrata in costanza del rapporto societario, può, tuttavia, essere sottoposta ad esecuzione forzata all’esito della liquidazione della società …”. Di conseguenza, tali disposizioni, “pur impedendo al creditore particolare del socio di sostituirsi a questo nella posizione di socio, lo autorizzano a far valere le sue ragioni sulla quota spettante al socio stesso all’esito della liquidazione…”.
Osservazioni
I giudici di piazza Cavour hanno richiamato il principio di diritto, secondo il quale la quota di una società di persone e, in particolare, la quota del socio accomandatario in una Sas, se non liberamente cedibile secondo le pattuizioni statutarie, o, in mancanza, quando essa non resti, anche dopo il sequestro, in uso al socio che ne sia nominato custode, non può essere sottoposta a sequestro penale in costanza del rapporto societario (Cassazione, 34247/2012). Ciò in quanto l’intuitus personae sul quale si fonda l’esistenza della società verrebbe meno al venire meno della qualità di socio in capo al soggetto che amministra la stessa società e che assume su di sé il rischio d’impresa, provocando un danno agli altri soci, terzi del tutto estranei alle ragioni del sequestro.
La Cassazione ha ricordato che la disciplina codicistica in materia di società di persone è ispirata all’esigenza che i rapporti fra i soci siano caratterizzati da un elemento fiduciario, il quale implica che la partecipazione sociale possa essere trasferita solo con il consenso di tutti i partecipanti o, comunque, della maggioranza del capitale sociale, non potendosi affidare l’amministrazione della società a soggetti estranei alla compagine.
Nel sistema delineato dagli articoli 2252 (secondo cui il contratto sociale può, nelle società di persone, essere modificato solo con il consenso di tutti i soci), 2284 (in base al quale, nelle società di persone, in caso di morte del socio, gli altri soci devono liquidare la relativa quota o sciogliere la società), 2322 (che prevede, nella Sas, che solo la quota del socio accomandante e non quella del socio accomandatario è trasmissibile per causa di morte o cedibile con il consenso della maggioranza dei soci), infatti, emerge la insequestrabilità della quota del socio accomandatario (Cassazione, 15605/2002). Tuttavia, gli articoli 2270 e 2305 cc, pur impedendo al creditore particolare del socio di sostituirsi a lui nella sua posizione, lo autorizzano a far valere le proprie ragioni sulla quota spettante al socio stesso all’esito della liquidazione.
A tali conclusioni i giudici di legittimità sono pervenuti bilanciando gli interessi in gioco, e cioè le ragioni dei soci estranei al reato e le finalità di politica criminale sottese alla misura cautelare. A questo proposito, hanno evidenziato che le ragioni della tutela penalistica devono essere contemperate con la natura giuridica del bene oggetto del sequestro e hanno ricordato che le quote, anche nelle società di persone, costituiscono beni mobili (articoli 810 e 812, ultimo comma, cc) poiché alle stesse fanno capo (insieme con i relativi doveri) tutti i diritti nei quali si compendia lo status di socio (Cassazione, 934/1997).
Hanno anche chiarito che il principio dell’autonomia patrimoniale (articolo 2740 cc, secondo il quale il debitore risponde dell’adempimento delle obbligazioni con “tutti” i suoi beni), ha valenza soltanto in ambito civilistico e non si estende automaticamente alla sede penale dove, invece, anche i beni formalmente intestati a persone diverse dall’indagato, possono essere aggrediti se, di fatto, sono nella sua disponibilità.
Nella fattispecie esaminata, la Corte ha dato atto che la disponibilità della quota sociale del legale rappresentante non ha costituito oggetto di contestazione e che il sequestro è avvenuto senza che sia stato nominato un amministratore. Di conseguenza, l’intuitus personae su cui si fondava il patto sociale non era venuto meno per il solo sequestro. Misura cautelare reale, quindi, legittimamente adottata dai giudici di merito.