Esordio positivo per il patent box. Il primo passaggio di calendario dell’innovativo regime agevolativo, conclusosi proprio in coincidenza con la scadenza del 31 dicembre 2015, ha infatti registrato un elevato tasso di adesione, tanto che le istanze pervenute sono state all’incirca 4.500 (4.498 per l’esattezza). Si tratta, quindi, d’un risultato che resta ben al di sopra delle aspettative iniziali, come più volte sottolineato nel corso della tavola rotonda sul patent box che ha avuto luogo oggi, presso la sede centrale dell’Agenzia delle Entrate a Roma, e che ha visto dialogare i rappresentanti delle associazioni imprenditoriali, come Confindustria, Abi per il settore bancario, professori universitari ed esperti del settore, con i tecnici e i responsabili dell’Agenzia stessa, organizzatrice e coordinatrice dell’incontro.
La forza del confronto
L’iniziativa, progettata dall’ufficio Comunicazione interna e formazione, in collaborazione con la direzione centrale Normativa e la direzione centrale Accertamento, giunge a conclusione d’una “4-giorni” formativa in tema di patent box. La scelta di chiudere gli incontri aprendosi alle controparti del settore privato, quindi ai rappresentanti di quei contribuenti cui il nuovo regime guarda, s’inserisce in un quadro strategico che prevede sempre più spesso da parte delle Entrate il ricorso al dialogo e al confronto diretto con coloro che saranno poi chiamati ad applicare le norme nel concreto quotidiano.
Come richiamato dal direttore stesso dell’Agenzia, Rossella Orlandi, intervenuta all’inizio della tavola rotonda per un breve saluto, “È nostra intenzione lavorare non chiudendoci nelle nostre certezze, consapevoli che se ti poni delle domande, se hai dei dubbi, forse ciò aiuta a trovare le risposte che cerchi. In quest’ottica, il confronto è un arricchimento, un valore aggiunto. Il sistema fiscale, la normativa nel suo complesso, si sta muovendo nel solco dell’innovazione, e proprio per questa ragione, per rispondere a queste esigenze di cambiamento, è fondamentale immaginarsi un modo nuovo per dialogare con i contribuenti”.
Cos’è il patent box
Il patent box, introdotto con la legge di Stabilità 2015, è un regime opzionale, di durata quinquennale, che consente una detassazione parziale del reddito derivante dall’uso di marchi, brevetti e altri beni immateriali, cosiddetti intangible assets. Per aderire all’innovativo regime agevolativo, le imprese interessate dovevano effettuare, entro il 31 dicembre scorso, l’opzione telematica per poi passare all’istanza di ruling.
Il Nord fa il pieno di richieste
Il numero delle istanze, quasi 4.500, era inatteso. Al contrario, la concentrazione delle istanze nelle regioni del Nord, con il picco massimo in Lombardia, 1.240, e a seguire, Veneto, 706, ed Emilia Romagna, 636, era quasi scontato. Il Centro-sud, quindi, si conferma indietro. Fuori dal podio anche Piemonte, 378 e Toscana, 367, che completano la top five. Al dunque, il Nord del Paese conferma una decisa apertura all’innovazione e una propensione altrettanto radicata allo sviluppo del know how.
Il patent box piace, anche ai piccoli
Tra le sorprese emerse, scorrendo i dati discussi durante i lavori, merita attenzione anche la suddivisione delle istanze per classi di fatturato delle imprese che ne hanno fatto domanda.
Il patent box, come ci hanno abituato le evoluzioni e le dinamiche che si sono andate via via sviluppando oltreconfine, in Paesi che hanno già da tempo (decenni) introdotto normative simili, si configura storicamente come una normativa appannaggio, quasi esclusivo, dei grandi gruppi, delle grandi aziende, insomma della big corporate. Per l’Italia non è affatto così.
Infatti, osservando i dati, ciò che salta agli occhi è la distribuzione quasi equilibrata delle istanze pervenute sull’intero arco delle possibili categorie di fatturato. Per intenderci, sono più di 659 le imprese con un fatturato al di sotto dell’asticella del milione di euro che hanno scelto la via dell’opzione, mentre, il picco delle imprese interessate si concentra tra i 10 e i 50 milioni di fatturato (1.349). Le aziende maggiori, in pratica i grandi gruppi con mega-fatturati, se raffrontati con lo scenario medio italiano abitato al 99% da piccole, medie o micro imprese, sono meno di 300 (287 per l’esattezza).
Insomma, il piccolo è bello e il patent box non guarda solo i grandi fatturati ma attrae anche i piccoli e, in particolare, start-up, e giovani che, su queste piccole imprese innovative, investono. E da qui è facile concludere come il patent box, magari associato a incentivi per le spese in innovazione e ricerca, possa funzionare agilmente da volano per la modernizzazione ulteriore e lo sviluppo del Paese.
L’Italia si conferma il Paese dei “marchi”
Dalla tipologia dei beni annoverati nelle istanze pervenute per il patent box, a farla da padrone sono i “marchi”, 36 per cento. Al secondo posto, spazio al “know how”, 22%, definizione questa piuttosto estesa che riassume e comprende un’ampia gamma di beni immateriali. Terzo posto per i brevetti, 18 per cento. Più indietro, “disegni e modelli”, 14%, e “software”, 10 per cento. In pratica, il dato costituisce una ulteriore conferma del fatto che l’Italia sia il Paese dei “marchi”.