Facciamo presto a dire riforma della PA: le norme ci sono, magari sono anche ben scritte- e se non lo fossero saremmo sconfitti in partenza- ma poi tanto la base delle amministrazioni non segue il percorso. E non cambia niente.
Chi segue questo sito sa bene tutti i necessari rinvii, proroghe che hanno subito i diversi progetti. Quelli che hanno funzionato senza ritardi (o con pochi) si dividono in due categorie: quelli in cui la governance è stata accentrata (lo Spid, tutto affidato alle competenze dell’Agid) o dove c’è stata una governance forte dall’alto con una leva persuasiva straordinaria: è il caso della fatturazione elettronica. Dove le Pa si sono dovute adeguare, insieme alle imprese, se no la macchina dei pagamenti si bloccava.
Ecco perché non sorprendono i risultati di una ricerca di ForumPa, presentata il 22 settembre: solo il 41 per cento degli iscritti alla sua community (circa due mila) crede che la Riforma Pa cambierà davvero la pubblica amministrazione. Pesa l’esperienza (negativa) delle riforme precedenti.
Come ha spiegato il presidente di ForumPa all’evento, Carlo Mochi Sismondi, viviamo una discrasia bruciante: da una parte le norme e il Governo che vuole cambiare l’amministrazione; dall’altro l’umore di coloro che dovrebbero fare proprio il cambiamento. Cioè gli stessi dipendenti della PA.
“E’ tangibile, entrando in qualsiasi ufficio pubblico, la stridente contraddizione tra le leggi, le nuove norme, il clima di galoppante novità che viene annunciato e la sostanziale immobilità nei comportamenti dei lavoratori e delle organizzazioni che continuano a seguire logiche a loro proprie, al limite con qualche adempimento formale in più per ossequio a qualche nuova norma”, ha detto.
“Questa discrasia tra norme innovative e stanchezza e rassegnazione del corpus del pubblico impiego è il vero ostacolo da superare ora che questo annus mirabilis di riforme sta volgendo al termine”.
Una risposta può venire da molte direzioni. Da un nuovo impegno pubblico che coinvolga le parti diverse, alla ricerca di un cambiamento continuo e ostinato. In questo spirito nasce l’iniziativa “Cantieri per la PA digitale”, presentata all’evento.
Sono dieci “laboratori” in cui i più autorevoli operatori pubblici e privati disegnano i percorsi di attuazione della PA digitale in altrettante aree verticali e trasversali dell’informatica pubblica. Tavoli di lavoro quindi che si propongono di esaminare lo stato dell’arte dei singoli temi; gli ostacoli normativi, di risorse o di comportamenti che rendono problematico il cambiamento; le migliori esperienze italiane e straniere; gli scenari tecnologici più avanzati e le possibilità che questi possono aprire; le modalità di realizzazione dei progetti: dal procurement innovativo alle convenzioni, dalle partnership di innovazione ai dialoghi competitivi.
I cantieri della PA digitale che saranno operativi entro la fine del 2015 saranno:
1. Sanità digitale: Servizi, tecnologie, modelli per la salute e il benessere del cittadino
2. Giustizia digitale: Tecnologie e modelli per una Giustizia più rapida ed efficiente
3. Scuola digitale: Piattaforme, modelli didattici e tecnologie per una nuova Scuola
4. Documenti digitali: Gestione informatica dei documenti, per una PA più efficiente
5. Cittadinanza digitale: Strumenti, servizi e modelli per un nuovo rapporto tra cittadini e amministrazioni
6. Sicurezza digitale: Tecnologie, modelli e infrastrutture per la sicurezza dei sistemi informatici pubblici
7. Infrastruttura digitale: Connettività, piattaforme e modelli di cooperazione per un’Italia digitale
8. Data management: Big Data, Open Data, il valore pubblico dell’informazione
9. Pagamenti digitali: Il digitale che entra nei sistemi di incasso della PA
10. Procurement dell’innovazione: Come il settore pubblico acquista beni e servizi tecnologici
La verità è che la riforma “digitale” – come quasi tutte le riforme – richiede investimenti più che la minaccia di sanzioni; richiede formazione preventiva più che termini ad adempiere perentori; richiede la motivazione ed il coinvolgimento degli operatori e non la loro costante frustrazione; richiede assistenza e collaborazione da parte degli istituti e gli organismi che sono preposti ai singoli settori e non il loro occhiuto e minaccioso controllo. Insomma la riforma digitale, come ogni altra riforma della e nella PA, deve essere una riforma “culturale” e le riforme “culturali” non possono essere imposte a colpi di adempimenti coatti… Leggi il resto »