L’ispettorato nazionale del Lavoro chiarisce i termini per la definizione di lavoro «notturno» e per l’individuazione dei lavoratori notturni.
Lo fa con la nota n. 1050/2020 pubblicata in risposta ad alcuni quesiti posti dalle organizzazioni sindacali e datoriali.
Ecco i dettagli.
Lavoro notturno, le precisazioni dell’Ispettorato nazionale del lavoro
Al riguardo si ritiene anzitutto opportuno ricordare alcune definizioni contenute nell’art. 1, comma 2, del D.Lgs. n. 66/2003, a cominciare da quella di “periodo notturno”. Ossia il periodo di almeno sette ore consecutive comprendenti l’intervallo tra la mezzanotte e le cinque del mattino.
Ai fini della individuazione delle sette ore consecutive di lavorosi dovrà fare riferimento, all’orario di lavoro osservato secondo le indicazioni del contratto collettivo e del contratto individuale.
Il periodo che rileva ai sensi del citato art. 1, comma 2, del D.Lgs. n. 66/2003, infatti, potrà iniziare:
- a decorrere dalle ore 22 (con conclusione alle ore 5)
- oppure dalle ore 23 (con conclusione alle ore 6)
- o, infine, dalla mezzanotte (con conclusione alle ore 7).
Pertanto la corretta definizione di “lavoratore notturno” risulta la seguente:
- qualsiasi lavoratore che durante il periodo notturno svolga almeno tre ore del suo tempo di lavoro giornaliero impiegato in modo normale;
- e qualsiasi lavoratore che svolga durante il periodo notturno almeno una parte del suo orario di lavoro secondo le norme definite dai contratti collettivi di lavoro.
Nel caso di cui il Ccnl non specifichi il numero di ore rilevanti, precisa l’Inl, trova applicazione la disciplina normativa: tre ore nel periodo notturno per 80 giorni l’anno.
Così come, nel caso in cui il Ccnl si limiti a individuare uno solo dei parametri (ore giornaliero e/o giorni annuali), il secondo è individuato in quello previsto dalla legge (tre ore giornaliere oppure 80 giorni l’anno).
A questo link il testo completo della nota.
Fonte: articolo di redazione lentepubblica.it