Imu e Tasi rischiano di annichilire il settore non profit
Nuova puntata nei rapporti tesi fra fisco e non profit. Mentre è in corso la campagna contro l’Iva sulle donazioni, all’orizzonte si profila “l’ennesimo disastro” causato da regole confuse e criteri incerti: “Sarà un calvario e un salasso”. Approfondimento su RS
La battaglia contro l’Iva sulle donazioni è in pieno corso, quella contro l’Imu e la Tasi è sulla rampa di lancio. Sono a dir poco effervescenti, in queste settimane, i rapporti fra il fisco e il mondo del non profit italiano, e per una protesta che sta ormai sfondando il muro del silenzio che per anni l’ha caratterizzata, una seconda si prepara ad essere lanciata con forza. Di mezzo ci sono Imu e Tasi, le imposte sugli immobili che anche gli enti non commerciali dovranno versare di qui a poco: una tassazione le cui regole vengono definite dai diretti interessati quanto meno pasticciate e che si tradurrà in un altro, l’ennesimo, colpo al cuore per l’esistenza stessa di molte piccole realtà associative. La protesta dunque, che già a luglio era stata lanciata dal Forum del terzo settore e che nei prossimi giorni sarà rilanciata a dovere, mira ad evitare “l’ennesimo disastro” per un mondo non profit che si sente sempre più tartassato e sempre meno aiutato nello svolgere quelle attività che pure – secondo quanto viene riconosciuto – hanno ricadute sociali positive.
La lotta contro l’Iva sulle donazioni, che di tanto in tanto in passato aveva fatto capolino, per poi ritornare in breve tempo nel dimenticatoio, ha ricevuto un’energica (e chissà se decisiva) scossa dalla campagna promossa negli ultimi giorni dal Corriere della Sera e dal Tg La7, che dopo aver raccolto circa tre milioni di euro con l’iniziativa “Un aiuto subito” (seguita al terremoto che ha colpito l’Emilia nel 2012) si sono resi conto che su quella somma – spesa quasi totalmente per realizzare un polo scolastico a Cavezzo, uno dei paesi più colpiti – bisognava pagare l’Iva. Iva “agevolata”, certo (aliquota al 10%), ma pur sempre Iva: e alla cassa, lo Stato ha preteso 300 mila euro. Contro lo Stato “esoso esattore” è così partita una campagna (sui social network con l’hashtag #NoProfitNoIva) al grido di “la solidarietà non va tassata”, che ha trovato numerose sponde e che è destinata a giocare un ruolo dentro il grande cantiere della riforma del terzo settore, nella quale è previsto un generale riordino della normativa fiscale sul non profit (dentro questa partita, per dirne una, c’è un’altra annosa questione, quella dei vantaggi fiscali – oggi non proprio così vantaggiosi… – riconosciuti a chi effettua donazioni ad associazioni e organizzazioni: i confronti con le norme per i partiti oper la cultura sono eloquenti).
La battaglia contro Imu e Tasi è invece solo ai nastri di partenza ma è a suo modo indicativa di come il non profit si senta ormai quasi accerchiato da un fisco capace di diventare un vero ostacolo alle sue attività. Un ostacolo non solo economico, ma anche e soprattutto burocratico. I criteri e le regole per calcolare l’imposta dovuta da ogni ente non commerciale sono stati definiti dal ministero dell’Economia, ma il provvedimento – ed è un eufemismo – non brilla proprio per chiarezza. Il Forum del terzo settore sottolinea l’assoluta incertezza del criterio base, quello che fa ruotare la tassazione (o la non tassazione) sul concetto di “attività svolta con modalità commerciale” (o non commerciale); dubbi e incertezze che tali erano e tali sono rimasti anche dopo i “chiarimenti”, o presunti tali, del ministero dell’Economia.
Ma alle regole oggi in vigore vengono rimproverati anche degli errori grossolani di calcolo sulla determinazione della base imponibile, con la chicca, davvero notevole, di una sommatoria diretta di percentuali che fa a pugni con la matematica e che sarebbe motivo di grossi guai, se non proprio di una sonora bocciatura, per ogni semplice studente della scuola dell’obbligo. Insomma, fra criteri incerti, errori di calcolo, basi imponibili che si gonfiano come per magia e un modello da compilare le cui istruzioni più che semplificare complicano ulteriormente le cose, la certezza è che fare le dichiarazioni Imu e Tasi sarà per le realtà del non profit un vero e proprio calvario, cui seguirà (se il calcolo non sarà corretto) il vero e proprio salasso dell’effettivo esborso.
Il provvedimento del ministero dell’Economia che ha approvato il modello di dichiarazione Imu e Tasi per gli enti non commerciali è dell’inizio di luglio, e il grido di dolore e di stupore del Forum terzo settore è stato immediato: “Basta penalizzazioni per il non profit”, tuonava il giorno dopo il portavoce Pietro Barbieri. Un grido che però – e intanto sono passati due mesi – non ha ancora trovato ascolto. Si ipotizza un tavolo tecnico al ministero dell’Economia per affrontare la questione, ma la materia appare complessa, l’estate è passata e le scadenze di pagamento si avvicinano (la prima è il prossimo 16 ottobre). Insomma, ancora qualche settimane e poi sarà la solita lotta contro il tempo.
In tutto questo, l’aspetto che dal Forum del terzo settore mettono in evidenza è che la problematica Imu–Tasi è destinata ad abbattersi, nel giro di qualche settimana, su realtà portate avanti molto spesso dal volontariato, che in genere non hanno grandi disponibilità finanziarie e soprattutto non hanno la possibilità di affidarsi ad una figura strutturalmente preparata, sia esso un commercialista o un fiscalista. “Se tu scarichi tutte queste difficoltà su una piccola associazione che fonda la sua attività sul volontariato, la prima cosa che succede è che le persone pensano: io non voglio più grane, ma chi me lo fa fare, lascio perdere tutto. E così stai distruggendo un patrimonio”.
A parlare così è Giuliano Rossi, responsabile dell’Ufficio studi dell’Arci, coordinatore del tavolo tecnico legislativo del Forum nazionale del terzo settore: è lui che ha seguito da vicino l’intera partita della tassazione Imu e Tasi per gli enti non commerciali e che –nell’approfondimento di RS, l’agenzia di Redattore sociale (area abbonati) – ci aiuta a mettere in evidenza le ambiguità e gli errori della normativa attuale.
FONTE: Redattore Sociale (www.redattoresociale.it)