impresa ausiliariaNelle procedure di gara, laddove l’impresa ausiliaria sia raggiunta da un’interdittiva antimafia, l’ausiliata aggiudicatrice d’appalto può legittimamente, prima della stipula del contratto, sostituire la stessa con altra ditta, purché quest’ultima sia in possesso di quei requisiti richiesti dalla lex specialis. Nella fattispecie, la ricorrente impugnava l’aggiudicazione resa in favore dell’impresa vincitrice d’appaltoper il fatto che, in pendenza dell’atto definitivo, l’ausiliaria della stessa aveva ricevuto un provvedimento, ex art.91 D.lgs. n. 159/2011.

 

La presente controversia verte sul fatto che l’amministrazione appaltante ha richiesto alle ditte appellanti, in quanto sorteggiate, la documentazione di comprovazione ex art. 48 d. lgs. n. 163/2006, mediante e-mail inviata all’indirizzo di posta elettronica, e non già – come indicato al punto 11 del “disciplinare di gara per procedura aperta” – “a mezzo fax oppure telegramma”. Dal che è conseguita l’esclusione dalla gara per non avere la concorrente fornito in tempo utile (calcolato a decorrere dalla ricezione della richiesta via mail) la documentazione richiesta.

 

Il collegio evidenzia che l’art. 77, co. 5 del d. lgs. n. 163/2006, prevede che le amministrazioni pubbliche che sono tenute all’osservanza delle disposizioni del Codice dell’amministrazione digitale (d. lgs. n. 82/2005), operano nel rispetto di tali disposizioni e delle relative norme di attuazione ed esecuzione. E’, inoltre, previsto che “in particolare,gli scambi di comunicazioni tra amministrazioni aggiudicatrici ed operatori economici deve avvenire tramite posta elettronica certificata”.

 

Benchè, dunque, il comma 1 del medesimo art. 77 preveda, in via generale, che “tutte le comunicazioni e tutti gli scambi di informazioni tra stazioni appaltanti e operatori economici possono avvenire, a scelta delle stazioni appaltanti, mediante posta, mediante fax, per via elettronica”, o anche per telefono o “mediante una combinazione di tali mezzi”, qualora ricorra l’ipotesi di una amministrazione pubblica tenuta ad operare nel rispetto delle disposizioni del Codice dell’amministrazione digitale, le comunicazioni stesse non possono che avvenire per il tramite di posta elettronica certificata.

 

Si tratta, a tutta evidenza, di una normale relazione tra disposizione generale (comma 1), e disposizione speciale (comma 5), che come tale prevale sulla generale, secondo una normale regola di interpretazione della legge.

 

D’altra parte, lo stesso comma 1 dell’art. 77, nell’indicare in via generale i mezzi utilizzabili per le comunicazioni, indica la “via elettronica ai sensi dei commi 5 e 6”, in tal modo già prevedendo la possibilità che tale forma di comunicazione – lungi dal dipendere dalla scelta volontaria dell’amministrazione esplicitata nel bando – debba essere quella obbligatoriamente seguita sia dall’amministrazione sia dagli operatori economici.

 

Alla luce di tali presupposti normativi, la sentenza impugnata ha condivisibilmente affermato la presenza di un fenomeno di eterointegrazione del bando (Cons. Stato, sez. VI, 11 marzo 2015 n. 1250), dovendo intendersi la previsione di legge cogente e dunque integrativa delle previsioni del bando, pur nelle ipotesi di suo omesso richiamo.

 

Nel caso di specie, peraltro, il punto VI.3 del bando di gara (pagina 8) prevede espressamente che “è obbligo del concorrente, ai fini della partecipazione alla gara, indicare il domicilio eletto per le comunicazioni, l’indirizzo di posta elettronica e il numero di fax al fine dell’invio delle comunicazioni inerenti la procedura di gara. . .”.

 

Né, a fronte della cogente disposizione di legge, può assumere valore dirimente quanto previsto al punto 11 del disciplinare di gara, posto che si tratta di disposizione contenuta in un atto amministrativo generale, al quale non può a tutta evidenza accordarsi alcuna possibilità di prevalere su quanto obbligatoriamente disposto dalla legge.

 

D’altra parte, occorre ricordare che, come sostenuto dalla giurisprudenza (Cons. Stato, sez. III, 11 luglio 2013 n. 3735; sez. V, 24 gennaio 2013 n. 439), nelle gare pubbliche il disciplinare di gara deve essere interpretato in conformità a quanto statuito dal bando, atteso che le sue disposizioni sono chiamate ad integrare, e non a modificare, quelle del bando, ed in caso di contrasto prevalgono le previsioni di quest’ultimo.

 

A maggior ragione dunque, come nel caso di specie, a fronte dell’assenza nel bando di previsioni espresse in ordine alle modalità di comunicazione (peraltro richiedendosi l’indirizzo di posta elettronica) e in presenza di una cogente disposizione di legge in materia, non può trovare alcuna considerazione quanto previsto dal disciplinare di gara in contrasto con la legge.

 

Infine, occorre ricordare, quanto alla intervenuta esclusione dalla gara, che la stessa è disposta dall’art. 48, co. 1. d. lgs. n. 163/2006, e, dunque, non è possibile invocare la violazione, nel caso di specie, del principio di tassatività delle cause di esclusione.

 

In definitiva, una volta accertata, per le ragioni innanzi esposte, la regolarità della richiesta della documentazione di comprovazione per via informatica, le conseguenze derivanti dalla sua mancata (o intempestiva) presentazione sono direttamente previste dalla legge (cfr., in ordine all’obbligo di escussione della cauzione a fronte della mancata prova del possesso di tutti i requisiti previsti dalla legge per le gare disciplinate dal codice dei contratti pubblici ed al conseguente obbligo, d’indole comunque non lesiva, di segnalazione all’A.N.A.C., Ad. Plen. nn. 2 del 2012 e 34 del 2014, cui si rinvia a mente del combinato disposto degli artt. 88, co. 2, lett. d), 99 e 120, co. 10, c.p.a.).

In allegato il testo completo della Sentenza.