Nuovo caso di furbetti del cartellino nel Pubblico Impiego: al Comune di Furci Siculo quasi tutti timbravano e poi se ne andavano via.
Il Gup (Giudice dell’Udienza Preliminare) di Messina, Daniela Urbani, ha deciso di mandare a processo i 51 furbetti del cartellino. Gli imputati, che comparivano nella richiesta formulata il 31 maggio dal pubblico ministero Roberto Conte, sono stati accusati a vario titolo di truffa in concorso in danno di Ente pubblico e falsa attestazione della presenza in servizio mediante modalità fraudolente.
I fatti sono avvenuti tra il 22 giugno e il 23 luglio 2015.
Inizialmente erano stati inquisiti in 65, nel corso delle indagini 14 posizioni sono state archiviate: gli indagati totali sono dunque 51 e il Comune conta in tutto 85 dipendenti. L’indagine è stata condotta dagli agenti del commissariato di Taormina e coordinata dalla procura di Messina grazie a telecamere nascoste, davanti all’ingresso del palazzo comunale per riprendere le entrate e le uscite dei dipendenti: essi timbravano e poi si allontanavano dal posto di lavoro o timbravano anche per altri.
Sempre secondo l’accusa alcuni dipendenti avrebbero affidato ad altri colleghi il proprio badge segnatempo per strisciarlo all’ingresso del Comune. L’inizio del processo è stato fissato al 3 luglio 2018.
Per dovere di cronaca, va anche ricordata quale sia la casistica che porta ai licenziamenti. Se da un lato, quindi, gli enti hanno l’obbligo imprescindibile di attivare il procedimento disciplinare, tuttavia, non basta il solo accertamento del fatto, ma occorre dare prova della congruità delle valutazioni che sono alla base della decisione di disporre il licenziamento. Nella maggior parte dei casi, i “furbetti del cartellino” agiscono sulla base di un accordo con i colleghi, a dimostrazione del fatto che la frode è organizzata da due o più dipendenti.