Un lungo report Fondimpresa-INAPP illustra, con numeri fondamentali per la riflessione sul sistema aziendale d’Italia, l’importanza della formazione continua e mirata del personale per migliorare la competività e il controllo sulla pervasività sempre più forte dell’AI.


Circa 7.500 interviste contenute in un documento di poco meno di 196 pagine. Anche quest’anno di grande attualità l’analisi dei risultati del Rapporto di Monitoraggio Valutativo 2023, realizzato da Fondimpresa e dall’Inapp (Istituto Nazionale per l’Analisi delle Politiche Pubbliche).

Importante l’appuntamento annuale della presentazione del lavoro di studio e rilevazione, reso centrale dalla rappresentatività degli attori coinvolti, Fondimpresa che raccoglie in Italia i Fondi Paritetici Interprofessionali Nazionali per la Formazione Continua, di fatto il principale strumento di finanziamento della formazione aziendale in Italia, tenuto conto dei numeri che vanta, con 211.842 aziende aderenti, e 4.946.089 i lavoratori aderenti(dati 2022 – Fonte: rilevazione Fondimpresa).

Fonte ufficiale di dati e ricerche, l’Istituto nazionale per l’analisi delle politiche pubbliche, Inapp, è un Ente pubblico di ricerca di rilevanza nazionale, vigilato dal Ministero del Lavoro e delle politiche sociali, che vede la sua mission nello studio, ricerca, monitoraggio e valutazione delle politiche pubbliche negli ambiti del lavoro, istruzione e formazione, protezione sociale, politiche attive e passive del lavoro, terzo settore, inclusione sociale, e delle politiche che producono effetti sul mercato del lavoro.

Lo scopo del Rapporto

Il Rapporto su formazione in impresa per migliorare la competitività e affrontare le sfide dell’AI, presentato nei giorni scorsi ad una platea di manager, professionisti, politici, stakeholder, è il risultato dell’indagine ROLA, acronimo di Rilevazione delle Opinioni dei Lavoratori e delle Aziende, condotta tra il 2021 e il 2022, una raccolta di BUONE PRASSI FORMATIVE. Oltre 100 Storie di Formazione aziendali, con un importante focus sulla valutazione d’impatto e di efficacia dei Piani Formativi realizzati dalle imprese, ascoltata dalla diretta voce dei protagonisti della formazione, i lavoratori e le aziende. Al centro il tema per eccellenza di questi ultimi mesi, quello delle transizioni digitale ed ecologica.

La formazione come investimento per la competitività dell’impresa e il controllo sull’AI

Un lavoro che intende mettere al centro, quale chiave di lettura del futuro del Paese, una specifica attenzione alle politiche formative, chiamate a ridurre lo squilibrio tra le competenze richieste dalle aziende e quelle disponibili sul mercato del lavoro e a reggere l’impatto della velocissima, vorticosa, evoluzione delle nuove tecnologie sulla filiera aziendale e sul capitale umano.

Formazione quale strumento al quale va fatto uno sforzo per garantire l’accesso ad una platea più vasta possibile, ​ attraverso la riduzione o l’azzeramento dei costi aziendali. Unica garanzia di sostengono alla qualificazione delle competenze dei lavoratori, alla loro competitività e potenziale occupabilità anche nelle fasi tragiche di crisi.

Il vero valore aggiunto del report presentato, risiede nell’analisi che dà voce diretta ai protagonisti, dimostrando come l’investimento formativo, in sinergia con le strategie industriali, sia il motore di un cambiamento profondo, l’unico possibile, se non si vogliono fare i conti con l’obsolescenza e la perdita di competitività.

L’impatto della transizione ecologica e della transizione digitale

Nel Capitolo terzo, intitolato ‘Twin Transition’ il report affronta l’impatto della transizione ecologica e digitale sulle imprese Italiane. Il punto di riferimento è recente documento del CEDEFOP, Centro Europeo per lo sviluppo della formazione professionale, dal titolo “Skills in transition. The way to 2035” (2023).  Le twin transition, le transizioni ‘gemelle’ digitale e verde, modificheranno profondamente il tasso di occupazione fino al 2035. Si legge nel report come “ in base agli scenari presi in riferimento, nei Paesi dell’UE calerà l’occupazione nei settori dell’agricoltura e dell’estrazione di minerali (in particolare olio, gas e carbone) per effetto delle politiche di riduzione delle emissioni di CO2; mentre fino al 2035 si stima che l’occupazione crescerà soprattutto nei settori dei servizi di business, nei pubblici servizi e nel commercio.(….) Un processo che renderà necessario l’upskilling e il reskilling di molti lavoratori sia sotto il profilo green, sia sotto il profilo digitale (Ferri et al., 2021; Ferri e Porcelli, 2023).”

Non si può non essere consapevoli, ormai, di come queste transizioni stiano modificando la richiesta di competenze in tutti i settori e a tutti i livelli delle qualifiche, estendendosi anche a quei contesti nei quali tradizionalmente non erano ritenute necessarie come ad esempio l’agricoltura e l’istruzione, ma che proprio in questi ambiti, rischiano di creare maggiore impatto dirompente sulla forza lavoro già impiegata, se non adeguatamente preparata a ‘reggere’ questo urto.

Un lavoratore italiano su quattro sarebbe a rischio di sostituzione da parte dell’Intelligenza Artificiale

Secondo ItaliaOggi, in Italia il 23% dei lavoratori, circa un lavoratore italiano su quattro, sarebbe a rischio di sostituzione da parte dell’Intelligenza Artificiale. Di poco superiore, a quota 26,4%, coloro che ne beneficeranno. Questo mostra come, complessivamente, circa metà della forza lavoro italiana sarà coinvolta, o già vi sta facendo i conti, dall’impatto dell’IA, sia in termini positivi che negativi.

I dati però, presentati dal report sono incoraggianti rispetto alla possibilità di arginare questi aspetti negativi grazie ad azioni formative mirate e programmate per tempo. , le donne, i lavoratori più anziani, coloro che possiedono livelli di istruzione più elevati e che partecipano a corsi di formazione tendono a mostrare un impatto maggiore rispetto all’IA.

Una risposta positiva da parte del Mezzogiorno

Altro elemento di interesse che emerge dal rapporto sulla formazione in impresa per aiutare a controllare l’AI, è rappresentato dalla risposta particolarmente positiva nel Mezzogiorno (6,7 punti) alla formazione orientata ai temi dell’Industrial Analytics –  l’applicazione di nuove tecniche e strumenti di business intelligence collegati a processi di digitalizzazione. Industrial Analytics riceve un feedback interessante in termini di conoscenza anche al Centro (6,3 punti) e al Nord (6,2 punti). Simili i dati sulla formazione legata alla Robotica e alle tecnologie produttive di nuovissima concezione, anche in questo caso i risultati presentati confermano quanto sia importante accompagnare l’investimento in innovazione con quello formativo per accrescere la professionalità dei lavoratori per renderli in grado di saper utilizzare e gestire le nuove tecnologie al meglio delle possibilità offerte da questi strumenti, una ‘spesa’ che moltiplica e fa rendere al massimo investimenti strutturali altrimenti non così efficaci e produttivi.

Il testo del rapporto

Qui il documento completo.