Il 16 ottobre, il Senato italiano ha approvato una legge che rende la maternità surrogata un reato universale, vietandola anche se praticata all’estero: non sono mancate le critiche, sia politiche sia degli esperti, a questa nuova normativa che solleva parecchi dubbi.
La legge, sostenuta dalle forze di governo, ha ricevuto 84 voti favorevoli contro 58 contrari, dopo un intenso dibattito parlamentare che ha visto forti scontri tra maggioranza e opposizione. La premier Giorgia Meloni ha celebrato l’approvazione del provvedimento come un atto di “buonsenso” contro la “mercificazione” del corpo femminile e dei bambini, affermando che la vita umana non può essere oggetto di scambio commerciale.
La norma, che modifica la legge 40 del 2004, prevede pene severe per chiunque promuova o organizzi la GPA, con sanzioni che includono il carcere fino a due anni e multe che possono arrivare a un milione di euro. Tuttavia, dietro questa prosopopea ufficiale si nascondono numerosi interrogativi e critiche sollevate sia da esperti di diritto che da esponenti dell’opposizione.
Le critiche al reato universale di maternità surrogata
Il principale nodo giuridico legato alla recente approvazione della legge che rende la gestazione per altri (GPA) un reato universale è rappresentato dalla sua applicabilità. Questa norma introduce infatti il concetto di “reato universale”, che impone all’Italia di perseguire cittadini che ricorrono a pratiche di GPA all’estero, anche in Paesi dove questa è legale. Questo pone un problema fondamentale di compatibilità con il principio della doppia incriminazione, un principio cardine del diritto penale internazionale. La doppia incriminazione richiede che un atto sia considerato reato sia nel Paese in cui è commesso sia nel Paese che richiede l’estradizione o la condanna, altrimenti la persecuzione penale diventa irragionevole e arbitraria.
Una forzatura normativa
L’approvazione della legge pone quindi la questione su come l’Italia possa giuridicamente perseguire i propri cittadini per atti perfettamente leciti nel Paese in cui sono stati compiuti. Come indicato su Adnkronos dal professor Gian Luigi Gatta, esperto di diritto penale, si tratta di una forzatura normativa che crea una sorta di extraterritorialità del diritto italiano, imponendo le proprie leggi a cittadini che, di fatto, non violano le norme del Paese in cui si trovano.
Questo scenario appare problematico non solo per la cooperazione giudiziaria internazionale, che si basa proprio sul rispetto delle diverse legislazioni, ma anche per la difficoltà pratica di raccogliere prove e ottenere la collaborazione degli Stati esteri coinvolti. In altre parole, uno Stato in cui la GPA è legale non avrebbe alcun interesse a fornire supporto all’Italia per perseguire un cittadino italiano, rendendo di fatto la legge poco applicabile.
Tutela dei minori nati da maternità surrogata
Oltre a questi ostacoli giuridici e pratici, la norma solleva anche il problema della tutela dei minori nati da GPA. Infatti, perseguire i genitori potrebbe avere ricadute drammatiche sui bambini, che rischiano di essere considerati, almeno dal punto di vista legale, come “nati da un reato”. Questo crea un evidente paradosso: mentre le convenzioni internazionali, le sentenze della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo e della Corte Costituzionale italiana richiamano la necessità di proteggere il superiore interesse del minore, la nuova legge rischia di fare esattamente il contrario. I bambini nati da GPA potrebbero trovarsi in una condizione di incertezza giuridica e di stigmatizzazione sociale, vittime di una normativa che non tiene conto della loro esistenza e dei loro diritti.
Riconoscimento dei figli nati all’estero e famiglie “arcobaleno”
A complicare ulteriormente la questione è la mancanza di una normativa chiara sul riconoscimento dei figli nati tramite GPA all’estero. In Italia, i bambini nati da queste pratiche non godono di una piena tutela giuridica, e spesso uno dei due genitori deve affrontare un percorso burocratico e giudiziario lungo e costoso per ottenere il riconoscimento legale del proprio ruolo di genitore. Questo problema si presenta soprattutto per le famiglie omogenitoriali, dove solo il genitore biologico è riconosciuto dalla legge, mentre l’altro deve ricorrere a procedure di adozione per vedersi riconosciuto come genitore legale.
Il vuoto normativo che riguarda il riconoscimento dei diritti dei minori nati da GPA e la tutela delle famiglie arcobaleno si scontra con una legislazione sempre più restrittiva, che sembra ignorare queste realtà. Il mancato riconoscimento legale dei diritti dei bambini nati da GPA non solo li espone a difficoltà burocratiche, ma mette anche in discussione la loro stessa esistenza giuridica. Questo lascia le famiglie coinvolte in un limbo legale, con un ulteriore aggravamento del dibattito sui diritti civili in Italia.
Le reazioni delle opposizioni e delle associazioni
Le proteste contro l’approvazione della legge che rende la gestazione per altri (GPA) un reato universale sono state immediate e hanno coinvolto non solo esponenti politici dell’opposizione, ma anche associazioni impegnate nella difesa dei diritti civili. La legge è stata percepita da molti come una limitazione drastica delle libertà individuali, con gravi ripercussioni sui diritti delle famiglie e delle donne.
Tra le voci più critiche, il deputato Riccardo Magi, segretario di +Europa, ha definito il 16 ottobre “un giorno nero per il Parlamento, per i diritti e per la libertà”. Secondo Magi, la legge non fa altro che restringere ulteriormente il campo delle libertà personali, rendendo illegale per gli italiani il ricorso alla GPA anche in Paesi in cui questa è legale, regolamentata e sicura. Magi ha duramente criticato l’equiparazione della GPA a reati gravissimi come la pedofilia o il genocidio, come previsto dalla nuova normativa, definendola una forzatura intollerabile. Ha inoltre dichiarato che l’opposizione è pronta a ricorrere alla Corte Costituzionale per far valere l’incostituzionalità di una legge considerata repressiva e discriminatoria.
Le proteste politiche non si sono limitate a +Europa. Anche dal Partito Democratico e dal Movimento 5 Stelle sono arrivate parole di forte condanna. La senatrice pentastellata Elisa Pirro ha criticato aspramente il concetto stesso di rendere la GPA un reato universale, sottolineando come questa scelta legislativa ignori i diritti delle donne di decidere del proprio corpo e dei propri organi. Il suo intervento in Aula è stato interrotto da proteste provenienti dai banchi della maggioranza, creando momenti di tensione che hanno richiesto più volte l’intervento dei presidenti di turno per riportare l’ordine.
Sul fronte delle associazioni, la segretaria dell’Associazione Luca Coscioni, Filomena Gallo, ha parlato di una “legge ingiusta e discriminatoria”, criticando duramente l’idea di perseguire penalmente cittadini italiani per atti legali in altri Paesi. Gallo ha sottolineato che la nuova norma ignora il principio della doppia incriminazione e rappresenta più un manifesto politico moraleggiante che una vera e propria legge applicabile. L’associazione ha già annunciato una serie di azioni legali e manifestazioni per protestare contro il provvedimento. In particolare, il 15 ottobre si è svolta una manifestazione a Roma, in piazza Vidoni, organizzata in collaborazione con le Famiglie Arcobaleno, per riaffermare il diritto delle famiglie e dei bambini nati da GPA.
Il presidente delle Famiglie Arcobaleno, Alessia Crocini, ha dichiarato che la legge non solo discrimina le coppie che fanno ricorso alla GPA, ma mette in pericolo anche i diritti dei minori nati da queste pratiche. Secondo Crocini, il provvedimento ignora volutamente il superiore interesse dei bambini, che rischiano di essere stigmatizzati e privati del riconoscimento giuridico dei loro genitori. Anche la comunità LGBTQ+ ha espresso profonda preoccupazione per le conseguenze di una legge che non risolve il vuoto normativo esistente in Italia riguardo il riconoscimento delle famiglie omogenitoriali.