Le recenti vicende legate al caso del generale libico Najeem Osama Almasri, che stanno vedendo coinvolto direttamente il nostro Paese, hanno riacceso i riflettori sui rapporti tra Corte Penale Internazionale (CPI) e Stati nazionali, producendo non poche polemiche sia sul fronte interno che in politica estera.
Si sapeva già che i giudici della Corte avevano avviato un’inchiesta sul mancato arresto e sul rimpatrio del torturatore libico, ritenendo non conformi l’atteggiamento e le decisioni prese dal Governo italiano.
Ma ora la vicenda potrebbe subire ulteriori sviluppi poiché, secondo notizie diffuse sabato 22 febbraio da la Repubblica, il procuratore della CPI Karim Khan ha richiesto il deferimento formale dell’Italia all’Assemblea degli Stati parti e al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, per non aver rispettato l’art. 87, comma 7 del Trattato di Roma. Il Governo avrà venti giorni di tempo per presentare una memoria difensiva.
Cos’è la Corte Penale Internazionale (CPI)
La CPI è un’istituzione giuridica di fondamentale importanza per la giustizia mondiale, pensata sin dal 1948, quando l’Assemblea generale dell’ONU, nella Convenzione per la prevenzione e la punizione dei crimini di genocidio aveva previsto la possibilità per gli Stati di deferire tali giudizi a un Tribunale internazionale appositamente costituito.
Il progetto rimase frenato dal lungo periodo della guerra fredda, riprendendo vigore solo nel 1994, allorché venne formato un apposito comitato all’interno delle Nazioni Unite.
Pochi anni dopo, anche sulla base dell’esperienza nel frattempo maturata con i Tribunali per i crimini internazionali commessi nella ex Jugoslavia e in Rwanda, si arrivò alla sua nascita con il Trattato di Roma (firmato il 17 luglio 1998 ed entrato in vigore il 1° luglio 2002), al termine della Conferenza Diplomatica sulla Istituzione di una Corte Penale Internazionale. La sede è stata stabilita all’Aia, città dei Paesi Bassi.
Struttura e funzionamento
La Corte è composta da quattro organi principali:
- La Presidenza, che supervisiona l’amministrazione della CPI e rappresenta l’istituzione nei rapporti
- Le Divisioni o Camere giudicanti, che sono composte da 18 giudici e suddivise in Camera Preliminare, Camera di Primo Grado e Camera d’Appello; sono responsabili dell’esame delle prove, dei processi e delle sentenze.
- L’Ufficio del Procuratore, che conduce le indagini e persegue i responsabili dei
- La Cancelleria, che si occupa dell’amministrazione, dei servizi di supporto e della protezione delle vittime e dei
Giurisdizione e competenze
Va subito chiarito che la CPI è un tribunale indipendente, che si occupa di perseguire individui e non Stati.
Essa interviene solo quando i tribunali nazionali non sono in grado o non vogliono processare i responsabili di gravi crimini internazionali.
La sua giurisdizione si applica ai reati commessi nell’ambito di quattro categorie:
- Genocidio, ossia atti commessi con l’intento di distruggere, in tutto o in parte, un gruppo nazionale, etnico, razziale o religioso.
- Crimini contro l’umanità, elencati all’art. 7 della Convenzione, commessi nell’ambito di un esteso o sistematico attacco contro popolazioni civili, e con la consapevolezza dell’attacco (omicidio, sterminio, riduzione in schiavitù, deportazione, imprigionamento, tortura, stupro, violenze sessuali, persecuzione contro un gruppo per ragioni di ordine politico, razziale, nazionale, etnico, culturale, religioso o di tenore sessuale, sparizione forzata di persone, apartheid, e infine tutti gli altri atti “inumani di analogo carattere diretti a provocare intenzionalmente grandi sofferenze o gravi danni all’integrità fisica o alla salute fisica o mentale”).
- Crimini di guerra, ovvero violazioni gravi delle Convenzioni di Ginevra del 1949, tra cui l’uccisione di civili, il maltrattamento di prigionieri di guerra e l’uso di armi vietate, deportazioni.
- Crimine di aggressione, inserito nel Si tratta di un crimine individuale, e dunque non attribuibile ad uno
Stato, ma alle persone che controllano l’apparato statuale e ne determinano l’uso illegale della forza armata contro la sovranità, l’integrità o l’indipendenza politica di un altro Paese.
La CPI può avviare un’indagine qualora ne faccia richiesta uno Stato parte, oppure su segnalazione del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite o su iniziativa del Procuratore della CPI, se vi sono prove sufficienti.
Limitazioni e criticità
La Corte può esercitare la sua giurisdizione solo su crimini commessi nel territorio di uno Stato che ha ratificato lo Statuto di Roma o da suoi cittadini, a meno che il Consiglio di Sicurezza dell’ONU non intervenga per estenderne la competenza.
È il maggiore limite all’efficacia della sua azione, considerato che molti Paesi non vi hanno aderito, certi firmato ma non ratificato il Trattato, altri ritirato successivamente la firma.
Tra questi alcuni di fondamentale importanza per gli equilibri geopolitici, come Stati Uniti, Russia e Cina; eppoi anche India, Israele, Iran, Egitto, Arabia Saudita, Turchia, nonché diversi Paesi africani.
Gli Stati parti sono comunque 125, più della metà dei 193 Stati membri dell’ONU, numero che ne spiega l’importanza assunta nel contesto giuridico globale. L’Italia ha ratificato lo Statuto il 26 luglio 1999.
L’attività della CPI, inoltre, sconta molte difficoltà nell’esecuzione dei mandati di arresto e delle sentenze, poiché non disponendo di una propria forza di polizia deve confidare nella collaborazione degli Stati.
Eclatante, di recente, il caso di Vladimir Putin che, ricercato per presunti crimini di guerra in Ucraina, si è recato per una visita ufficiale in Mongolia, ricevuto con i massimi onori nonostante il Paese asiatico sia Stato parte dello Statuto di Roma. Situazioni simili potrebbero verificarsi per il premier israeliano Benjamin Netanyahu, colpito da un mandato di arresto della CPI per presunti crimini contro l’umanità e di guerra, commessi a Gaza nel corso degli interventi svolti tra il 2023 e 2024; già diversi Paesi hanno dichiarato che non eseguirebbero la decisone dei giudici dell’Aia qualora entrasse nel loro territorio.
Considerazioni finali
Queste vicende non possono che indurre a cupe considerazioni. Se per un verso, infatti, non v’è dubbio che la CPI rappresenti un importante baluardo per la giustizia mondiale e nella lotta contro l’impunità per i reati più gravi, dall’altro è innegabile che i suoi poteri sono limitati dalla mancanza di un più ampio riconoscimento e sostegno della comunità sovrannazionale, nonché dalla mancanza degli strumenti coercitivi necessari per far eseguire direttamente le proprie decisioni.
Le norme della CPI sono inderogabili e tutti gli Stati parti sono obbligati a rispettarne le determinazioni. Ma le numerose zone d’ombra rinvenibili tra le pieghe del diritto internazionale, anche alla luce dei fatti appena riportati, raccontano una realtà alquanto diversa; caso Almasri compreso.
E questo rappresenta una delle più evidenti debolezze del sistema.