In questo approfondimento il Dottor Marcello Lupoli specifica che, per le controversie sull’astensione obbligatoria post partum, a decidere è il G.O.


È  del giudice ordinario, in funzione di giudice del lavoro, la competenza a conoscere una controversia concernente l’impugnazione in sede giurisdizionale del provvedimento con il quale l’Ispettorato territoriale del lavoro ha rigettato la domanda di una dipendente di un ente locale, tendente ad ottenere il prolungamento dell’astensione obbligatoria post partum dal lavoro. Tanto, in quanto, essendo la parte istante titolare di un rapporto di lavoro c.d. “privatizzato” alle dipendenze della P.A., tutte le controversie relative a tali rapporti di lavoro sono devolute al giudice ordinario ex art. 63 del d.lgs. n.165/2001.

È questo, in sintesi, il principio affermato dalla sentenza 6 agosto 2024, n. 4567 resa dalla VI Sezione del T.A.R. Campania, Napoli, che ha declinato la giurisdizione in favore di quella del giudice ordinario.

Controversie concernenti l’astensione obbligatoria post partum: il caso

I giudici amministrativi campani sono stati chiamati a decidere la doglianza interposta da una dipendente di un ente locale (nella specie, un segretario generale) finalizzata ad ottenere l’annullamento, previa concessione di misure cautelari, dell’atto con cui la competente articolazione territoriale dell’Ispettorato nazionale del lavoro aveva rigettato l’istanza con cui la parte istante aveva chiesto l’interdizione dal lavoro ex art. 17, comma 2, lett. b) e c) del d.lgs. n. 151/2001, nonché l’accertamento del diritto ad ottenere l’interdizione dal lavoro ai sensi della richiamata disposizione normativa, lamentando una mancata adeguata valutazione della documentazione prodotta, della relazione del medico competente e delle osservazioni della ricorrente, nonché un difetto di motivazione circa la dichiarata impossibilità per il datore di lavoro di adibire la dipendente, in stato di allattamento, ad altre mansioni, data l’infungibilità della posizione dirigenziale ed apicale rivestita dal segretario comunale.

In sintesi, la parte ricorrente si duole del fatto che, a suo avviso, l’Ispettorato si sarebbe illegittimamente sovrapposto alle valutazioni del datore di lavoro e del medico del lavoro, disattendendone le indicazioni con motivazione insufficiente, con travisamento dei fatti e in violazione delle linee guida emanate in materia, con conseguente contrasto con il principio di precauzione e con l’esigenza di tutela della madre anche nel periodo del puerperio e dell’allattamento.

I giudici amministrativi partenopei hanno ritenuto – come dianzi accennato – il ricorso proposto inammissibile per difetto di giurisdizione del giudice amministrativo in favore del giudice ordinario.

Al riguardo, la sentenza in disamina a tanto perviene a seguito di una ricognizione dei principi consolidatisi in giurisprudenza circa il riparto di competenza giurisdizionale in materia tra G.A. e G.O., rammentando (cfr., tra le molte, Cass., Sez. un., 26 giugno 2019 n. 17123; 20 novembre 2020, n. 26500; 23 settembre 2013, n. 21677) che a tal fine rileva non la prospettazione delle parti, bensì il petitum sostanziale, identificato non solo e non tanto in funzione della concreta pronuncia che si chiede al giudice, ma anche e soprattutto in funzione della causa petendi, ossia dell’intrinseca natura della posizione dedotta in giudizio ed individuata dal giudice con riguardo ai fatti allegati ed al rapporto giuridico del quale detti fatti sono manifestazione.

A tanto la pronuncia de qua aggiunge la considerazione che la parte ricorrente è titolare di un rapporto di lavoro c.d. “privatizzato” alle dipendenze della pubblica amministrazione e che tutte le controversie relative a tali rapporti di lavoro sono devolute al giudice ordinario, in funzione di giudice del lavoro, ex art. 63 del d.lgs. n. 165/2001, che ha contestualmente disposto che il giudice ordinario possa, qualora vengano in questione “atti amministrativi presupposti”, procedere alla disapplicazione degli stessi, se illegittimi, laddove sono escluse dalla giurisdizione del g.o., ex art. 63, comma 4, D.lgs. n. 165/2001, le controversie relative alle procedure concorsuali finalizzate all’assunzione.

Delineato nei termini che precedono il perimetro dei principi generali normativamente previsti ed elaborati dalla giurisprudenza e declinando questi ultimi nella fattispecie concreta portata alla loro attenzione, i giudici amministrativi campani, nell’evidenziare che “si controverte sulla sussistenza o meno dei presupposti di legge relativi al diritto della lavoratrice al prolungamento della astensione obbligatoria post partum dal lavoro”, osservano come la res litigiosa sub iudice attenga “ad un rapporto di lavoro alle dipendenze della pubblica amministrazione c.d. “privatizzato” e ha ad oggetto il diritto soggettivo della lavoratrice ad astenersi dal lavoro a tutela della sua salute e di quella del bambino, su cui sussiste, pertanto, la giurisdizione del giudice ordinario”.

La parte motiva della sentenza del T.A.R. Campania in parola si affida, altresì, alla rilevante considerazione che “l’attività demandata all’Ispettorato territoriale del lavoro nel “disporre” o meno l’interdizione della lavoratrice è da ricondursi ad una attività ricognitiva e di mero accertamento di dati fattuali, sebbene non priva di implicazioni di carattere tecnico, e non all’esercizio di poteri di carattere “autoritativo” a cui possa contrapporsi un interesse legittimo della lavoratrice: nella fattispecie, il bilanciamento degli interessi è stato già effettuato dalla legge, mentre all’Ispettorato territoriale del lavoro spetta una mera attività di verifica della sussistenza dei presupposti previsti dalla disciplina di settore per il prolungamento dell’astensione obbligatoria dal lavoro della lavoratrice”.

La posizione dei giudici amministrativi

Sul punto i giudici amministrativi partenopei hanno ulteriormente precisato che è “la legge che, nella specie, ha risolto il conflitto tra gli interessi in gioco prevedendo a tutela della lavoratrice il prolungamento dell’astensione obbligatoria alle condizioni e per il periodo massimo previsto dalla legge e ha dettato modalità ed effetti dell’azione demandata all’Ispettorato territoriale del lavoro, la quale si esercita, quindi, su un binario non riconducibile a scelte discrezionali espressione dell’esercizio di un pubblico potere bensì ad una attività vincolata di carattere ricognitivo e di verifica tecnica (riconducibile ad una attività di carattere meramente accertativo)”.

Pertanto, nella fattispecie concreta – ad avviso dei giudici amministrativi campani – trova applicazione l’orientamento giurisprudenziale (cfr., ad es., ex pluribus Cass., n. 618/2021 e, su fattispecie analoga a quella in esame, anche Tar Catania, sent. n. 3088/2022), “secondo cui non può riconoscersi la giurisdizione del giudice amministrativo qualora l’amministrazione non sia chiamata dal legislatore a esercitare poteri discrezionali, ma a verificare la sussistenza dei presupposti e dei requisiti normativamente previsti, nello svolgimento di un’attività vincolata di carattere ricognitivo, della cui natura partecipa anche il giudizio tecnico”.

Corollario delle osservazioni svolte che precedono è la declaratoria del difetto di giurisdizione del giudice amministrativo in favore del giudice ordinario, davanti al quale il giudizio potrà essere riassunto nei termini di cui all’art.11 c.p.a.

Per completezza di disamina va ricordato che altro orientamento giurisprudenziale è pervenuto ad una conclusione differente alla stregua delle osservazioni che seguono.

Ed invero, secondo il T.A.R. Emilia-Romagna, Bologna, sentenza 13 novembre 2023 n. 672 – in continuità con T.A.R. Lazio Sez. Terza bis 5 giugno 2019, n. 7248, T.A.R. Bolzano, sez. I, 20 luglio 2016, n.234 e T.A.R. Umbria sez. I, 13 maggio 2013, n.291 – il provvedimento che non riconosce all’interessata l’astensione anticipata dal lavoro ai sensi dell’art. 17, comma 2, lett. b), del d.lgs. n. 151/2001 non è un atto posto in essere dal datore di lavoro nei confronti della propria dipendente nell’ambito del rapporto di lavoro (per il quale la giurisdizione spetterebbe al giudice del lavoro), bensì un atto della pubblica amministrazione adottato nell’esercizio tipico di un controllo pubblico su attività private, con conseguente affermazione della giurisdizione del giudice amministrativo. A tale approdo giunge il citato orientamento alla luce della considerazione che il provvedimento dell’Ispettorato del lavoro, che dispone l’astensione obbligatoria dal lavoro di una dipendente, incide ab extra, unilateralmente e autoritativamente sul rapporto di lavoro tra datore e lavoratrice-madre, con l’effetto che le situazioni di diritto soggettivo degradano ad interesse legittimo, con conseguente giurisdizione del giudice amministrativo.

In conclusione, ad avviso di chi scrive, la sentenza del T.A.R Campania in disamina appare, alla luce dei principi generali di riparto di giurisdizione in materia di lavoro pubblico recati dal d.lgs. n. 165/2001 e degli arresti giurisprudenziali del Giudice della giurisdizione, più in linea con gli stessi.

La sentenza di riferimento

T.A.R. Campania, Napoli, Sez. VI, sentenza 6 agosto 2024, n. 4567


Fonte: articolo del Dott. Marcello Lupoli - Dirigente Pa