Secondo il Consiglio di Stato, con la sentenza della sez. V n.1174 del 22/03/2016, a seguito della stipula del contratto di appalto, laddove sopraggiungano ragioni di inopportunità nella prosecuzione del rapporto negoziale, la Stazione Appaltante per sciogliere il vincolo contrattuale deve predisporre atto di recesso. Invero è illegittimo il provvedimento di revoca dell’aggiudicazione di una gara quando tale atto « è stata adottato in assenza del suo essenziale presupposto, e cioè (.) di un provvedimento che continua ancora a spiegare effetti, non essendo tale l’aggiudicazione della gara in seguito alla stipulazione del contratto». In tal caso, per sciogliersi dal vincolo contrattuale «l’Amministrazione deve ricorrere all’istituto del recesso ai sensi dell’art. 134 del d.lgs. n. 163 del 2006».
La Sezione ha pronunciato al riguardo la sentenza non definitiva n. 5786 del 2013, con la quale, respinti i pregiudiziali motivi di appello di insussistenza della giurisdizione amministrativa sulla controversia e di mancata integrazione del contraddittorio in primo grado nei confronti della Regione Lazio, ha rimesso all’esame dell’Adunanza plenaria la questione relativa al principio di diritto formulato dal primo giudice, secondo cui il potere di revoca dell’aggiudicazione non può essere esercitato dall’amministrazione una volta intervenuta la stipulazione del contratto.
In sostanza con la sentenza è stato affermato che la normativa posta con il comma 1-bis dell’art. 21–quinquies della legge n. 241 del 1990 e con l’art. 1, comma 136, della legge n. 311 del 2004, si inserisce nel quadro delineato se si circoscrive il potere di revoca ivi previsto soltanto alle concessioni amministrative. Inoltre è stato sostenuto che il divieto di revoca quando sia stato stipulato il contratto si fonda sulla fondamentale ragione dell’affidamento del privato negli impegni reciproci fissati nell’accordo, sulla cui base egli ha maturato aspettative di profitto e assunto impegni organizzativi, che l’art. 21-quinquies non impone di considerare (a differenza dell’art. 21-nonies per l’annullamento d’ufficio) e il cui ristoro è ivi previsto soltanto con l’indennizzo, mentre, ad esito del recesso consentito per i contratti di diritto privato, l’amministrazione è obbligata ad una più adeguata compensazione del pregiudizio sofferto dalla controparte.
Con sentenza 20 giugno 2014 n. 14 l’Adunanza Plenaria ha innanzi tutto precisato, in via preliminare, di poter prescindere dalle questioni attinenti alla giurisdizione, che pure possano essere connesse al quesito stesso, considerato che nel caso di specie la questione di giurisdizione era stata espressamente decisa in primo grado con pronuncia confermata in secondo grado, con formazione del giudicato al riguardo. Ha quindi sostanzialmente affermato che, intervenuta la stipulazione del contratto per l’affidamento dell’appalto di lavori pubblici, l’amministrazione non può esercitare il potere di revoca dovendo operare con l’esercizio del diritto di recesso.
Nel merito è stata dedotta la contraddittorietà e la illogicità della motivazione della sentenza impugnata in ordine alla fondatezza del ricorso ed inoltre è stata prospettata la sussistenza di error in iudicando per travisamento dei presupposti di fatto e di diritto ed omessa valutazione di elementi decisivi ai fini del giudizio, nonché di erronea valutazione in fatto ed in diritto circa la presunta violazione e falsa applicazione dell’art. 21 quinquies della l. n. 241 del 1990 e dei principi che regolano l’esercizio del potere di autotutela. Inoltre è stata dedotta erronea valutazione in fatto ed in diritto in ordine all’invocato eccesso di potere per sviamento e violazione e falsa applicazione dell’art. 134 del d. lgs. n. 163 del 2006.
Al riguardo è stato sostanzialmente sostenuto che il potere di revoca sarebbe stato conformato dall’art. 21-quinquies della l. n. 241 del 1990 in termini talmente ampi da renderlo esercitabile indifferentemente su atti “ad effetti istantanei”, i cui effetti sono ormai esauriti, nonché su qualsiasi tipologia di contratti della pubblica amministrazione, come affermato ripetutamente dalla giurisprudenza amministrativa di secondo grado e come evincibile dall’onnicomprensivo riferimento contenuto nel comma 1-bis della citata disposizione ai “rapporti negoziali”. Nel caso di specie sarebbero sussistiti tutti i presupposti sostanziali indicati da detta norma per il legittimo esercizio di detto potere, cioè la sostanziale non esecuzione dell’appalto, il consistente aggravio di costi per la realizzazione dell’opera così come prospettati dall’appellante, le sopravvenute mutate esigenze operative dell’ATAC (che avrebbero comportato la necessità di ampliare e potenziare siti già esistenti), l’inserimento dell’area di cui trattasi nel programma generale per la riconversione funzionale degli immobili non strumentali al trasporto pubblico locale e l’attuale assenza di certezze in ordine alla effettiva disponibilità dei finanziamenti originariamente previsti.
In allegato il testo completo della Sentenza.