canone rai consiglio di StatoI giudici del Consiglio di Stato hanno appena emesso una sonora bocciatura nei confronti del decreto ministeriale sulle nuove regole relative al canone Rai contenute nella legge di Stabilità 2016. Il parere del Consiglio di Stato era necessario per l’approvazione del decreto attuativo della riforma, decreto che il Ministero dello Sviluppo Economico doveva emettere entro il 14 febbraio.

 

Una sonora – seppure non definitiva – bocciatura dal Consiglio di Stato, che per legge deve dare un parere su questo atto prima che sia promulgato. Un giudizio che arriva a metà aprile quando mancano ormai poche settimane alla prima bolletta elettrica con dentro l’imposta della tv, quella di luglio.

 

Con la segnalazione di varie «criticità»: si va dall’assenza nel testo della definizione «di cosa si intenda esattamente per apparecchio televisivo», proprio nell’era dei tablet e degli smartphone, al mancato profilo puntuale dell’utente esentato dal pagare l’abbonamento alla tv pubblica, al rispetto della privacy. Inoltre, i giudici amministrativi eccepiscono sul lessico, in parte farraginoso, utilizzato dal ministero dello Sviluppo economico per scrivere il Regolamento.

 

Ci sarebbe poi un problema di privacy. L’addebito e la riscossione del canone in bolletta prevedono uno scambio di dati tra i vari enti coinvolti: anagrafe tributaria, autorità per l’energia, acquirente della tv, ministero dell’Interno, comuni e alcune società private. Il testo non prevede un regolamento specifico su questo tema che assicuri il rispetto delle normativa sulla riservatezza.

 

Inoltre “manca un qualsiasi richiamo ad una definizione di cosa debba intendersi per apparecchio televisivo”. E siccome oggi anche smartphone, tablet e altri apparecchi si prestano alla ricezione di programmi tv, “precisare che il canone di abbonamento è dovuto solo a fronte del possesso di uno o più apparecchi televisivi in grado di ricevere il segnale digitale terrestre o satellitare direttamente o tramite decoder costituirebbe un elemento informativo particolarmente utile”, in relazione agli obblighi contributivi dei cittadini.

 

Il Consiglio di Stato, nelle motivazioni della bocciatura, ha segnalato che «l’adozione del decreto non è avvenuta nel rispetto del termine previsto dalla norma di riferimento e che non risulta espresso il concerto del Ministro dell’economia e delle finanze», concerto che «può essere manifestato da un funzionario soltanto per espresso incarico o per delega del Ministro e non sotto la forma di semplice nulla osta al prosieguo dell’iter procedurale», come in effetti appare. Ma per il Mise si tratta di un rilievo formale che è rimediabile facilmente. I Giudici di Palazzo Spada mettono quindi in stand by il proprio parere in attesa delle modifiche e, soprattutto, dei chiarimenti richiesti al ministero.